mercoledì 19 settembre 2007

Marie Antoinette

Che succede: la storia si dipana da quando Antoinette figlia d’Austria (una Kirsten Dunst bella come sempre) viene maritata a Luigi Augusto di Francia (XVI vi ricorda qualcosa?), fino alla disperata fuga da Versailles. La missione che le è stata affidata è di figliare un nuovo Luigi. Mentre a corte tutti trombano a destra e a manca (compreso il vecchio re con una procace e disponibile Asia Argento), il delfino di Francia è un appassionato di chiavistelli ma ha seri problemi con l’atto. Per metà del film non si capisce se sia gay o solo timido. Allora a MA non resta altro che godersi i suoi privilegi, strafogandosi di dolci e champagne, di scarpe, vestiti e parrucche, con questa spada di Damocle che le pende sempre sul capo (un presentimento? eheh): deve figliare assolutamente, sennò tutti a casa. Poi il re muore e lei diventa regina. Poi un giorno finalmente arriva il fratello di lei e spiega al re come funziona la cosa, qual è insomma il chiavistello giusto, lui finalmente riesce ad aprire la serratura e nasce una bambina. Compiuta una missione prioritaria (la seconda è fare anche un maculo) la regina può permettersi di ritirarsi nelle sue magioni, dividendosi equamente tra l’agricoltura e le feste pantagrueliche. Si fa anche un conte svedese, che non ha passioni per i chiavistelli e poi nasce un delfino biondo (ma tanto è bionda pure lei). Poi il re comincia a mandare gente in America e costa troppo e allora alza le tasse ma il popolo ha fame e sa che la regina si fa i festini con il ben di dio e il vino e le cosa da fumare e poi succede quel che succede.
Perché vederlo: perché la fotografia è bellissima, con colori e albe e balli e solitudini. Alcune scene sono bellissime e tutto è decadente (pure la musica, tutta più o meno new wave anni 80, a parte Strokes e una bossanova). Un film barocco e madornale, languido al punto giusto, dei silenzi tipo Last Days ma non così pesanti.
Perché non vederlo: perché è un po’ lento, in verità non succede poi molto e questa reginetta viziata fa un po’ incazzare. E manca il sangue alla fine: quello sì che avrebbe risollevato tutto, con Shwarzenegger-boia che dice Hasta la vista, baby.
Una battuta: niente battute fiche, a parte quando il principe d’Austria spiega al re di Francia come funzionano le cose lì sotto usando come metafora ai chiavistelli. Ah, un’altra cosa: in una scena in cui lei si prova montagne di scarpe appaiono delle All-Star. Un tocco situazionista., uno stiloso anacronismo.

2 commenti:

Johnny Mox ha detto...

Anche a me piace Mickey Rourke, specie dopo che la faccia gli si è gonfiata. In Sin City è un gigante

Felix Lalù ha detto...

sì, sempre più gonfio è. sin city è vero mickey, poche parole e mani mobili. se non l'hai ancora visto beccati spun. l'arte del being manz.