Le cose sono andate più o meno così. Era un pomeriggio di inizio
agosto, io pensavo che l'estate stesse finendo e invece sarebbe stata
ancora bella (e) lunga. Ero lì alla mostra (una sala riunioni della ex
cassa rurale adibita a spazio espositivo) a dipingere qualcosa di
estremamente sacro. Il sole entrava dalla porta quindi era pomeriggio.
Non l'ho sentito avvicinarsi, solo l'ombra in controluce all'ingresso
che veniva nella mia direzione ma a rallentatore: un passetto dietro
l'altro, e quando dico passetti intendo proprio piccoli ma piccoli passi
(tipo cinque/sette secondi per completare un metro, per capirci) fa il
suo ingresso senza esitazioni il personaggio che accompagnerà tutto il
mio agosto di vera estate nonesa: scarsezza di denti, sguardo vacuo,
farfuglio della parola.
Senza tanta vaselina chiede pennelli e una tela per dipingere, è uno che non spreca le parole. Gli dico che non ho tele, ma se vuole ho fogli di carta e una matita. Consegno il materiale. In contagioso silenzio, mentre mi faccio i cazzi miei, disegna due case (una col camino che va "perché c'è dentro gente"), tre alberi (di cui due) colle cicogne in cima e uno stormo di uccelli nel cielo. In alto a destra, l'occhio di dio. Me lo spiega, lo firma, saluta e se ne va, con la stessa media di secondi ogni metro.
La mattina seguente ritorna e chiede di nuovo di disegnare. Gli do un altro foglio e la matita. Entra la moglie (che poi scoprirò chiamarsi Rosa) trafelata, all'eterno inseguimento. Non è che è veloce negli spostamenti, ma certo imprevedibile. Continua a tracciare linee senza togliere la penna dal foglio. Rosa dice non disturbare (me). Pino dice sto disegnando. Rosa dice non è mica facile. Pino dice ma cosa dici, guarda qua, è facilissimo. Rosa mi guarda come dire è fatto così, Io la guardo come a dire così a me sta bene. Quando finisce di dimenare la matita mi chiama. Il foglio è tutto un contorcersi di linee con tre barche in mezzo. E' la tempesta, mi dice. Lo firma (e aggiunge indirizzo e numero di telefono, che ometto) e rientra nel mondo, cioè esce dalla mostra.
Il pomeriggio torna, faccio per dargli un foglio per disegnare. Lui rifiuta. M'è passata la voglia. Comincia a raccontarmi una storia. Io non gliela faccio ad ascoltare la sua storia e intanto dipingere e pensare (non sono mica una donna), allora lo stoppo subito e gli dico, ascolta Pino, fai una cosa, ti do un foglio e una penna e questa storia me la scrivi, così poi me a leggo quando posso. Pino non fa una piega, si siede e comincia a scrivere.
Da quel giorno, ogni mattina e pomeriggio Pino è venuto a scrivere una storia alla mia mostra. Lo schema è sempre lo stesso: entra-chiede foglio e penna-scrive-mi chiama quando ha finito-io la leggo-lo ringrazio-se ne va (a volte mi chiede una sigaretta (che non ho) e a volte va al bagno, prima di andarsene).
Per tutto agosto, due storie al giorno.
Le leggerete in ordine, una alla volta.
Senza tanta vaselina chiede pennelli e una tela per dipingere, è uno che non spreca le parole. Gli dico che non ho tele, ma se vuole ho fogli di carta e una matita. Consegno il materiale. In contagioso silenzio, mentre mi faccio i cazzi miei, disegna due case (una col camino che va "perché c'è dentro gente"), tre alberi (di cui due) colle cicogne in cima e uno stormo di uccelli nel cielo. In alto a destra, l'occhio di dio. Me lo spiega, lo firma, saluta e se ne va, con la stessa media di secondi ogni metro.
La mattina seguente ritorna e chiede di nuovo di disegnare. Gli do un altro foglio e la matita. Entra la moglie (che poi scoprirò chiamarsi Rosa) trafelata, all'eterno inseguimento. Non è che è veloce negli spostamenti, ma certo imprevedibile. Continua a tracciare linee senza togliere la penna dal foglio. Rosa dice non disturbare (me). Pino dice sto disegnando. Rosa dice non è mica facile. Pino dice ma cosa dici, guarda qua, è facilissimo. Rosa mi guarda come dire è fatto così, Io la guardo come a dire così a me sta bene. Quando finisce di dimenare la matita mi chiama. Il foglio è tutto un contorcersi di linee con tre barche in mezzo. E' la tempesta, mi dice. Lo firma (e aggiunge indirizzo e numero di telefono, che ometto) e rientra nel mondo, cioè esce dalla mostra.
Il pomeriggio torna, faccio per dargli un foglio per disegnare. Lui rifiuta. M'è passata la voglia. Comincia a raccontarmi una storia. Io non gliela faccio ad ascoltare la sua storia e intanto dipingere e pensare (non sono mica una donna), allora lo stoppo subito e gli dico, ascolta Pino, fai una cosa, ti do un foglio e una penna e questa storia me la scrivi, così poi me a leggo quando posso. Pino non fa una piega, si siede e comincia a scrivere.
Da quel giorno, ogni mattina e pomeriggio Pino è venuto a scrivere una storia alla mia mostra. Lo schema è sempre lo stesso: entra-chiede foglio e penna-scrive-mi chiama quando ha finito-io la leggo-lo ringrazio-se ne va (a volte mi chiede una sigaretta (che non ho) e a volte va al bagno, prima di andarsene).
Per tutto agosto, due storie al giorno.
Le leggerete in ordine, una alla volta.
Questo è Pino
Questi siamo Pino e io con vista sulla Madonna
4 commenti:
Bella PINO!
Grandissimo Pino!!
è una storia bellissima!
Posta un commento