L'altra sera ho visto Anansi all'Osteria Trentina. Da solo, con chitarra e looper, a volte. Roba che tutti noi che facciamo acustico dovrebbe fare i pellegrinaggi a vederlo, raccogliere il sudore in un'ampolla e portarselo a casa. O in alternativa, imparare. Perché non è mica facile col reggae. Certo il reggae è sempre bello e il levare aiuta a tenere le palpebre ben tese ma dopo un po' diventa 'na palla insopportabile, obiettivamente. Ci vuole una dote innata intanto, ma questo non basta. Il mondo è pieno di geni che si fanno le seghe davanti alla gente. Ci vuole invece una capacità di ascolto e una curiosità per cogliere qua e là quel che piace, aggiungere, maltrattare, violentare le cose belle e già sentite. Definire solo reggae quel che fa Anansi è come dire che gli omini di Haring son solo omini. C'è tutto quello che dal reggae è nato negli ultimi trent'anni, con un po' di soul (e quella voce della madonna certo aiuta) con una vena di cantautorato alla Beck di One foot in the grave che rende tutto più variegato, meno scontato. A me viene in mente più Ben Harper, e non solo per la cover di Sexual healing. Perché non basta saper suonare, bisogna saper cosa suonare e come suonarlo, e metterci il silenzio dove ci va. Poi signori, c'è gente che fa i fighi solo perché sanno fare gli assoli di questo e quello (quando questo e quello son già passati ad altro, ovvviamente, oppure morti): passare a vent'anni dai palchi di tutta Europa e Nuova Yorke con un mostro come Roy Paci (senza fare tappa a Xfactor) e poi in un buco di Trento e mantenere l'umiltà ventenne che manca ai maturi trentaquarantenni è semplicemente esemplare.
Quindi, signori musici trentini: la prossima volta che suona in acustico ve lo andate a vedere. Dopo aver riposizionato la mandibola nell'apposita sede potete anche tornare ad annoiare gli uditori, ma stavolta senza più scusanti.
PS:
Il disco, purtroppo, non è il massimo. Molto pulito, troppo pulito, e l'omo ha da puzzà. Le canzoni sono belle, molto. Le riconosco, le ha fatte in concerto, ma non c'è paragone. E' come andare a vedere la Gioconda che è piccola e bella e va vista da vicino e invece c'è la gente di mezzo, il popolo bue col sudore misto chanel, che mette effetti e chitarrine da gruppo cover ben ogliato dove non servono e si perde l'essenza. Insomma musica fatta bene, fatta per essere il numero uno.
Ti prego, Stefano, facci un disco solo acustico, anche registrato in bagno. Non smetterei di ascoltarlo.
1 commento:
Ogni volta che mi decido di andare in giro da solo con la chitarrina a fare quello che mi pare senza troppi impedimenti e tunz tunz ricordo questo post, ricordo anansi da solo live al tilt e ricordo felix lalù live in ogni parte del mondo. Maledetti voi che avete alzato gli standard del solismo!
respect!
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