martedì 29 aprile 2008

Scuela de Nònes #3: Per offendere (vol.II)

Nel giro di una settimana gli amici nònesi, insoddisfatti dalla pochezza della prima lista, si sono dati da fare per aggiornarla e completarla (sempre che si possa).
Questo perché, nell'avvento dell'era nònesa, sono preoccupati per le sorti del resto dell'umanità. Che vita sarebbe se non si potesse offendere il prossimo? Vita misera, lo sappiamo.
Per questo, visto che non siamo degli infami bastardi, aggiungiamo le nuove segnalazioni (con i nomi dei colpevoli), come dono all'umanità becera.

Pampalùgo
Termine veneziano. Di persona sciocca. (Dalpez)
Dugo
Letteralmente oggetto che bisogna aggirare perché immobile o fissato al terreno. Di persona inetta, semper en mez ai cojoni. (Mendini)
Peterón
Da petera, cavallo delle braghe (che a sua volta deriva da pet, peto, flatulenza). Letteralmente indica una persona che porta il cavallo delle braghe basso. Di persona sgualcita, innocua. (Mendini)
Candalnàne
Con candalbao, candalua e candalbao, altra versione edulcorata di candalostia (vedi). (Dalpez)
Slandrón
Di orgine incerta. Qui riportano zozzone, ma non ne siamo così sicuri, Indagheremo. (Dalpez)
Curt de Giabàn
Letteralmente corto di gabbana. Di persona misera. (Demagri)
Balòss
Di origine incerta. Sul dizionario italofrancese lo traducono come stupido. In nònes possiede anche una sfumatura di manz (vedi). L'espressione grant, gross e balòss indica persona grande e grossa, un po' irruenta e non aiutata da un'intelligenza sopraffina.
Tavàn
Letteralmente tafano. Di persona fastidiosa.
Torobét
Di origine incerta. Vedasi tet, ecc
Cjegianbraje
Letteralmente caga nelle braghe. Di persona paurosa, cacasotto.
Pisòt
Da pisàr, pisciare. Vedasi borsa.
Bàrcol
Di origine incerta. Simile a taliàn, dicesi di turista.
Zudièr
Letteralmente giudeo. Di persona poco affidabile, maligna.
Baùco
Vedasi balùc'. Solitamente utilizzato nell'espressione svegliabaùchi. Espressione non relativa alla persona (o a una sua caratteristica) bensì all'azione poco intelligente che ha compiuto. Indica la necessità di imparare dagli errori e rendersi più astuti.
Ensemenì
Letteralmente scimunito. Simile all'italico rincoglionito.

Devo ancora capire bene a cosa ci si riferisce con le seguenti ma lo scoprirò:
Macaco
Piazarol
Napa/Gnapa

Alla prossima puntata, che l'offesa continui.

venerdì 25 aprile 2008

Buon Sangue Non Mente

Tra le poche virtù di cui posso vantarmi, oltre a tirare le cose e parassitare il lavoro altrui, c'è l'allegra tendenza alla blasfemia. Ridere di (o meglio con) o ri-adattare in maniera situazionista la sacralità è un esercizio che risolleva l'animo (perlomeno il mio), nel nostro medioevo progressista. Farlo in Italia, (rinomata) colonia della Città del Vaticano, non solo è piacevole e gratificante, ma è cosa buona e giusta. Ridere del sacro è come ridere della morte, fa bene alla pelle e fa bene ai capelli.
Lasciamo stare i gruppi black metal, che hanno lo stile e l'eleganza di un calendario da meccanico, con tutto il rispetto per i calendari da meccanico. A parte The Ballad of Jesus dei Messiah in cui Gesù s-copre la sua sessualità quando confessa Let the children come to me e viene salutato nel ritornello con un coro di Jesus Pedofile.
Quella non era malaccio.
Tra le dette, le migliori sono la bestemmia preferita del padre di una mia amica, el Bepi, che recitava d'un fiato Dio Sporco Madonna Bastarda, una collana di perle degna solo del papa steso medesimo.
O anche la canzoncina Tutti i bambini con i chiodini vanno a inchiodare Gesù/vieni sul monte Calvario anche tu/vieni a inchiodare Gesù o anche Era nato nel deserto da una banda di zulù/era un figlio di puttana lo chiamavano Gesù/o Madonna non piangere perché/se c'avanzan quattro chiodi inchiodiamo pure te.
La migliore in assoluto è la battuta di Luttazzi (purtroppo non posso citarla letteralmente, ma il senso era questo) Una cosa che ho sempre voluto fare è andare da uno che si fa il segno della croce e dirgli: Pensa se l'avessero impalato.
Anche Il papa colpito da meteorite di Maurizio Cattelan non è malaccio.
Nel cinema, la scena del crocefisso ne L'esorcista ora fa un po' ridere, ma al tempo era roba grossa, mentre quella del Cattivo Tenente Harvey Keitel nella chiesa è bella blasfema e merita una pacca sulla spalla da uomini, ebbravo Abbel! Anche farselo succhiare con devozione da una suora davanti all'altare di una chiesa non è malaccio come idea, la voto come migliore atto blasfemo (seppur fizzionale) del 2007.

Mi permetto di segnalare per l'edizione 2008, senza false molestie, l'installazione I Devoti della Madonna Protetta (Los Devotos de la Virgen Protegida). Protegonisti l'ineffabile Lalù e la cugina argentina Carolina, volata da Quilmes, Buenos Aires alla calda primavera trentina per trovare una tomba col suo nome, nascosta a Salter nel cimitero dei nostri bisnonni. Per una volta l'idea blasfema non è stata mia (la prima era di impiccarla, ma il copritesta le faceva il collo taurino che, come si sa, pregiudica l'efficacia di un'impiccagione). La madonna giaceva smarza e inutilizzata in camera mia da ere. Però la brillante cugina ha dalla sua la giovinezza, cazzo. Come avevo fatto a non pensarci prima?
Dopo un bilancio di due preservativi rotti (che spero proprio di non dover rimpiangere, un giorno) e uno buono, i performer hanno completato la vestizione rituale.
Ci divertiamo con poco, in famiglia. E poi, dove potevo trovare tanta elegante virtù blasfema se non nel sangue del mio sangue?
Grazie Caro, encantado.






venerdì 18 aprile 2008

C'è Poco Dio (La Trilogia del Cliff)

Quando gli artisti decidono di fare gli sbanfoni se ne saltano fuori con la storia della trilogia. Perché uno è poco, due è solo uno in più, ma tre fa figo, tra fa bagnare le intellettuali lascive, tre completa l'opera. Lo diceva Hegel, lo diceva Dio, lo dicevano anche i The Ficient (se vuoi fare il bullo, fallo fino in fondo).
La Piccola Orchestra Felix Lalù non vuole essere da meno. Non tanto per una questione intellettuale. Non nascondiamoci dietro un dito. Non siamo mica degli eunuchi. Anche ai nostri membri fanno gola i servigi orali delle femmine eccitate dalla trilogia. E poi, in termini evoluzionistici, a cosa servono sennò gli sbattimenti del rock'n roll (o, in questo caso, il reggae), se non a garantire un'adeguata discendenza ai regali maestri della cerimonia? (perché non so quanto trombi Giovanni Allevi)
Quindi in quest'occasione si presenta fieramente una serie di tre canzoni (che se fai tre film devi aspettare troppo, tre canzoni invece ci metti un attimo) dal nome evocativo:

La Trilogia del Cliff

Il mio amico Cliff è una fonte inesauribile di termini dialettali desueti e neologismi geniali. E' stato lui a insegnarmi "en dé 'ntel cul" ("un dito in culo") per indicare una leccornia, e anche valà balùc' (vedi enciclopedia delle offese). Una sera se n'è uscito con "son en tipo ala bona, me plas el cul e ancia la mona". La rima ha richiamato subito un coretto alla cazzo che la mattina seguente (ah, el bon temp!) si è trasformato in Cliff (ala bona), un reggae in nòneso sulla necessità per la vita di un sano, nostrano, pragmatismo (leggi testo con traduzione), opera d'apertura della magnificiente trilogia nostrana.



Sulla porta di camera sua, piena di segni adolescenziali, in mezzo a cazzi, fighe, svastiche, foglie di ganja, logo della energie e altre manzate, ho intravisto una volta l'espressione POCODIO, riportata anche nel parco cittadino da emuli adolescenti attuali.
Dal giorno delle elezioni sto bestemmiando alla grande, per qualunque cosa. Ma la bestemmia è una cosa brutta, anche se ti impasta la bocca come il migliore dei profiteròl. Ho cominciato con le offese e ieri, per contenermi, ho riesumato l'espressione del buon Cliff. L'ho masticata così tanto che non sono riuscito più a liberarmene. Il risultato è questo. Potrei anche dire che si tratta di un atto di protesta nei confronti della perdita dei valori, ma per me è solo la catarsi dopo le elezzioni.
Buon ascolto.



Il bello di questa canzone è che se sentite la bestemmia, vuol dire che i maliziosi siete voi.
La trilogia di Cliff si chiuderà quando finalmente riuscirò a finire il pezzo da discoteca il cui ritornello recita Dame al vulvón. Faccio che non serve la traduzzione.

mercoledì 16 aprile 2008

Scuela de Nònes #3: Per offendere

Di primaria importanza, per sopravvivere alla venuta dell'era nònesa è intendere il sapore delle offese, che cojón è certo diverso da tètele e pantalón è certo diverso da por laór. Le sfumature delle offese sono molto importanti e definiscono il perché vieni offeso, o cosa ti viene rimproverato.

Le offese sono riportate in ordine crescente di gravità. Borsa è la più lieve, mentre appellare qualcuno por la
ór potrebbe avere lo stesso effetto che riferirsi alla mamma, la quale tra l'altro è generalmente risparmiata dalle offese in dialetto, o perlomeno da quelle non importate dall'italiano. Certo fiòl de na putana/roja e stronz esistono, ma hanno un sapore poco nostrano e ti impastano la bocca molto meno.

La formula è
Es propi en...
Valà...
Sei proprio un...

Borsa
Vuol dire giovane, ma usato come offesa significa immaturo, non cresciuto.
Obeso
Contrariamente alla sua accezione italiana, di persona stupida.
Pantàz
Letteralmente trippa, interiora, di persona obesa.
Taliàn
Vuol dire italiano, e ha connotazione spregiativa di per sè. Può rimproverare atteggiamenti da zitadini, da cittadini, di chi la sa lunga e parla anche di cose che non sa. Da taliàn deriva talianàde, ovvero azioni degne di un taliàn, cose fatte all'italiana, concetto che suppongo non serva spiegare oltre.
Zitadìn
Letteralmente cittadino. Dai modi che lasciano trasparire l'appartenenza al mondo cittadino, contrapposto per modi e usi al mondi campagnolo.

Mànz
Letteralmente manzo, lo stato tra il vitello e il toro (ovvero in adolescenza bovina). Di persona particolamente irruenta, che non sa frenare i propri istinti.
Tananài/Tètele/Balùc/Sterlùc/Pantalón/Reméngo/Tét (o Tetón)
Di origine ignota ma dal sapore onomatopeico le prime due espressioni. Balùc, secondo il linguista Ivano Bel deriva da bis alucus, doppio allocco. In un escalation offensiva, sempre per il Bel sterlùc potrebbe essere quattro volte allocco. Pantalón deriva dal personaggio Pantalone della commedia dell'arte, ma non corrisponde alla figura originale. Il tutto può riferirsi all'accezione negativa che ha in nòneso la parola comedia, che equivale a finzione, cosa di poco conto, comportamento senza alcun valore. Remengo invece deriva da ramingo, pellegrino, persona errante e dall'aspetto trasandato. Tèt indica ognuna delle quattro mammelle della vacca tetón ne è un rafforzativo. Tutte le espressioni comunque indicano persona incapace anche di semplici compiti, o di essere misero.
Cojón
Letteralmente coglione, gonade, ammennicolo. Si dice di persona troppo buona, che si fa infinocchiare. Doi volte bon vol dir cojón (due volte buono equivale a coglione): chi è recidivo nella generosità verso chi non la merita diventa coglione.
Mona
Letteralmente vagina, (come in italiano) anche nel suo senso di contenitore per oggetti oblunghi. Vale più o meno come scemo.
Bìgol
Letteralmente cazzo, fallo, ma anche bigolo, piccolo oggetto oblungo un po' cadente. Vale come peggiorativo di mona, aggravato da una presunta volontà malvagia.
Lòfer
Di origine ignota. Di persona furbetta, usato spesso (e bonariamente) in riferimento ai fanciulli.
Candalòstia
Letteralmente cane dell'ostia. Di persona loffia, di dubbia affidabilità. Presente anche nelle versioni edulcorate (ovvero per amici) candalùa, cane dell'uva, can dal porco, cane del porco e candalbào, cane del bao (l'uomo nero).
Lazeròn
Di origine biblica, letteralmente lazzarone, o grande lazzaro. Vale più o meno come candalòstia. Secondo il Bel presente anche nelle forme ancillari lazeràto e làzera.
Filibustiér
Peggiorativo di candalostia. Di persona maliziosa, che bada solo ai propri interessi, anche ignorando le istanze sociali.
Bastàrt
Letteralmente bastardo, mezzosangue. Di colui che si comporta malvagiamente di proposito.
Por La
ór
Letteralmente povera cosa, povero oggetto. Fuor d'offesa equivale a poveraccio, porigramo. Si tratta di un'offesa grave perché indica persona infame, con cui discutere equivarrebbe ad abbassarsi. In alternativa, soprattutto in discussioni concitate, si usa solo laór. (es: vei ci laor, che te enghidi, accorri o cosa, accioché possa avvitarti)

Ovviamente, come nel resto del mondo, queste espressioni possono essere usate con toni amichevoli, ma solo tra persone vicine e in tono scherzoso.
Ora che sapete come offendere in nòneso, godetevi queste conoscenze, ma occhio alle risse, che qui saranno pure democristiani ma non si lasciano mettere i piedi in testa.

Alla prossima puntata per le bestemmie più efficaci.

ps:
Il compare Ivano Bel nota che "el problema del to ultim blog l'è che as daverzù en pòz senza fin" e aggiunge una serie di espressioni che vale la pena di riportare e che analizzaremo una per una.

Mutuati dal mondo animale:

Cjàura
Letteralmente capra. Di donna di facili costumi.
àsen
Letteralmente asino. Stesso significato che in italico.
Vacja
Letteralmente vacca. Di donna grassa o di facili costumi, o entrambi. La versione accresciuta Vaccón (maschile ma riferito a femmine) indica solo donna di facili costumi.
Ròs'c
Letteralmente rospo. Di uomo o donna non avvenente.
Zavàt
Da zavàta, ciabatta. Di persona zotica, zoticone.
Piòcel/Pioclós
Letteralmente pidocchio e pidocchioso. Di persona avara.
Porcét/Rugjànt
Letteralmente porco. Stesso significato che in italico.
Sgòrza
Letteralmente scorza, corteccia, cotenna. Di donna non avvenente. Presente anche nella versione accresciuta Sgorzón (dicasi di femmina ma al maschile).

Altri ancora:

Bròz
Letteralmente carro. Di persona poco agile.
(S)colóbia
"broda per i maiali, col significato di tòrbol" (Bel)
Tórbol
Letteralmente torbido. Di persona che fa ragionamenti poco lucidi.
Furbo
Letteralmente furbo, viene utilizzato in senso ironico. Vedasi mago/sienza. Per rincarare la dose esiste l'espressione eufemistica furbo come el bro' di gnòci, furbo come il brodo degli gnocchi.
Pitòc'
Letteralmente pitocco, mendico. Di persona avara.
Szapotón
Da zapòt, miscuglio. Di persona pasticciona.
Ludro
Il Bel afferma "carogna, dal tedesco. questo è pesante".
Zuzabìgoi
Letteralmente succhiabigoli, succhiacazzi. Di persona inetta
Stròlec'
Da astrologo. Di persona stramba.
Bocia/Bociàza/Bociàze
Letteralmente giovane. Vedasi borsa.
Blòdec'
Letteralmente sporco. Usato in senso letterale o come offesa generica. Nella versione femminile Blòlgia indica donna di facili costumi.
Petenà
Letteralmente pettinato. Stessa accezione di zitadìn.
Endré
Letteralmente indietro. Di persona poco intelligente. Anche nelle espressioni metaforiche
Endré come taco
Di origine ignota
Endrè come la luna
La luna infatti arriva sempre dopo il sole.
Endré come le bale dal ciajgn.
Letteralmente indietro come le palle del cane.

Inoltre aggiungo:
Planzimarènda
Letteramente colui che "piange merenda". Di persona che si lamenta più del dovuto. Vedi anche pìtima. Planzer marenda è usato anche come verbo. L'origine dell'espressione è incerta. E' ipotizzabile che l'azione di piangere per ottenere la merenda, pasto superfluo, sia indicativa di persone deboli e viziate.
Sbanfón/Spandón/Spandimerda
Di persona che tende ad autocompiacersi ed autoincensandosi, anche esagerando i fatti. Secondo il Bel anche Smerdafilàri ha la stessa accezione.
Smerdabacéti
Letteralmente smerdabacchette. Di persona oltremodo puntigliosa.
Slambrotón
Da slambròt, pasticcio linguistico (slambrotàr = farneticare). Stessa accezione di szapotón.
Pìtima
Ha lo stesso significato di pittima, che in italico è desueto.
Mago/Sienza
Letteralmente mago e scienza. Di persona che crede di sapere più di quanto in realtà sa.
Vedèl/Vedelòn
Letteramente vitello e vitellone. Stessa accezione di manz ma può anche inidcare uomo grasso o imponente.
Gnòc'

Letteralmente gnocco. Di persona poco intelligente.
Redìcol
Letteralmente ridicolo. Il significato però non corrisponde a quello in italico. Di persona stramba.
Ròja
Letteralmente scrofa. Di donna di facili costumi.
Braz de fèri
Letteralmente braccio (ovvero quantità che si può portare a braccia) di ferraglia. Di donna non avvenente. Rappresenta il peggior grado di bruttezza.
Per indicare una persona brutta esistono inoltre le seguenti espressioni:
Brut/a come (l'an da)la fam
Brutto come l'anno della fame.
Brut/a come i debiti
Brut/a come l'orco

martedì 15 aprile 2008

Tutto il mondo è paese

Se vuoi essere veramente universale parla del tuo villaggio
Balzac

Il mio paese è il mio primo mondo e quindi il mio primo stato. Quel che accade nel paese è la fedele riproduzione del resto d'Italia. Così in cielo così in terra, o meglio così in terra così in cielo.
Questa è l'Italia (di)sgraziata che hanno disegnato i miei paesani.

Senato (535 votanti)
Popolo delle Libertà 285
Partito Democratico (più o meno) 178
UDC - Casini 46
Sinistra Arcobaleno 20
La Destra 2


Camera (610 votanti)
Lega Nord 200
Popolo delle Libertà 153
Partito Democratico 127
Sudtiroler Volkspartei 48
UDC - Casini 37
Di Pietro 19
Sinistra Arcobaleno 11
La Destra 5
Partito Liberale Italiano 4
Per il Bene Comune 2
Unione Democratica dei Consumatori 2
Partito Socialista 1
Sinistra Critica 1

Mentre ingrassavamo mesti la pila di schede della Lega che cresceva a vista d'occhio, Marco, il rappresentante leghista venuto a controllare lo spogliarello delle schede, poteva permettersi addirittura di rammaricarsi, che tanti di quei voti son di protesta, e non riflettono un credo maturo. Confesso che, da italiano, avrei voluto essere leghista. Non foss'altro che per partecipare ad un festeggiamento come si deve, alzando ombre in una cantina qualunque al cospetto di una lugiangia sovrana, cazzo. Invece no, m'è toccata la mestizia e i porchidi. Comunque li ringrazio, ai miei papesani, perché in fondo gli voglio bene, in fondo li capisco, che alla televisione se ne sentono di tutti i colori, che questi rumeni hanno rotto il cazzo, che quando c'era la DC fioccavano i contributi e son finiti i tempi di Dallas per le mele, che una volta con 100mila festeggiavi tutto il weekend e ora con 50 euro fai sì e no la balla, ostia. Perché in fondo le balle sono un diritto: abbiamo diritto di farle (e a buon mercato) e pure di crederci.

Scrutando il mondo dal mio terrazzo, questa è l'Italia che immagino, e il punto più a sud che vedo è Tuenno, dall'altra parte del lago.


ps: un plauso alla migliore scheda nulla del seggio. Recava un sentito invito: Ste tuti a ciasa vosa (state tutti a casa vostra). Io ci aggiungerei una virgola, per prendere una rincorsa, e un bìgoi, tanto per puntualizzare.

sabato 12 aprile 2008

Felix Lalù va a servire la patria

Sorseggio un martini al lampone nella mia megavilla abusiva in Val di Rabbi, pensando a come spendere il frusciante contenuto della splendida borsa vintage donatami dalla provincia. Accarezzo con decisione i maroni del mio stallone Milko: l'ho fatto colorare lilla per avere argomenti di conversazione coi miei nuovi amici e poi per aderire al nome. Perché quando diventi ricco non sei più stronzo, nè strambo. Sei solo eccentrico. Gli tasto le balle, dicevo, per testare la sua virilità. Non si può dire che gli stalloni aderiscano alla loro nomea. Tre spinte pelviche, quattro quand'è festa. Dicono che sia normale, ma ho il sospetto che Milko si sia adeguato con doloroso sarcasmo agli standard del padrone, per ripicca.
Ludovico mi porta il telefono, è Irene, presidente del seggio del comune di Sanzeno nonché grande amica di quando non cagavo oro dai buchi del culo. Dice che lo stato richiede la mia ineffabile presenza per registrare i voti dei morti di fame che vedono il diritto di voto come una conquista. Sono tentato di rifiutare, per pigrizia, ma la ricchezza ti rende patriota. E poi son pur sempre nòneso, checcazzo. Con quei 120 euro posso rifare la tinta a Milko, e mi avanza un par de euro di mancia per la Roxana, la parrucchiera polacca che sottopago, e non solo per la tinteggiatura.
Inforco il Suv, dico a Ludovico di sgommare, così infango la baita del vicino, e scendere a valle facendo quanta più gazzarra possibile verso il mio paese natìo. Torno in pompa magna, per svolgere il mio dovere di maschio italico lauriato. Mi aspetta un tappeto di petali di rosa, al municipio, e la cittadinanza honoris causa, anche se sono già residente. Per intonarmi alla situazione faccio cantare l'inno a Ludovico , che ieri sera con le polverine mi son rovinato la corda vocale, a forza di cantare Cimitero di rose per i nipotini strafatti di Ritalin dei Savoia. La versione noise-punk con La Ostia è già disco d'oro. La SAT mi ha fatto alpino onorario, per la gioia di mio padre. Io che mi hanno scartato alla visita di naja.


giovedì 10 aprile 2008

Affinità/divergenze tra la compagna ArteSella ed EcoArt

La Città dell’Utopia, il cuore pulsante di EcoArt (vedi slideshow), si presenta come una serie di manufatti, o forse è meglio ecofatti, di diverse dimensioni e con varie funzioni, eseguiti con i materiali recuperati dal lago (legni levigati e rifiuti vari), dalla riva (sassi) e dal bosco circostante (liane). Ci sono le mura, un intreccio di rami e specchi, la porta d’ingresso fatta di un enorme bitronco, il parlamento per sedersi e ciarlare con il fuoco in mezzo, tavoli e panche, il forno-balena, il palco, il tempio a venire, il drago, i messaggi nelle bottiglie, la scarpa e altre creature. A raccontarla ti ricorda ArteSella.
Certo, perché per descrivere qualcosa di insolito e inaudito bisogna rifarsi ai modelli noti e condivisi. E ArteSella, forte di un esperienza ventennale, di una gestione volontaria (e quindi indipendente) e di una certa (anche discussa) sostenibilità, è l’unico esempio (o perlomeno quello a noi più vicino) di ecofatto artistico nel bosco. È normale e logico quindi accostare le due esperienze, a prima vista. Da osservatore esterno di quanto prodotto (nel senso di condotto ad una forma) mi si conceda qualche distinguo.
Primo, ArteSella è un percorso espositivo, un luogo in cui gli ecofatti fanno mostra di sé. La Città dell’Utopia è un centro essenzialmente sociale costruito all’aperto in riva al lago.
Secondo, Gli ecofatti di ArteSella si deperiscono, si possono toccare, alcuni si possono addirittura usare (come strumenti musicali), ma non hanno alcun legame l’uno con l’altro. Gli ecofatti di EcoArt sono per lo più strutture funzionali. Esteticamente pregevoli (quando non incantevoli), ma funzionali: il loro senso non sta né nella loro realizzazione né nello sguardo del visitatore ma nel loro utilizzo. Nel parlamento si parla, nel forno si cuoce, la porta delimita, ecc.
Terzo, e più importante, ArteSella è fatta di opere singole affidate ad artisti che arrivano, (spesso) trovano il materiale già pronto, producono, artefanno, vernissaggiano e se ne vanno. Nel bosco si consuma l’artefazione. EcoArt è un’opera collettiva, frutto della concertazione, della riflessione e della passione di una comunità di “abitanti” diversi per abilità e attitudini, che ha avuto come punto di partenza la creazione di una chiatta utilizzata come mezzo di esplorazione e di peeling del lago, e si è evoluta, fors’anche (molto utopisticamente) ricalcando i pattern di nascita della civiltà (stanziamento vicino ai corsi d’acqua, reperimento dei materiali in loco, ecc.), nella creazione di una comunità di simili e di un ambiente di condivisione in cui ognuno d(on)a per quanto può, senza che questo rimandi necessariamente ad istanze socialiste. È il gusto del vivere una piccola utopia, non del contestare il sistema becero.
Le due manifestazioni sono quindi simili nella forma (materie prime e contesto) ma essenzialmente differenti. ArteSella è decisamente l’esposizione più viva, e semplicemente l’operazione artistica più intelligente e appassionata che si possa visitare. Un luogo veramente magico, una nuova dimensione dell’immersione nel bosco. Si può ragionevolmente affermare che ArteSella sia una manifestazione essenzialmente artistica. La Città dell’Utopia invece non è propriamente un’operazione artistica, o perlomeno non lo è in principio. La sua artisticità, che pure si lascia ben vedere, è subordinata alla socialità, è un suo sottoprodotto, consapevole eppur secondario della vita dei suoi "cittadini".
Ecco, ArteSella si visita, EcoArt si vive. Come diceva Popper, c’è una bella differenza.

mercoledì 9 aprile 2008

Spitty Cash: the next big thing

Mia nonna mi diceva che bisogna vergognarsi solo a fare del male.
Prendiamo Spitty Cash. Push play!

Al primo ascolto ti strappa un sorriso, ti senti superiore, che non sa rappare, che non sa parlare neanche bene l'italiano (colpa d'Alfredo, come se il mio accento nòneso fosse più piacevole).
Al secondo già te la canticchi.
Al terzo poi ascolti anche le strofe, con verso libbero, ma che lo mettono nel culo ai rapper che parlano in astratto.
Al quarto sai già il ritornello a memoria.
Massimo rispetto per Spitty, io lo invidio, e non poco. E quando lo inventorefrain come ma ditemi cosa vedete quando li guardate neli ochi eh?.
Quelli che criticano Bambini Povri dovrebbero vergognarsi, perché l'invidia è una brutta bestia. Che si mettano a rappare in rumeno. Poi che le altre canzoni di Spitty facciano più o meno cagare non ci piove. Massimo rispetto per la hit, che non è roba da coglionelli (ascoltare il pezzo Fabbricante di canzoni di Cristicchi per credere). Sole cuore amore (come le robe dei Beatles peraltro) è roba da menti superiori, magari per decerebrati, ma non da decerebrati.
Milano, Roma, sto arrivando yeh

lunedì 7 aprile 2008

Ieri a EcoArt #1

I clochard non vanno in vela, che serve moneta (possibilmente non) sonante. Questo è un dato di fatto. Tutti sono d'accordo, meno uno. Francesco Ghizzo, ingegnere da Conegliano Veneto, con il solo ausilio di un testo sulla vela e dell'osservazione, s'è ingegnato e si è inventato un sistema per applicare la vela su un canotto qualsiasi, il velotto. Ieri a EcoArt ci ha spiegato come funziona. Basta applicare la struttura e le due vele e si solcano le onde del vento, in culo a LunaRossa.
In mattinata si era anche andati a Revò a vedere la draga abbandonata sulla secca del fiume, ma pare che la draga, 52x8 metri di ferro e ruggine, che pare si possa velare. Poi si è recuperata la chiatta con cui va a zonzo e si è pensato a come velarla, per solcare i mari del lago da veri bulli. C'erano anche due ragazze dell'Università di Pisa che stanno facendo un progetto multimediale in valle. C'era anche il sindaco di Tassullo, interessato e in tenuta informale. Fa un po' strano vedere un sindaco che viene a guardare incuriosito e non a smorzare la curiosità parlando. Forse è la cosa più audace che possa fare un sindaco.
Al parlamento poi s'è parlato dei lavori da fare, di come convivere con feste formicaio proprio li accanto, se non dentro, la Citta dell'Utopia, di come collaborare e di come spiegare al variegato popolo del lago il progetto che si sta portando avanti e la filosofia che sta dietro.
Un piccolo esempio: c'erano dei pezzi di legno levigati dal lago e raccolti l'anno scorso col sudore delle gote, tutti con forme particolari ed evocative. Stavano accatastati ordinatamente in mezzo alla Città, divisi per grandezza, a disposizione e in attesa di collocazione. I campeggiatori ne hanno bruciato quasi la metà. Eppure si vedeva che non era legna da ardere, e il bosco è ne così pieno che ci inciampi, basta fare due passi in più. E' così difficile spiegare che uno stesso personaggio che ieri stava lì con noi ne ha usati alcuni per alimentare il fuoco del parlamento, sotto gli occhi di tutti. Me ne sono accorto solo alla fine perché ci ho visto un legnetto a forma di testa di cane che avevo già notato nella catasta. L'ho tolto dal fuoco con un calcio. Artur, il cane epilettico di Mirco, s'è pure bruciato con le braci.
Non ho saputo dirgli niente (all'uomo), che in effetti non è poi così ovvio. C'è da trovare modi. La strada è ancora lunga, ma la comunità è preziosa.

venerdì 4 aprile 2008

Scuela de Nònes #2: Domande e risposte (ovvero delle particelle pò e no)

Eccoci di nuovo qui, o forestieri che hanno già capito come girerà il mondo e ansiosi di poter conversare con le genti anauni (che, per chi non lo sapesse, viene usato comem sinonimo di noneso, anche se la antica Anaunia colonizzata dai Romani comprendeva anche la Val di Sole). Ora che sapete il verbo essere potete anche arrangiarvi e inventarvi gli altri verbi, che questo non è un sussidiario.
Passiamo a un argomento certo più interessante:

Le domande (ovvero della particella )
Le domande normali sono come nel vile italico, basta tradurle in nòneso.
Quando invece la domanda ha particella interrogativa (chi, cosa, come, dove, quando, ecc) le cose cambiano.
Tali domande vanno sempre accompagnate dalla particella , posta dopo il verbo.

es:
Che fas pò?
Cosa fai?
N'do vas pò?
Dove vai?
Cando l'as crompà pò sto vin?
Quando hai comprato questo vino?
Da ci es pò ti?
Di chi sei? (ovvero di che famiglia sei?)
Come la sugiante su pò?
Come la asciughiamo? (ovvero cosa mangiamo per combattere gli effetti dell'ubriacatura?)

La genesi della particella è incerta.
Secondo l'ipotesi linguistica potrebbe essere un lascito della dominazione asburgica, terminata poco meno di un secolo fa, ovvero il crucco "Was machst du denn?" (che fas pò?).
Secondo l'ipotesi pragmatica, al contrario delle domande senza particella interrogativa (la cui risposta è , no, ecc), nelle quali il verbo è posto all'inizio e la sua azione è smorzata e addolcita dal resto della frase , le domande con particella interrogativa possono suonare, senza la particella, come affermazioni (quando non addirittura accuse) e ciò potrebbe ingenerare fraintendimenti. La particella fungerebbe da segnale linguistico (e sostitutivo dell'innalzamento dell'intonazione tipico delle domande) per una domanda la cui risposta non è un semplice sì, no, ecc.

Le risposte (ovvero della particella no)
Le risposte alle domande con particella sono come nel vile italico.
Le risposte positive alle domande senza particella sono come nel vile italico.
Le risposte negative alle domande senza particella invece necessitano di un accorgimento che, se tralasciato, potrebbe svelare la vostra non-nonesità, con le conseguenze che potete ben immaginare (indifferenza, emarginazione, tortura, mutilazione, morte).
Mentre il sì è singolo, in noneso il no è sempre doppio e ribadito alla fine della frase. No means no.
Infatti tali risposte, come anche le affermazioni negative non ingenerate da una domanda, vanno giustamente corredate dalla particella no.

es:
No sai no.
Non lo so.
T'al dit vergot? No'l m'a dit n'got no.
Ti ha detto qualcosa? Non mi ha detto niente.
No i'a tràt su stadomàn no.
Non hanno vomitato stamane.


Fate esercizi, che l'ora è vicina.

(foto cortesia di lis_lis)

mercoledì 2 aprile 2008

Have a nice day!

La gente incazzata è una delle cose più divertenti da vedere. Certo, anche un tramonto in alta montagna, ma la gente che litiga per strada è uno spettacolo gratuito irrinunciabile, una chicca che può dare un tono alla tua giornata, riconciliandoti con il mondo. Una delle persone che è più piacevole vedere incazzata è decisamente il buon Sgarbi. Certo, far incazzare il buon Sgarbi non è così difficile, ma farlo incazzare perché lo si è trovato con le mani nella marmellata dà quel gusto in più. Quimilanolibera è la versione hardcore e cazzuta de Le Iene, da anni graffianti come un balsamo alla lavanda.
Questi (2, 3, 4, 5) sono i vari incontri con il buon Sgarbi. Vederlo arrampicarsi sugli specchi vi cambierà la giornata.

martedì 1 aprile 2008

Bronze - Babamandub - Hi-Fevers @ Sonà Music Club

Lo sapevo che la Sonà non delude mai. Dopo un annetto di colpevole latitanza son tornato in quello che è decisamente il miglior locale del Trentino. Due piani di musicaglia e libertà con arte notevole e restyling a getto continuo e una festa al mese, eventi col contagocce: primo perché è giusto un po' fuori mano, ma secondo, e più importante, perché del rito non si abusa, che la musica con la riga in parte e spirito da braghe alla zoava non si trova dietro l'angolo, nè sotto il tappeto.
Scrivo in ritardo perchè pigro, ma andiamo con ordine.
Gli Hi-Fevers erano un duo rocknroll come ce ne sono tanti, ma ci suonava una donna, e quello spesso fa la differenza.
I Babamandub son trentini reggaedubbe. Gran bel gruppo, bel tiro, due voci una reggae-su e una reggae-giù che si intersecano mica male. Devo dire più apprezzabili nei pezzi in inglese che in quelli in italico, che è difficile da declinare capita che ti castra le melodie vocali, nel tentativo di dire cose. La voce reggae-su potrebbe far di più, tipo doppiare hiphop o più coretti, che quando c'è tutto è più rotondo, ma si tiene un po' in panca, mentre l'altro reggheggia parecchio. Anche gli altri potrebbero far di più, esondare il levare, tracimare il cika-cika, ma il caldo reggaedubbe, quello gira ch'è na meravija. In definitiva buona musica da ballare, molto buona. Da ballare in baraonda. Mancava proprio il caldo caràibico alle montagne nevate. Well and comme compadres!
Meno ballabili ma musicalmente più inaspettati gli ospiti internazionali della serata (grazzie Sonà per essere tornati alla vecchia formula 1 tn+ 1 italy + 1 international, grazzie di cuò), i Bronze, gruppo belga che sfodera un folk prog fuori dagli schemi del prog, e anche del folk. Di media, e volendo genaralizzare da beceri, i gruppi strumentali tendono ad essere di due categorie: pallosi o eccentrici. I primi li prenderesti a scarpate mentre i secondi te li godi perché fanno cose inaudite. I Bronze invece si son presentati con le loro cose regolari, ma con un piglio personale molto interessante, diciamo Jack Black meets Mogway. Il genere di gruppo che ti tira fuori i ritmi dispari e te li fa sembrare pari, lisci come wiski. Inutile che faccia nomi che non so, ascoltateveli. La cosa più fica è stata poi la battuta del cantante: ieri mi sono mangiato una balena intera, mi ci sono volute 3 settimane.