martedì 14 giugno 2011

Un weekendo a Roma

Il weekend scorso avevo, in ordine di apparizione: da suonare a Collepietra coi gruppi bolzanini che me piacciono, da suonare a BoiArt col mio cantautore preferito e una banda di soci infuocati, da partecipare al matrimonio della mia compagna di classe delle elementari (e in Val di Non i coscritti son sacri). Niente, già da febbraio c'era a Roma sta reunion del master, con gente che arriva dal Salento, dalla Sardegna, da Londra perfino, gente che non si vede da quattro anni, festa e amarcord.
Questo è il sunto:
Tutto comincia giovedì sera, con Adios Wallenda. Delirio con Eugenio Mortale, Johnny Mox, Jollix Malibu e El Pero, improshit lunghissima, si scherza come si deve sulla storia del Brasile, è cosa buona e giusta. A notte fonda un esibizione superacustica delle Fonda Sisters per pochi intimi. C'è ruggine ma anche groove. Ormai Everithing you learned is fake and wrong si è trasformata in CopaCobaine Claudio non sembra apprezzare. Al ritmo di una reunion ogni due anni la prossima capita alla fine del mondo.
Casa, sveglia, incontro di verifica a scuola, io lì con la testa ovunque fuorchè lì, il bocia non gli suona la sveglia, quasi pacca e arriva dieci minuti prima delle dieci. Alle dieci deve andare pure lui. Casa, preparare la valigia, ricordarsi dei regali, impacchettare regali. All'ultimo chiama Paolo. La tipa dell'ultimo scartabello s'è lamentata perchè costo troppo. Dire che costa troppo a uno che s'è fatto un weekend intero (il weekend è quel giorno con dentro sabato e domenica) e le notti sul suo scartabello del cazzo fa brutto no? Decido che invece di andare a muso duro farò un'analisi di benchmarking, invio 15 mail a 15 tipografie e grafici per vedere anche i loro preventivi e così dedurre se il prezzo è giusto o c'ho torto. Si parte, di corsa, dimentico mutande, il libro di Filippo, fazzoletti e alimentatore per il cellulare. Trento-Roma sette ore, compreso che ci siam persi sul raccordo merda. Cena dai suoceri e riparo a casa di Filippo.
Sabato ci si svegla col sole nei occhi, maledetta Roma, maledetto giugno. Si mangia verdure paura cucinate da Giovanna, robe con un nome (tipo zucchine alla qualcosa che non è julienne, perchè fin li c'arrivo anch'io) e frittata. Leggo l'articolo di Vanity Fair inglese su Berlusconi (La Dolce Viagra). C'è dentro cose che conosciamo tutti, ma se le racconta un inglese è più figo. Poi uno su Justin Timberlake. E' uno che sugli autografi ai boci scrive Be Creative, lavora da quando ha 15 anni, a 30 s'è rotto il cazzo. E' comprensibile.
Si passa dalla Raffi, c'è anche Cristina: c'è un intreccio strano di quant'è piccolo il mondo che non sto qui a spiegare. La Raffi c'ha una bimba, Alice, che ci piazza un monologo paura in cui non dice sostanzialmente niente ma ci tiene in scacco per almeno venti minuti. Il sunto è che vuole creare un'opera d'arte, il femminaio. Ai poster l'ardua sentenza. Poi ci spostiamo da Nico. Dovremmo essere in venti, invece nelle ultime trentasei ore han paccato un sacco di infami, su facebook, con scuse plausibili tra l'impegno all'ultimo e la morte della nonna. Siamo in sette, e veli narro tutti brevemente. Con Nico abbiamo fatto questo, anni fa, per spiegare il margine? La sostanza delle cover? Chi si ricorda? Nico è calabbro e vive in una casetta con giardinetto e pergola che fa molto anni settanta, terrazzo incastonato nell'orizzonte delle case. Dipinge dentro le televisioni e gli schermi del pc, robe serie ma pure ironiche, con Berlusconi che consola il primo morto di mafia. Anche lui, come me, ha abbandonato il management per incapacità di adattamento. C'è Cristina, che fa robe coi boci alla Tate Modern (o quell'altra) e continua a fare i tarocchi (per me la prossima?). Elisa, che vive anche lei a Londra e lavora nei social network; m'è parso difficile intuire oltre. Elena ha appena cacciato il presidente dell'associazione in Puglia perché sto stronzo si fregava i soldi e mo' la presidente è lei. Giancarlo lavora in una fondazione che si occupa di innovazione nella tecnologia nell'educazione e chissà che cosa, ma lui vive a Trento, lo becco comunque. Anna anche lei in una fondazione, ma si occupa d'arte. Noi non abbiamo mai fatto grandi discorsi ma è sempre bello vederla. Siamo più vecchi d'un tempo. Si fanno chiacchiere come non si faceva da anni. Poi tutti a casa, in sei in un'utilitaria. Passiamo con Nico ed Elisa a casa di Filippo, che ospita me e la Fra. La sua festa di compleanno è agli sgoccioli, ho paccato pure quella e mi sarà rinfacciato fino alla morte. Una serie di professionisti del cinema che biascicano con una rebonza che forse non passerà alla storia ma verrà ricordata. Io e Nico accompagnamo Elisa nel buco del culo dell'Eur, passiamo indenni attraverso due posti di blocco con etilometro.
Casa, letto, domenica, sempre col sole nei occhi. Usciamo, facciamo colazione sotto casa, in Piazza Vittorio. C'è un portafogli per terra. Mentre ci chiediamo se raccoglierlo o no, si siede un cinese. Fa finta di niente ma lo seguo con lo sguardo della superiorità morale. Lo raccoglie da sotto la sedia, lentamente, come mettere le mani nell'alveare. Lo guardo, lui melo porge come fosse mio e gli indico di portarlo alla cassa. Entra nel bar, non ne esce più. Concludiamo che non l'ha portato alla cassa. C'è L'EuroPride, in piazza Vittorio, sembra la mattina di un rave: occhiaie, bocche impastate e caffè in bicchieri di carta (bio). Scopriamo l'esistenza del Gaydar, di cui si riparlerà in queste pagine al più presto. Camminiamo mano nella mano e tutti i culi ci guardano e ci indicano e dicono ma come osano, che scostumati, ma non hanno un minimo di decenza, in effusioni umide davanti a tutti. Ci assalgono delle checche al testosterone, ci spintonano, gridando merda vintage, scappiamo e torniamo nel rassicurante mondo etero. A casa la sfattanza ci riassale, magnamo alla spicciolata gli avanzi della cena oversize di Giovanna, la ragazza di Filippo. La Fra torna a salutare i suoi. Io passo e leggo Indignatevi!, di quel vecio francese che ha fatto la Resistenza e scritto la dichiarazione dei Diritti Umani. Peso, smuove le coscienze, ma mi sa che farà la fine di un mi piace di Facebook. Mi addormento di brutto. Mi risveglio e comincio a leggere Se niente importa (perchè mangiamo gli animali?) di Jonathan Safran Foer. E' uno studio sul mangiamento della carne, con interviste agli allevatori, dati statistici sulla pesca e sull'allevamento intensivi eccetera. L'idea che più mi piace è che per risolvere il randagismo basterebbe mangiare i cani, che stan meglio nel nostro buzzo che in cella. Io sono d'accordo, a patto che si mangi il cane degli altri.
Nel tardo pome vediamo Chiara, che ha gossip sentimentali, ci trasferiamo a Forte Fanfulla, ci sono pure Giulia, che fa la fuochista al cinema , e parliamo di videoclip, di Roy Paci e del nostro comune amico Anansi. Pierpaolo invece fa l'audio al cinema e sta finendo i premix di un progetto che mi diceva l'anno scorso. Han registrato a Città di Castello, c'era pure Benvegnù, che in studio dev'essere un delirio. In senso buono.
Poi a prendere l'indiano, saliamo in terrazza da Iuri. La terrazza è grande il doppio della casa, c'è posto per una pista di bocce, ci fosse la sabbia. Poi arriva Francesca da Cagliari, scendo a bere una birra. prendiamo un litro di Ichnusa, ovviamente. Ha votato stamattina ed è subito partita per Roma, contando di trovare la gente del master. S'ha da farle un monumento, a 'sta ragazza, come quello al governo Berlusconi. Trova solo me e Giancarlo (che nel frattempo ha pure beccato Benvegnù per strada e c'ha fatto due chiacchiere). Due è peggio di venti me meglio di zero. Ha lavorato al festival di Berchidda e ricominciato a suonare in un gruppo tipo L7. Riot grrrrrrls are not dead e questo mi consola di molte cose del mondo. Corriamo dietro ad uno degli ultimi autobus, la saluto al volo come si fa nei film. Torno in terrazza. Renato parla di horror, ci racconta di The Human Centipede. Quando arriva in una nuova città chiede sempre alla gente se sanno dove sono le armi, in caso di un attacco di zombi. E' comprensibile, meglio essere preparati all'olocausto umano. Torniamo a casa alle due con la scimmia di vedere il film più agghiacciante della storia. Lo è. Alle quattro a letto. Sveglia alle sei, è già lunedì e dobbiamo arrivare a Trento in tempo per votare. Caffè, autostrada, caffè, panino, caffè, seggio numero 35. E' la prima volta che voto fuori da Sanzeno (850 abitanti, divisi in tre frazioni). Non sapevo che in un posto ci può essere più di un seggio. Sono proprio un cugino di campagna. Sbaglio seggio, se ne accorgono. Voto quattro sì. O no? Chi si ricorda. Torno a casa, svacco, guardo A Serbian Film mentre la Fra è dal commercialista. Quando rientra guardiamo Martyrs. Fa tre horror e 600 chilometri in venti ore.

2 commenti:

ndr.brt ha detto...

anch'io prima volta che voto a trento e anch'io sbaglio seggio!
inoltre sabato anche noi eravamo a roma (a dire il vero provincia, civitavecchia per la precisione).

ti sento più vicino del solito! yoa!

Le Origini ha detto...

ecco spiegata l'assenza dal BoiArt con una scusa migliore della morte della nonna.
E per La Dolce Viagra basta che adesso non si dica che abbiamo copiato http://www.youtube.com/watch?v=0O7EIo9UEMc

Ciao, a prest