mercoledì 8 ottobre 2008

Firma anche tu per la lingua ladina nonesa solandra eccetera, non parlerai più un vile dialetto

La lingua è un dialetto con un esercito. La lingua è una fotografia immobile (o in carrozzina) di un momento. Una volta che la scrivi si ferma lì. Pensa all'inglese, che si scrive come si parlava molto tempo fa, e adesso è una sega perché la fonetica non corrisponde più alla grafia. La lingua è mezzo di comunicazione ma anche strumento di potere. Il dialetto è il cugino di campagna della lingua: sempre un po' più indietro con le mode, ancorato al paesello e vede la lingua come quella che sa, che gli insegna la vita di città, le nuove musiche, le nuove droghe.
Il dialetto va preservato? Boh: cinicamente: tutto deve morire, a partire dai nonni, quindi muoia anche il nonno dialetto.
Ma se vogliamo preservarlo come facciamo? Il dialetto è fluido, è l'acqua del fiume, mentre la laingua, quella scritta, quella codificata, la cristallizzazione del fiume, il triste fiume d'inverno. Se preservarlo equivale ad usarlo anche a dispetto della sua connotazione negativa (dialetto=ignoranza) è presto fatto. Basta farlo: morto chi lo fa, muore (giustamente) anche il dialetto.
Se invece vogliamo preservarlo come si fa con i dialetti del potere allora dobbiamo codificarlo, ma allora quale variante di dialetto teniamo? Ad esempio, come già detto in altro post, in Val di Non uovo si dice in 7 modi diversi. Qual è l'uovo giusto? Qual è il vero nònes? Come lo dico per non sembrare uno sfigato che parla il dialetto del dialetto. Usiamo il dialetto del capoluogo? Ma se gli stessi capoluoghesi concordano il loro dialetto è il meno puro.
Mi giunge da Michele (a cui va un sentito grazie cumpà, onore al merito per lo sbattimento, ce ne fossero..) questo link per il riconoscimento della lingua nònesa.
Dotti e linguisti inscrivono la nostra parlata nella sfera della ladinità. Mio padre direbbe che no serve mia far i studi no. Io che non ne so niente non c'ho messo molto a notare che il ladino parlato assomiglia troppamente al nòneso dell'alta valle. Vuol dire che avrò più possibilità di farmi una ladina, un giorno.
Quindi io firmo. Io firmo tutte le petizioni che mi danno. Di solito l'effetto che hanno è ingrassare l'industria del riciclo della carta. Questa volta invece nessuna spesa in più per il pianeta.
Firma anche tu.

Ma a cosa serve riconoscerlo? Nessuno sa spiegare bene il perché. Una superficiale ricerca del Felix Lalù Institute of Giving Advice ha scoperto che il riconoscimento della lingua nonesa porterà infiniti benefici.
Riconoscere il noneso farà risalire lungo il torrente/fiume Noce soldoni sonanti dalla lasciva disponibilità della provincia per studiare la lingua, insegnarla eventualmente nelle scuole, far musei, doppia segnaletica, gare di poesia, composizioni musicali, tesi di laurea (in fin dei conti qualcosa potrei mungere anch'io) e magari una paginetta sul L'Adige, per sentirci ancora più autonomi (oltre ai politici, che strumentalizzeranno ineluttabilmente il prezioso lavoro del nostro Michele).
Tutte cose che volendo si possono fare senza grandi spese e senza tante celebrazioni.
Che poi la gente che lo parla non riesca a leggerlo questo è un altro discorso. Andranno edotti>>>>>>>>more and more contributi, dear mother provincia.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Ringrazio Felix per lo spazio concesso alla questione sul blog, e vorrei rilanciare la discussione
rispondendo a qualche dubbio sollevato dallo stesso, pur dalla mia posizione di semplice appassionato
totalmente autodidatta.
Per quello che riguarda le diverse peculiarità da paese a paese, sono concorde con felix della difficoltà
di trovare una lingua "unica", una sorta di nones standard che possa essere eletto come rappresentante della
favella dell'intera vallata. Se questo potrebbe sembrare un problema grosso a prima vista basta osservare come
si sono comportati nelle zone dove esistono parlate minoritarie tutelate. Se il problema della pluralità di forme
si presenta in una zona relativamente piccola come la val di Non, figuriamoci in Friuli e in Sardegna dove le varianti
locali sono tante quasi come i villaggi, ma questo non ha impedito a Friulani e Sardi di codificare le loro parlate
e di trovare una koine comune. Guardando più vicino a noi gli "amici" ladini dolomitici nella questione hanno lo stesso problema,
non solo fra le diverse vallate, ma anche all'interno della stessa. Solo in Val di Fassa esistono 3 macro aree dialettali (moenat, brach
e cazet), ma solo una viene utilizzata come biglietto da visita ufficiale del ladino fassano. Si tratta del fassano parlato in alta
valle (cazet) che mantiene maggiori tratti conservatori della parlata ladina, come il tanto famoso plurale in -s che compare ormai
molto di rado nelle altre due parlate. Differenze anche notevoli si riscontrano fra le parlate delle diverse valli. Per esempio le
parole "occhio" e "oggi" si possono trovare scritte nelle seguenti forme:

val badia: edl inco

gardena: uedl ncuei

fassa: eie anché

fodom: ogle ncuoi

ampezzano: ocio ancuoi

nones: ocel ancuei (ancuoi,ancoi,ancioi)

In questo caso ci si può domandare: qual'è il vero ladino? La risposta è tutti! Tutti sono dialetti della stessa lingua, anche se nella lingua
standardizzata ladina (ladin standard) è stata scelta la forma gardenese: uedl encuei.
Ed è facile intuire il perché non è stata scelta la forma ampezzana per esempio...

Si potrebbe discuterne per ore, ma siamo arrivati al punto in cui il lettore si starà stufando domandandosi "Cosa avrà voluto dire?".

Ebbene!Per come la vedo io, è palese che il nones dell'alta valle risulta molto più puro nelle caratteristiche ladine, nonché più rappresentativo
per la presenza di talune caratteristiche (per esempio la dittongazione in ue delle parole) e quindi si candida al primo posto per rappresentare
l'intera valle all'esterno.
Non per questo le altre varianti devono sottostare alla prima, anzi. Si potrebbe pensare alla precedenza della forma locale negli affari locali
(toponomastica, scuola, ecc..) che riguardano la zona in particolare. Che poi di zone di parlata uguale, almeno scritta, stringi stringi se
ne possono trovare anche poche (se non vogliamo fare eccessivamente i pignoli ueu l se scrio semper ueu ancia se 's dis uèu a Ciadièz e uéu a Brec',
così come molte parole tedesche - vedi fertig - che si pronunciano diverse in Baviera o ad Amburgo, ma semper todesc' l'è...)
Ma si sta correndo troppo di fantasia, purtroppo. Se un giorno forse si parlerà di tutela del linguaggio e di scuela/scuola/scola/sciola
de nones (e, perché no, la scjolå de rabies o de solander) ci si potrà confrontare su quese problematiche, che non saranno un problema così
grosso visto che il principale (id est: superare l'ostracismo provinciale e convincere le "autorità" ad inziare un percorso di tutela) sarà superato.

Anonimo ha detto...

Per non parlare della variazione temporale.
Non solo il dialetto che parlano i miei genitori è diverso da quello che parlano i miei nonni, ma mi sono accorto che anche il dialetto dei genitori si è italianizzato negli anni.
Un esempio: mi sono accorto che fino a qualche anno fa i miei chiamavano sgirlàt quello che ora definiscono come scoiàtol, oppure lài (lago) si è conformato al venetotrentinismo trasformandosi in lac'.

Unknown ha detto...

Il nones è una lingua neolatina che, come tutte le lingue del mondo, ha preso parole in prestito dalle lingue vicine. Il problema specifico dei nonesi è che la lingua a scuola la imparano poco o niente e che nel parlare così usano non poco parole italiane al posto di quelle nonese. È una prova non della presunta povertà della lingua, ma del fatto che la mancanza di insegnamento porta una comunità linguistica all'annientamento.

Felix Lalù ha detto...

grazie mille michele per le delucidazioni
tutelare è molto bene.parlare il noneso non è paragonabile, anche in termini di legame con il territorio madre, a quella dell'italiano e delle altre lingue che si possono imparare. ovviamente parlo di qualità, non di quantità. se nn posso dire computer o ti amo in dialetto mi arrangio col resto.
e il nones rischia l'annientamento. per una serie di motivi: i genitori parlano italiano ai figli, parlare ti fa sembrare un bifolco, la televisione italianizza tutto e nel mondo globale del nones non gliene incula piu a nessuno.
quindi bene che qualcuno si attivi.
io nel mio piccolo pubblico delle piccole cose qui, in dialetto, per piacere personale, per giocare con una cosa con cui di solito nn si gioca.
quello che mi chiedevo io è se è meglio un noneso parlato, sempre meno ma con varietà, fino a scomparire perche nessuno lo usa più, oppure un nones codificato che rimane nei secoli anche se nessuno lo parlerà piu comunque.
io so che melo porterò ai lombrichi. magari prima qualche canzoncina e qualche riga le scriverò, magari lo insegnerò ala mia prole italica, ma poi la messsa è finita andate in pace.
la mia domanda è: meglio lasciare il fiume scorrere e goder di quel che cè o ci stiamo incaponendo? certo secondo questo discorso non esisterebbe neanche l'odissea, e alora ho torto. ma tanto vale parlarne
quindi l'unica cosa che mi preme è che lo spirito puro della proposta di michele non diventi in mano d'altri un nuovo modo per curare i propri interessi, questo mi preme, ecco
detto questo
in bocca al lupo!