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sabato 28 novembre 2009

Intervista esclusiva a Mortecattiva

Come il discreto lettore saprà quest'estate ho avuto la gioia e la rottura di coglioni di scrivere un libello in compagnia dell'amica Dalia. Si è intervistato molta gente, girando per sale prove e baretti smarzi. S'è intervistatogente strana come spesso i musici sanno esse e sono uscite grandi stronzate e immensi abissi di saggezza..
Uno dei personaggi che più mi quagliava intervistare era Mortecattiva.
Mortecattiva (o Aggettivo7, chi cazzo ne capisce?) è un rapper di Trento che parla di cazzi figa merda tette culo e a volte anche della Nuova Zelanda. La terra dei kiwi appunto perché ci viveva, il buon Morte. Dopo una mezza dozzina di appuntamenti mancati in skipe, scopro che il nostro ha deciso di tornare e anche se abbiamo già materiale che ci esce dalle orecchie mi dico cazzo, questa non me la posso perdere, la possibilità di avere un vis-a-vis coll'artista che tutti noi vogliamo essere. Non tanto perché rimedia carovane di passera ma perchè blablablà, adesso non sto qui a spiegarvi. Forse solo per la storia della passera.
Sperando di diventare anch'io un po' come lui e caarpirgli il segreto dell'arte discendo dalla Val di Rabbi fin nella capitale dell'impero autonomista numero2 (Trento è seconda perché vanno in ordine alfabetico). Ci trroviamo in un baretto davanti all'ospedale. Molto rock. Mortecattiva rifiuta la birra e beve cocacola. Ciò mi preoccupa. Non sarà mica uno che invece fa il fighetta e magari è pure culo? (in fondo stira che è una meraviglia) Vabbè. Ci incamminiamo verso il parco Gocciadoro e mi tengo a debita distanza temendo il peggio. Ci sediamo lungo il torrentello come due amanti che non osano ancora incularsi in luogo pubblico e facciamo lunghe chiacchie. Il risultato è la migliore intervista che ho fatto per tutto il libro, la più divertente ma anche la più disillusa. Sicuramente quella che c'ho messso di più a sbobinarla parola per parola e ma che ho riletto e saccheggiato di più. Molta roba c'è finita dentro, al libello. Altra invece mi piaceva ma non riuscivo a inquadrarla nei capitoli, quindi è rimasta fuori, ma anelavo a renderla pubblica, perché Mortecattiva è uno che ne sa. Di stronzate. Ma si sa che buona parte delle stronzate è più vera della verità e allora beccatevi ste perle di saggezza. Stavolta aggratis.

Underground trentino? Perché esiste un mainstream trentino?

Ma chi sono sti Bastard? Ma loro fanno roba demenziale o seria? Io pensavo fossero un gruppo tipo me ma di un altro genere. Io dal nome pensavo che fossero così.

Poi avevo fatto la sessione in cui mi mandavano le foto delle loro merda appena cagato. Fa paura che ci sia gente che davvero caga e si fa la foto alla merda per mandarla a me. Uno l’ha fatta e ci ha messo un cartellino con scritto Capitan Stronzo. Poi ho smesso di farle perché me le mandavano sempre di notte e la mattina mi svegliavo per andare al servizio civile e mi vedevo tutte ste foto di stronzi appena sveglio, ho detto no, non si può più andare avanti così.

Poi avevo messo una base e la gente doveva mandare una canzone di insulti a me.

Un gruppi punk di protesta politica non può nascere a Trento. Sei di Trento? Non puoi fare denuncia sociale a Trento. Al massimo puoi dire politici non hanno gli stipendi trasparenti, ma Trento è una città senza problemi. Alla fine rispetto molto di più gruppi che fanno musica demenziale com’erano i The Ficient, piuttosto che uno che si metta a fare l’incazzato. Non puoi fare l’incazzato a Trento, devi soltanto ringraziare di esserci. È bello perché, non so se è ancora valido, ma al tempo Trento tirava fuori gruppi veramente bravi, perché c’era meno contaminazione nell’epoca preinternet. Era molto più genuina. No li conosceva nessuno fuori ma spaccavano il culo. Alla fine se sei isolato e sai quelle due cose su dove vuoi andare a parare, ci arrivi con quell’ignoranza che ti fa creare qualcosa di veramente originale. Trento da questo punti di vista erra una città benedetta, adesso non lo so.

In ogni ambito artistico trovi le persone convinte, quelli che sono così appassionati di arte da adorare qualsiasi artista o così appassionati della musica alternativa che gli dai una troiata con due urla e una cassa che ti dicono è geniale. Questo qua sono i coglioni dei loro rispettivi ambiti. A questi qua tu gli puoi veramente dare da bere qualsiasi cosa. Loro si comprano qualsiasi idiozia tu possa sparare. Io posso mettermi a scrivere una poesia, trovargli il senso dopo e c’è sicuramente un fottio di gente che dice sei un illuminato. Sono personaggi imbarazzanti, io ti giuro a queste persona qui preferisco quelli che si guardano il campionato la domenica e si ascoltano gli 883 nella radio. Almeno quelli lì neanche ci provano, risultano meno ridicoli di quelli che vogliono entrare in quel personaggio a tutti i costi, vestire i panni dell’artista. Però d’altra parte ci marci su queste persone. Sicuramente queste persone lo leggeranno nel libro e penseranno che non stia parlando si loro ma di qualcun altro e la loro autostima si rafforzerà ancora di più. C’era un pezzo fighissimo di Umberto Eco in cui parlava della captatio benevolentiae: tu inizi il discorso e dici quello che dirò non sarà sicuramente capito da molti di voi, in modo che l’ascoltatore pensi non parla di me. Poi lui parlava della captatio malevolentiae. Questo discorso è la captatio benevolentiae. C’è sicuramente questo che dice è vero c’è questa gente qui, non sapendo che in realtà anche lui è così. E ce ne sono molti che ci marciano su queste cose, e sanno di fare musica di merda. Miss Violetta fa noise elettronica e urla e basta. Fanno cagare ed è geniale per questo e lei lo sa, e lo ammette candidamente che ci sono questi Electroindiefaggoz, chiamiamoli così, su cui marci. Tu lo sai, hai la coscienza sporca ma cazzi loro.

Dopo un po’ che scrivi lo vedi che anche quelli famosi non hanno pensato prima a questi dieci concetti che mettono nella canzone. Gli unici che fanno così sono quelli che si atteggiano, che poi alla fine fanno musica di merda. Come Morgan dei Bluvertigo che è un incapace. Lui non scrive canzoni, scrive racconti. Lui scrive come si dovrebbe scrivere per la carta e poi ne fa una canzone. Lo vedi che quelle parole non sono al loro posto in una canzone. Quando scrivi ci sei tu e la pagina bianca. Hai i concetti a cui hai pensato, ne fai un racconto, un saggio. Quando scrivi una canzone sei vincolato alla metrica, alla melodia, ai tuoi tre minuti di tempo, se fai un tipo di musica alle rime. Ma dove vai?

Il discorso sulla gente che se le beve tutte non è una cosa che tiro fuori io adesso, non è una cosa che ho scoperto io, lo sanno tutti e ci marciano tutti. La maggior parte della produzione musicale esistente è fatta così. Gli artisti scrivono perché è il loro lavoro, scrivono per pagarsi il mutuo, scrivono nel modo che gli risulta più comodo coi mezzi che hanno e poi se la giustificano per darsi la longevità necessaria. Se uno dice ho scritto due cazzate che mi son venute in mente in quel momento mentre stavo in mutande su una poltrona scoreggiando e bevendo succo di frutta… non puoi fare l’artista se fai così. Ci sono quelli che entrano nel personaggio.

La ricerca sonora è fantastica. L’ha scritta un tizio che conosco tramite internet perché sono un nerd. Ha scritto un pezzo su Elisa, Apologia della signorina Toffoli. Elisa è prodotta da Caterina Caselli, lui la definisce Kalì lei è riuscita a fare un lavaggio del cervello ad Elisa, tanto che quando ha fatto il disco ai tempi diceva abbiamo fatto la ricerca sonora, abbiamo messo il tappeto sopra la batteria per avere un suono blablabla, mentre in realtà è un disco che suona Sanremo dall’inizio alla fine. Probabilmente lei ingenua ci crede, hanno dietro la persona furba che glielo fa credere all’artista stesso, poi ti escono con questi discorsi. Ma vai a cagare. Son quelle persone che si vivono addosso, me li vedo davanti allo specchio che si dicono sì, ho fatto la ricerca sonora

Quando eravamo a Roma con Marco avevamo questo progetto che si chiamava Urban Chill, abbiam fatto questo disco nel periodo in cui ha aperto il Billionaire di Briatore e una delle canzoni che c’è nel disco era stata rifatta con questa tizia che faceva da vocalist e diceva “This is the sound of Billionaire”. Era stata stampata l’edizione limitata del singolo e veniva messo su all’apertura della serata. Il nostro produttore era stato invitato all’inaugurazione, noi no. Noi facevamo chill house, che è una musica abbastanza da fighetti, e noi siamo dei cazzoni. In tutti i locali in cui mettevan la nostra musica non ci lasciavano entrare.

Il resto delle stronzate, ovviamente sta nel libro. Abbiatelo.

mercoledì 4 novembre 2009

Discreto pubblico, corri in libreria!

Apriamo lo spazio pubblicità di oggi con un libercolo che c'ha levato l'estate da sotto i piedi, a me e alla Daliona.
Parla delle band trentine. Non c'è niente di quello che potete trovare sul myspace.
Nomi dei componenti? Strumenti suonati? Chi se ne incula.
In che anno s'è formata la band? Genere prediletto? Chi se ne incula.
Concorsi vinti? Aperto il concerto nel pomeriggio per la rockstar che suona la notte? Chi se ne straincula.
Qui si parla più della vita della gente, di scrivere canzoni e suonare in una sala prove fumosa come una bisca degli anni trenta, di caricare e scaricare amplificatori e tante altre vaccate.
Da oggi è in tutte le librerie del mondo, così finalmente me lo levo dai coglioni.

Autore: Dalia Macii e Oscar de Bertoldi

Titolo: Bastarock. L’underground dei Bastard sons of Dioniso

Editore: Egon
Pg.: 140
Anno: 2009

Prezzo: 13€

Isbn: 978-88-96215-18-0

in libreria dal 4 Novembre

Non è facile definire cosa si intende con l’espressione scena rock di un luogo né quali siano gli elementi che accomunano i gruppi che ne fanno parte. In molti casi è il nome di una città a diventare sinonimo di uno stile e di un particolare tipo di sonorità. Ma è sufficiente la mera condivisione di uno spazio geografico per condividere anche l’orizzonte musicale?

Bastarock applica questo criterio alla provincia di Trento e racconta la sua piccola -ma insospettabilmente varia- galassia di gruppi. Abbiamo cercato di fotografare un mondo sotterraneo, una scena musicale underground che con una punta di ironia abbiamo definito sottobosco. La sfida è la scelta di raccontare tutto il corpo sommerso di un iceberg affiorato in seguito all’improvviso successo dei Bastard sons of Dioniso.
Ci siamo messi in viaggio sulle strade del Trentino, alla ricerca di un’attitudine per il fare musica e suonarla dal vivo. Insieme alle parole abbiamo raccolto tutto il materiale possibile: fotografie, locandine, materiali, gli oggetti feticcio di ogni gruppo. Per non perderci in vaghe generalizzazioni di sociologia giovanile abbiamo eletto l’aneddoto come filo conduttore di questo viaggio: le situazioni paradossali, gli episodi, le storie e gli aneddoti capaci di restituire l’anima di ogni gruppo.
Uno dei luoghi principali di questo viaggio è senz’altro Sonà Music Club di Pietramurata. Sul muro del locale c’è una scritta fatta a mano con lo spray da un vicino esasperato: Basta Rock, ho fat la not (Basta Rock, son rimasto sveglio tutta la notte).

Dalia Macii | Oscar de Bertoldi



In realtà questo mi mette in grande difficoltà perché oggi esce anche il libro nuovo di Luttazzi, La guerra civile fredda.
Io corro a prendermelo.

venerdì 30 ottobre 2009

Che sia l'ultima volta che suono alla Sonà?

La prima volta che ho suonato alla Sonà mi sa che era il 2002, forse addirittura il 2001. La stanza tappezzata di Gianni Agnelli era ancora sorda, il terzo piano era ancora spoglio. Abbiamo dormito in una delle stanze polverose del terzo, quella che poi è diventata la stanza nera credo. La mattina al mio risveglio c'era la compagna di liceo del Barnabi che era venuta con noi che studiava. Noi tentavano di ripigliarci dalla balla di rosso e lei studiava. Che bel quadretto educativo. Ma questo non conta. Alla Sonà c'ho visto gran concerti, a volte sono arrivato quando non c'era ancora nessuno e alla fine mi hanno scopato fuori come il peggio dei Bukowski. C'ho suonato quattro volte, c'ho fatto un murales poi altre cose che non si dicono. Da gennaio tutto questo non si ripeterà più (non lì perlomeno) perché abbattono la Sonà. Vi ricordate quando i talebani hanno abbattuto le statue del Budda e tutti a indignarsi perché abbattevano le statue che sono la storia e la memoria dei popoli? Abbattere la Sonà è la stessa cosa, solo che noi siamo quattro beoni e non una religione e allora contiamo meno.
Ma arriviamo al dunque. Stasera alla Sonà c'è un concertone coi cazzi. Per cominciare La Piccola Orchestra Felix Lalù con parte della roba nuova superrock (per l'occasione la sua versione obesa Belix Baloo) con Johnny Mox, all'esordio da solista. Un po' per uno, un po' insieme come Jollyx Malibù. A seguire i Fango, superstoner dalla luna. Per finire la ciliegiona velenosa sulla torta, i Putiferio. Nomen omen, signori, che tte lo dico affare? Ci canta il mio cantante preferito dopo Paolo Conte. Ti pare poco?
In tutto questo ci sarà anche la presentazione del libercolo che mi è capitato di scrivere quest'estate in compagnia dell'amica Dalia Macii, un libro sull'underground trentino che si chiama BASTAROCK (ci sarà in anteprima stasera anche se esce mercoledì prossimo nelle librerie tutte). Viaggioni su viaggioni dalla Val di Rabbi al resto del suolo autonomista per sentire la gente e gonfiare l'estate di storie di tutti. Il tour di presentazione non poteva che partire dalla Sonà.

venerdì 4 luglio 2008

Le Pecore Nere vol.5 - Tra Arte e Natura 2008

E' con malcelato orgoglio e dopo mesi di fervida organizzazione che l'ormai Associazione Culturale Le Pecore Nere presenta la sua quinta uscita, Tra Arte e Natura 2008, un evento che si propone di scandagliare le vie contemporanee di interazione, appunto, tra le varie forme d'arte e la tanto vituperata quanto idealizzata natura.

Grasse novità quest'anno, a partire dall'esposizione. Abbiamo infatti coinvolto 8 artisti ospiti. Due di loro avevano già partecipato alla passata edizione: BaBa de Leche e Mauro Ambrosi. Poi c'è El Cina, cantante e chitarrista dei Fango, che abbiamo corteggiato per anni prima che cedesse alle nostre lusinghe. fino a . Poi ci sarà, Luigi Penasa, illustratore di Millanta Cosae, l'ultimo disco dei Supercanifradiciadespiaredosi, ospiti della passata edizione Arrivano direttamente dall'Accademia di Brera Leonardo Rigotti e Matteo Merla.Poi c'è Rupi, il nostro ospite internazionale, direttamente dalla Catalunya e Ven, una giovanissima fotografa di Cogolo che abbiamo scoperto per caso e che abbiamo preteso a tutti i costi.
Abbiamo chiesto loro di creare un'opera sul tema degli animali per l'esposizione che si chiamerà "Gli Animali delle Pecore".
Ci saranno inoltre le opere delle Pecore Nere stese medesime: David Aaron, Felix Lalù e Giacomo Valorz

L'esposizione verrà verniciata domenica 20 luglio alle 18 e rimarrà aperta fino al 2 agosto, tutti i giorni dalle 18 alle 22.

Il giorno dell'inaugurazione, per l'occasione, torneranno sulle scene i ritmi sghembi e poppettosi delle Fonda Sisters, atavic side project di Gianluca (Nurse, Johnny Mox, Anacroma) e El Cachi (Mamalbao). Mi posso ragionevolmente beare di essere riuscito a convincerli a tornare a suonare insieme per le Pecore. L'anno prossimo riproverò coi Nirvana, anche se Cobain è uno stronzetto, c'ha la segreteria e non risponde alle mie chiamate.

Altri due appuntamenti di Tra Arte e Natura si svolgeranno i due sabati successivi.

Sabato 26 luglio presenteremo "Cheyenne, trent'anni" un documentario di Michele Trentini, Marco Romano e Maria Cheyenne Daprà sulla vita di Cheyenne, la giovane pastora della Val di Rabbi. Con immagini di vita quotidiana e un intervista sulle sue esperienze Cheyenne svela quanto ci sia idilliaco e quanto di idealizzato nel mestiere e nalla vita che ha scelto e che porta avanti fieramente.
Dopo la proiezione sarà la volta di Nicola Sordo, clown e cantimbanco che presenterà "Pezzi di Pollo Libero", stralci musicati dal suo spettacolo "Pollo Libero", in cui si narrano le epiche gesta del cantante che sta in fondo ai nostri cuori, il mitico e indimenticato Nick Bolzano Fredda.

Sabato 2 agosto, serata conclusiva della rassegna sarà la volta della presentazione dell'esperienza di EcoArt, di cui abbiamo parlato spesso in queste colonne. Si proietteranno due documentari sull'esperienza ("Perchè Non" di Marco Rosi e Mattia Pelli e "BeNon" di Marco Rosi), cui seguirà un dibattito aperto con le realtà promotrici della Città dell'Utopia Yo Production e Laboratorio sul Moderno. C'è tante cose da dire su questa esperienza la cui unicità è semplicemente indubitabile.
A seguire un ospite veramente d'eccezione, il cantautore modenese Bob Corn, che con le sue atmosfere vellutate chiuderà degnamente l'edizione di quest'anno.

Tutte le maggiori informazioni le possono trovare sul myspace delle pecore nere.

Che dire? Vi aspettiamo non dico numerosi, ma entusiasti, pronti all'estasi.

sabato 7 giugno 2008

Il Grande Ritorno di Miroslav Fagocevic

Mancano pochi giorni all'annunciato ritorno dell'indimenticato tennista sovietico Miroslav Fagocevic. Una promessa (neanche tanto) mancata del tennis, un grande promotore del rock'n'roll, un vizioso d'altri tempi (leggi bio).
Il luogo dell'evento è il Centro Sportivo Bruno, vestito a festa per celebrare questo momento storico. Il tributo alla sua formidabile personalità avrà come cerimonieri 18 gruppi provenienti da tutta Italia (e non solo).
Qui trovate un estratto dall'intervista esclusiva che pubblicheremo interamente a giorni.
Tenetevi pronti, lo spettacolo sta per iniziare.

Per saperne di più


Questo è lo spot del festival, mancare è peccato.

domenica 25 maggio 2008

Io Ozio

L'ozio è il padre dei vizi. L'ozio è la sepoltura di un uomo vivo. L'ozio deve ringraziare se stesso se va a piedi scalzi. Dio distrugge gli oziosi e aiuta i laboriosi (però dice che ama tutti, baro! NdA). Alle persone oziose non mancano mai scuse. La testa dell'ozioso è l'officina del baro. Il diavolo tenta tutti, ma l'ozioso tenta il diavolo (Questa è la mia preferita).

Questi sono solo alcuni dei proverbi che dileggiano l'ozio, cancro del sistema produttivo, falla del capitalismo, pecora nera della famiglia delle azioni.
Ma che cazzo v'ha fatto l'ozio di male? Vi ha mai fatto alzare quando alle 4 di mattina? Vi ha mai ripreso di fronte ai colleghi? Vi ha mai fatto fare straordinari quando non volevate?
Eppure una volta non era così. La dimostrazione è molto semplice. L'aura negativa che gravita infausta intorno all'ozio è proprio della nostra cultura, ma la radice etimologica sua e di un altro compare illustre sconfessano questo sentimento vile e partitoprésico. Perché neg-ozio (inteso come attività finalizzata) altro non è che la negazione dell'ozio, e quando una parola è formata dalla negazione di un altra vuol dire che quell'altra viene prima, o è più importante, o è più usata, o più prosaicamente spacca di più, nell'immaginario collettivo.
Quindi l'ozio ha il primato sul negozio, checchè ne dicano genitori e gerenti.

In difesa dell'ozio Felix Lalù scende in campo con Io Ozio, un'installazione/performance che si terrà in mezzo alla strada, in mezzo alla città, in mezzo al tempio del negozio, il Festival dell'Economia. Una tre giorni di ozio convinto, nella ricreazione en plein air di un salotto completo di poltrone e tavolino poggiapiedi. Un missione per Felix Lalù e un servizio necessario fornito ai visitatori e ai cittadini alle prese con quell'"ozio con tabella di marcia" che è il caro buon festival.
Appuntamento all'angolo tra via Diaz e via Oss Mazurana, di fronte all'ex Mandacarù. L'oasi resta aperta venerdì 30, sabato 31 e domenica 1 con orario più o meno continuato dalle 10 alle 19. (In caso di pioggia tutto si sposterà al coperto, nell'androne che porta da Piazza Italia a via Manci)


Io Ozio è un'installazione/performance che fa parte del progetto Preferirei di No, una manifestazione organizzata dalla stimata associazione Il Funambolo.
Il tutto parte dalla riflessione fatta su Bartleby, un racconto breve di Herman Melville (si, quello del pesce). Si racconta appunto di Bartleby, questo scrivano, negli anni venti di Manhattan, che, dopo essere stato un dipendente meticoloso, comincia a rispondere agli incarichi con un laconico e convinto "Preferirei di no". Un pigro? Un ozioso? Un grande? Beh, leggetevi il racconto da soli, prendetevi i vostri tempi, oziate con lui, non è niente male.

Sempre all'interno della cornice Preferirei di No c'è altra gente in giro per la città in quei giorni, artisti, attori e la sera ci sono concerti e video alla Predara. Ci sono pure stimati compari quali Claudio Cuomo, Nurse (o Johnny Mox??) Huck Z. and the Amazing Voodoo Arkestra, Denis Pascon y mucho mas. Il tutto in salsa bartlebiana.
Mancare è il padre dei vizi!

Se non siete ancora convinti ascoltatevi Ozio dei Wolfango, un grande pezzo dell'indimenticato trio del caro buon vecchio CPI dei tempi che fureno. C'è c'è un tizio che fa ozio..

Se non siete ancora convinti cazzi vùa.
Ma almeno prendetevi un momento. Eccheccazzo.

venerdì 25 aprile 2008

Buon Sangue Non Mente

Tra le poche virtù di cui posso vantarmi, oltre a tirare le cose e parassitare il lavoro altrui, c'è l'allegra tendenza alla blasfemia. Ridere di (o meglio con) o ri-adattare in maniera situazionista la sacralità è un esercizio che risolleva l'animo (perlomeno il mio), nel nostro medioevo progressista. Farlo in Italia, (rinomata) colonia della Città del Vaticano, non solo è piacevole e gratificante, ma è cosa buona e giusta. Ridere del sacro è come ridere della morte, fa bene alla pelle e fa bene ai capelli.
Lasciamo stare i gruppi black metal, che hanno lo stile e l'eleganza di un calendario da meccanico, con tutto il rispetto per i calendari da meccanico. A parte The Ballad of Jesus dei Messiah in cui Gesù s-copre la sua sessualità quando confessa Let the children come to me e viene salutato nel ritornello con un coro di Jesus Pedofile.
Quella non era malaccio.
Tra le dette, le migliori sono la bestemmia preferita del padre di una mia amica, el Bepi, che recitava d'un fiato Dio Sporco Madonna Bastarda, una collana di perle degna solo del papa steso medesimo.
O anche la canzoncina Tutti i bambini con i chiodini vanno a inchiodare Gesù/vieni sul monte Calvario anche tu/vieni a inchiodare Gesù o anche Era nato nel deserto da una banda di zulù/era un figlio di puttana lo chiamavano Gesù/o Madonna non piangere perché/se c'avanzan quattro chiodi inchiodiamo pure te.
La migliore in assoluto è la battuta di Luttazzi (purtroppo non posso citarla letteralmente, ma il senso era questo) Una cosa che ho sempre voluto fare è andare da uno che si fa il segno della croce e dirgli: Pensa se l'avessero impalato.
Anche Il papa colpito da meteorite di Maurizio Cattelan non è malaccio.
Nel cinema, la scena del crocefisso ne L'esorcista ora fa un po' ridere, ma al tempo era roba grossa, mentre quella del Cattivo Tenente Harvey Keitel nella chiesa è bella blasfema e merita una pacca sulla spalla da uomini, ebbravo Abbel! Anche farselo succhiare con devozione da una suora davanti all'altare di una chiesa non è malaccio come idea, la voto come migliore atto blasfemo (seppur fizzionale) del 2007.

Mi permetto di segnalare per l'edizione 2008, senza false molestie, l'installazione I Devoti della Madonna Protetta (Los Devotos de la Virgen Protegida). Protegonisti l'ineffabile Lalù e la cugina argentina Carolina, volata da Quilmes, Buenos Aires alla calda primavera trentina per trovare una tomba col suo nome, nascosta a Salter nel cimitero dei nostri bisnonni. Per una volta l'idea blasfema non è stata mia (la prima era di impiccarla, ma il copritesta le faceva il collo taurino che, come si sa, pregiudica l'efficacia di un'impiccagione). La madonna giaceva smarza e inutilizzata in camera mia da ere. Però la brillante cugina ha dalla sua la giovinezza, cazzo. Come avevo fatto a non pensarci prima?
Dopo un bilancio di due preservativi rotti (che spero proprio di non dover rimpiangere, un giorno) e uno buono, i performer hanno completato la vestizione rituale.
Ci divertiamo con poco, in famiglia. E poi, dove potevo trovare tanta elegante virtù blasfema se non nel sangue del mio sangue?
Grazie Caro, encantado.






giovedì 27 marzo 2008

Viaggio nel Profondo

La Premiata Agenzia di Viaggi EcoArt riapre i battenti quest'anno con un'odissea fuori porta che non sarà riportata sulla LonelyPlanet. Che cazzo ce ne facciamo di scoprire il mondo, andare in Groenlandia, se non sappiamo neanche quel che c'è nella nostra valle. Si sa, che la pigrizia piglia sempre sotto casa. Domenica mattina, armati di gambe, si parte dalla Città dell'Utopia e poi si discende nell'orrido, miga paja. Si scende per prati boschi rupi fino all'Eremo di Santa Giustina. Per chi non lo sapesse, sta proprio in fondo alla gola della diga, in fondo alla forra, dove scorre il greto del fiumo. Una volta l'eremo era un punto importante sulla via dei pellegrini, tanto che Dermulo, il paese soprastante, da lui prende il nome. C'erano gli eremiti e si narrano storie evocative intorno a ciò che accadeva in fondo all'orrido, e macabre di quel che successe poi. Ce le racconteremo tutte e poi ne inventeremo delle altre.

Per maggiori info c'è il blog di EcoArt

Se la domenica mattina è troppo presto e avete intenzione di perdervi il "Viaggio nel profondo", ma siete curiosi di vedere dove stiamo andando potete godere di questo video. La via da cui scendiamo è quella comoda, non è la stessa del "Viaggio nel profondo". Se invece avete intenzione di unirvi, non guardatelo. Vi rovinereste la sorpresa.