lunedì 31 marzo 2008

The Gabos

Nuova Yorke è come la Marilyn di Andy Warhol. Il buon vecchio Andy piglia un'immagine della diva su mille, la semplifica, la riproduce e la inzacchera. Non importa che ci siano altre mille foto di Marilyn, quella di cui ci si ricorderà (a parte quella con la gonna alzata, of course) è quella colorata nella Factory. Come è giusto che sia.
Questo è quello che succede a Nuova Yorke. Pigli qualcosa di tradizionale, lo assurgi a standard e cominci a lavorarci sopra, la colori di gioventù casuale. Quello che ti esce non è niente di nuovo, ma avrà una freschezza grezza lontana dalle fighettate della West Coast, un'essenzialità tutta nuyorka che ti farà battere il piede e gridare aùgaùga e dire è solo quel che è ma me gusta. Se lo fai in altri luoghi magari ti daranno del coglionello e copione, ma se lo fai a Nuova ti può andar di lusso. Con merito, per carità. Con le debite proporzioni, gruppi come Ramones, Velvet Underground, Strokes, The Kills fa(ceva)nno robe di gioventù d'altre ere ma non si può certo dire che le facci(eva)ano mmale.
Ieri ho scoperto i The Gabos, son due fratelli nònesi e manco li conosco, ma le loro canzoni sono come il pompelmo rosa en ai laik it, così nuyorke che è un peccato siano a Salter e non in Merica.

venerdì 28 marzo 2008

Storia di una Marchetta Annunciata

Squadra Mobile di Trento
Reparto Intercettazioni Telefoniche
Sospettato: Felix Lalù

Giovedì 27 marzo 2008
ore 15.47

FLù: Pronto
TN: Signor Lalù?
FLù: Sì, digame.
TN: Sono un dirigente di Trentino SpA, l'APT del Trentino
FLù: Sì, ho presente
TN: Le spiego. Il Trentino sta tentando di attrarre gli snoborder, siamo appena all'inizio, abbiamo fatto un paio di cosette
FLù: Sì, ho avuto modo
TN: Lei che ne pensa?

FLù: Sinceramente, il sito mi fa cagare, è finto alternativo con musica democristiana, tempi di attesa sopra la norma, e questa cagata che si rovescia. Tipico sito "pavone" fatto per molto dinero, prolisso e rococò, bello per i truzzi del web ma una gran sega per l'utente medio, ovvero quello che dovrebbe attrarre. Roba che fa venire nelle braghe il dirigente ma non certo il fillio che va in snobor. Il concerto poi, lasciamo perdere. Senza offesa eh, che me l'hai chiesto tu. Però nel sitocompa che è più vivibile c'è l'intervista al mio amico Stefano.
TN: Purtroppo Lei ha ragione, signor Lalù: i sondaggi ci dicono la stessa cosa. Proprio per questo abbiamo pensato a Lei?
FLù: Perchè?
TN: Lei è compositore no?
FLù: Sì, più o meno.
TN: Ecco, vorremmo commissionarle un brano musicale.
FLù: E?
TN: Vogliamo che lei ci produca una hit che colpisca al cuore gli snoborder. Ci metta dentro quello che vuole, ma soprattutto che piaccia gli snoborder. Deve essere ossessiva come discomusic, orecchiabile e metal, hardcore e hip hop. Magari se potesse metterci anche un po' di inglese, e un po di dialetto, che fa molto glocal. E un po' di gergo dei borders. Però stia attento, abbiamo Dellai sul collo, ci metta anche un po' di buonismo, tipo comportati bene o mettiti la canottiera.
FLù: Mettiamola così. Mi rifiuto di scrivere canzoni di tal pasta, con soldi sottratti indebitamente alla collettività.
TN: Le daremo 100mila euro
FLù: Facciamo 200mila
TN: Ok
FLù: Affare fatto. Tra tre ore vi mando il pezzo.

Giovedì 27 marzo
ore 18.59

FLù: Hei, il pezzo è pronto.
TN: Quando ha detto tre ore credevo che scherzasse.
FLù: E' che non ci voglio perdere tempo su queste cagate.
TN: Certo, immagino, l'arte per l'arte.
FLù: Esatto. La storia è presto detta. Ho rubacchiato qua e là ed è uscita la storia di uno snoborder ribbelle. Lo snoborder ribbelle esce di casa e la mamma gli chiede se ha il pullover ("vero che hai il pullover?", che canottiera non stava nella metrica). Lo snoborder, da vero ribbelle, se ne ffrega, ma giunto alla pista si accorge che la mamma aveva ragione (e qui abbiamo già accontentato Dellai). Impreca in dialetto, e pure in inglese ("che fret/l'è aussì fret/l'è aussì fret for myself"), chissà che qualche ragazzina non si svesta eccetera. Altri snoborder invece il pullover ce l'hanno ("è vero che ho il pullover"), ma il freddo punge, quindi si ghiacciano pure loro. Ma sempre un po' meno del ribelle. Poi però arrivano in cima alla montagna, e la canzone diventa sbregamudande, lo snoborder si commuove di fronte allo spettacolo della natura, e comincia invece a godere della stretta della vetta ("l'è aussì fret sto vent/l'è aussì fret sti monti"). Ma non c'è tempo per fare i romanticoni, è tempo di giochetti con l'asòt ("varda chi che trick/varda chi che trip"). Certo è freddo ma ne vale la pena e la giornata finisce in un tripudio di schitarroni, che non si sa mai, e si festeggia nell'allegria delle combriccole di snoborder. "Tiin" è il brindisi dei bicchieri che contengono alcoli, che i snoborder piace lo sballo dei beveroni, ma "varappappa" ricorda loro di mangiare quando bevono, che se no stai male, coglione.
TN: Perfetto.
FLù: Tenete conto che l'ho registrata in tre ore con voce kazù e chitarra acustica distorta, è un po' grezza e neanche a tempo probabilmente.
TN: Non c'è problema. Tra una settimana verrà Steve Albini dalla Merica e registrerete il pezzo come si deve. Poi lo lanceremo su MTV, All Music e RadioAnaunia.
FLù: Ok, lo farò sotto pseudonimo.
TN: Certo. Come preferisce chiamarsi?
FLù: La Ostia, che La Piccola Orchestra non fa di queste cose.
TN: Audace, ma anche canonico. Sapevo che Lei era la persona giusta. Dellai non potrà lamentarsi, e gli snoborder si metteranno l'adesivo dei La Ostia sulle tavole. Bene bene.
FLù: Sì, ma i soldi quando arrivano?
TN: Mi dia le sue coordinate bancarie.
FLù: Sticazzi. Li voglio in contanti, banconote da 100, in una borsa sportiva vintage. E me le porterà un pezzo di manza lasciva che sceglierò personalmente dal più rinomato bordello di Trento, quello di fronte al palazzo della Regione. Dovrebbe conoscerlo. Poi voglio essere insignito come Schuetzen onorario dell'impero austroungarico.
Ah, e, se possibile, non fatevi più sentire.
TN: Certo, come preferisce.
FLù: Certo, come preferisco.
TN: Ossequi

giovedì 27 marzo 2008

Viaggio nel Profondo

La Premiata Agenzia di Viaggi EcoArt riapre i battenti quest'anno con un'odissea fuori porta che non sarà riportata sulla LonelyPlanet. Che cazzo ce ne facciamo di scoprire il mondo, andare in Groenlandia, se non sappiamo neanche quel che c'è nella nostra valle. Si sa, che la pigrizia piglia sempre sotto casa. Domenica mattina, armati di gambe, si parte dalla Città dell'Utopia e poi si discende nell'orrido, miga paja. Si scende per prati boschi rupi fino all'Eremo di Santa Giustina. Per chi non lo sapesse, sta proprio in fondo alla gola della diga, in fondo alla forra, dove scorre il greto del fiumo. Una volta l'eremo era un punto importante sulla via dei pellegrini, tanto che Dermulo, il paese soprastante, da lui prende il nome. C'erano gli eremiti e si narrano storie evocative intorno a ciò che accadeva in fondo all'orrido, e macabre di quel che successe poi. Ce le racconteremo tutte e poi ne inventeremo delle altre.

Per maggiori info c'è il blog di EcoArt

Se la domenica mattina è troppo presto e avete intenzione di perdervi il "Viaggio nel profondo", ma siete curiosi di vedere dove stiamo andando potete godere di questo video. La via da cui scendiamo è quella comoda, non è la stessa del "Viaggio nel profondo". Se invece avete intenzione di unirvi, non guardatelo. Vi rovinereste la sorpresa.

giovedì 20 marzo 2008

La danza dell'atomizatore

Un paio di settimane si era con Tommaso (@ Yo Production) a Villamontagna a casa del compare Enrico (@ Laboratorio sul Moderno) e Silvia, unica portatrice nella stanza del gene dell'avvenenza. Succede quella sera che si dice eh sì è primavera, e in primavera in Val di Non c'è un animale che esce dal letargo.
E' l'atomizzatore, che in questi giorni comincia la sua danza (che finirà in ottobre, se dio vuole). La danza dell'atomizzatore è la coreografia amorosa che il contadino noneso esegue con indefessa costanza per guadagnarsi le procaci grazie della natura nonesa. La danza ha la tipica forma a fungo vaporoso e i regalini che sparge a manciate generose hanno nomi strani come Delan, Captano, Pirimor, Zelig, Oscar. Questi regalini sono così salubri che l'etichetta, attraverso sobri simboli arancioni, avvisa (ma solo per precauzione) che è meglio non ingerire, inalare, e neanche toccare.
Spuntano spesso, in Val di Non, i funghetti bianchi dei contadini, per la gioia dei passanti e la bestemmie dei ciclisti. Si dice che in Val di Non ci sia il più alto tasso di tumori dell'arco alpino. Morti defunti, mica falde acquifere. Non male, per una salubre valle di montagna. Tommaso racconta di gente che si è sbattuta e ha raccolto firme e ha chiesto alla provincia di monitorare la qualità dell'aria in Val di Non. La provincia ha detto sì sì, e poi non se n'è fatto un cazzo.

Allora ci siamo detti che sarebbe bello documentare questa danza, far un bel videoclip dei funghetti bianchi. Miga per fare el Bruno della situazione, tanto per vedere quel che ne salta fuori.

Nel giro di qualche giorno allora si sono organizzate queste due cose, in collaborazione con la Yo Production di Cles e la preziosa collaborazione di Bruno e Roberto su noivaldinon.com:
1. abbiamo aperto un forum (si chiama Mal di Non: la stagione dei veleni), per vedere chessidice (a chi non è iscritto a noivaldinon.com, che lo faccia, please, è affare di pochi attimi);
2. abbiamo lanciato un concorso chiamato "Aca Slongiada" (leggi qui) per un'opera collettiva, un video che documenti la danza degli atomizzatori. Tutti possono partecipare, girando qualche video amatoriale con la digitale. Se per fine aprile ci sarà abbastanza materiale ne ricaveremo un videoclip, o un videodocumentario.

A chi sia interessato chiediamo di partecipare, sia al forum, che vogliamo l'opinione di tutti, sia al concorso, che se lo sbattimento è massivo si possono fare cose buone: l'auspicio è che la gente faccia, invece di lamentarsi continuamente.
Siamo curiosi di vedere quello che salterà fuori.

mercoledì 19 marzo 2008

I sunti vol.5: Pensieri e parole di Roberto Castelli, ministro della Giustizia ai tempi di Bolzaneto

Come giudica la requisitoria dei pm di Genova?
"C'è un equivoco di fondo. Su Bolzaneto si scontrano due tesi: nella prima c'è il black out della democrazia e l'Italia trasformata nel Cile di Pinochet; nella seconda, in cui credo e che corrisponde a risultati della commissione d'inchiesta del Dap, la stragrande maggioranza della polizia penitenziaria ha fatto il suo dovere, ma ci sono stati singoli abusi repressi dai presenti".
Non è una tesi minimalista?
"E perché? Dico che un abuso c'è stato. Ma leggendo alcune frasi dei pm si capisce che in loro c'è la missione salvifica per far trionfare lo stato dei diritti. Questo li ha portati fuori strada perché confondono singoli episodi e li interpretano come il frutto di un disegno preordinato non si sa chi"
Invece di criticare i violenti attacca i pm?
"La storia italiana è piena di pm che sostengono tesi rivelatesi fasulle. Il loro non è oro colato".
A Bolzaneto non furono sospesi i diritti umani?
"Lo nego. Alcuni fatti sono stati equivocati dagli imputati. Come la perquisizione corporale che è prevista dal regolamento. Chi denuncia le flessioni non sa che è solo un sistema tecnico per evitare ricerche più intrusive. Non c'è umiliazione per puro sadismo".
Chi mise gli arrestati nella posizione del cigno applicava la legge?
"Neanche a me sembrò normale e chiesi perché venisse fatto. Mi fu data una risposta strana, per evitare che i ragazzi toccassero le ragazze. Rimasi perplesso. Dalla commissione emerse che fu necessario per separare gli immatricolati dagli altri. Deciderà il giudice se stare in piedi quattro ore vuol dire sospendere i diritti".
Per lei è normale?
"I metalmeccanici stanno in piedi otto ore al giorno e non si sentono umiliati e offesi".
Perché si precipitò a Genova? Vide gli abusi? A caldo negò pestaggi "sistematici e preordinati".
"E li nego tuttora. Ero a casa e seppi dell'assalto a Marassi. Ritenni mio dovere stare vicino ai miei uomini. Non ero solo. La visita a Bolzaneto fu decisa al momento. Parlai con un fermato, ma non mi disse nulla".
Contesta la tortura organizzata?
"Non sono Dio e non posso negare a prescindere. Ma vedo singoli episodi da punire e perseguire".
Donne tenute nude, gente costretta a gridare "viva il duce"...

"Fatti gravissimi, ma singoli".
E la testimonianza di un agente pentito?
"Gli episodi sono sempre gli stessi: dita divaricate, il piercing strappato, la ragazza fatta uscire in slip e reggiseno in corridoio, quello obbligato a cantare Faccetta nera. Raddoppiamo pure i casi, ma non superiamo la decina. Tre giorni di emergenza, qualche singolo che perde la testa e va punito. Il resto sono palle giornalistiche".
Perché, da ministro, non ha cacciato quei singoli?
"Prima di rovinare la vita di qualcuno bisogna aspettare i risultati del processo. Sono convinto che emergerà la verità".

lunedì 17 marzo 2008

Teatro degli Orrori + Linea77 @ Mezzana (TN), ovvero un paio di notizzuole per Mamma Provincia

Sabato sono stato rapito dagli eventi e trasportato direttamente a Mezzana, in condizioni discutibili. Mai visto un concerto peggiore. Il Teatro degli Orrori è la cosa italiana per cui batte il mio cuor, in italiano niente era così grezzo ma importante dai tempi dei Marlene di Catartica: mai un nome fu così azzeccato (vedi video esplicativo), un concerto sanguigno e sanamente abominevole ma mortificato dall'acustica tipo grotta di Altamira, che tutto dev'essere immaginato, filtrato dalla pozzanghera sonora. Neanche in una sala prove di 2x3 metri con il crash dietro le orecchie si poteva sentir peggio.
Per quanto riguarda i Linea77 parto dal presupposto che dopo il granfalò dei RATM il crossover ha latitato nell'offrire materia grassa e i Linea (come li chiama chi li rispetta, ovvero i miei amici giovani eccitati come amici giovani, manco ci fossero delle sedicenti sedicenni nude e accoglienti) non si sbattono tanto per sconfermarmi. Il concerto è stato come un coito al GrandeFratello: corto, bolso, monotono e nella posizione della missionaria (applaudite per carità, se no a MTV si offendono).

Questo concerto è stato il primo organizzato da Mamma Provincia (tramite Trentino SpA) nell'ambigua speranza di attirare gli snowboarder, noti latori di portafoglio rigonfio. Dico ambigua perché, oltre a questa campagna per attirare un crogiuolo di ubriaconi e sconvolti (nel senso buono, ma vera verità, confermata da studi sociologici avanzati), Mamma Provincia è lanciata nella crociata per sconfiggere la piaga sociale chiamata alcol (con mezzi lontani dalla coerenza). Per questo all'interno del concerto non si potevano acquistare bevande nè bere. Il risultato? Affari d'oro per il bar sopra il palazzetto, affari d'oro per il supermercato vicino, sovraffollamento all'esterno (di certo non scoraggiato dall'acustica merda) e una rinata sensibilità per il fai da te, con bauli rigonfi di casse di birra e grande condivisione.

Cara Provincia, è inutile lavarsene le mani con metodi così vili, è inutile spendere vagonate di dolleri per chiamare i gruppi alternativi, ostentare la mascherina cool come uno snoborder milanese e poi cadere alla prima curva, con miseria metropolitana ma attrezzatura vecchia di pochi dì.
Cara Provincia, impara some gira il mondo: fai pagare il biglietto, prevedi anche dei ricavi magari (dando liquidi agli assetati e panini agli affamati, per denaro), fai informazione vera sull'alcol (magari in questo modo), non stigmatizzazione democristiana, piglia i soldi che ti avanzano e usali per attività con meno risonanza e più lungimiranza. So che è difficile, che con questa cagata ci avete pure fatto bella figura.
Sarebbe bello se per una volta ci provaste.
Nella vana speranza di una de-democristianizzazione,
Porgo distinti salumi

giovedì 13 marzo 2008

Guardare troppo Pasolini fa male

Gli aguzzini di Bolzaneto, colpevoli di efferatezze alle quali anche che i figli di Satana avevano preferito l'omicidio, si sono difesi sostenendo che tutto fosse una performance organizzata dal Museo di Arte Contemporanea di Genova. In occasione dell'anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, un artista con finto accento tedesco e baffetti da Charlot ha proposto, per una considerevole somma di denaro, una parodia dei sistemi di tortuna della Cia, il tutto per dimostrarne l'inutile viltà. Gli agenti sono stati imbottiti con pere di Walker Texas Ranger e Beautiful, e lasciati liberi di esprimere le tecniche apprese per un intero weekend su comparse prezzolate e provenienti, per l'occasione, da tutto il mondo. Gli agenti erano stati istruiti ad ignorare le reazioni delle comparse, a loro volta istruite ad esagerarle per l'efficacia della fiction. Il diktat era: concentrarsi sulla peformance! L'arte per l'arte, perdìo!.
Indagini ulteriori hanno evidenziato che buona parte degli agenti aveva anche studiato a casa, organizzando proiezioni domestiche di Salò, ovvero le 120 giornate di Sodoma, il peggior film che Pier Paolo Pasolini abbia mai girato, un film che al confronto la Passione di Cristo è una commedia sentimentale, una cosa peggio del grindmetal.
Stormi di attivisti dell'Associazione dei Genitori (cugina della PMRC di Tipper Gore), indignati per la cattiva influenza dell'opera di Pasolini sugli innocenti agenti di Bolzaneto, si sono riversati nelle piazze italiane (le stime della Polizia dicono che fossero "veramente tanti"), bruciando videocassette de "La ricotta", con slogan quali "Basta con la violenza gratuita", "I registi culi vanno sodomizzati", "Pasolini in prigione" e "Ammazzatelo di botte".
Il tutto si è risolto con una assoluzione plenaria perché, recita la sentenza "la passione per l'arte è un valore che va sostenuto e condiviso".

Di seguito un sunto della performance di Bolzaneto (qui l'articolo originale di Giuseppe D'Avanzo):

A una donna, che protesta e non vuole firmare, è mostrata la foto dei figli. Le viene detto: "Allora, non li vuoi vedere tanto presto...". A un'altra che invoca i suoi diritti, le tagliano ciocche di capelli. Anche H. T. chiede l'avvocato. Minacciano di "tagliarle la gola". M. D. si ritrova di fronte un agente della sua città. Le parla in dialetto. Le chiede dove abita. Le dice: "Vengo a trovarti, sai". Poi, si è accompagnati in infermeria dove i medici devono accertare se i detenuti hanno o meno bisogno di cure ospedaliere. In un angolo si è, prima, perquisiti - gli oggetti strappati via a forza, gettati in terra - e denudati dopo. Nudi, si è costretti a fare delle flessioni "per accertare la presenza di oggetti nelle cavità". È saltato fuori durante il processo che la polizia penitenziaria ha un gergo per definire le "posizioni vessatorie di stazionamento o di attesa". La "posizione del cigno" - in piedi, gambe divaricate, braccia alzate, faccia al muro - è inflitta nel cortile per ore, nel caldo di quei giorni, nell'attesa di poter entrare "alla matricola". Superati gli scalini dell'atrio, bisogna ancora attendere nelle celle e nella palestra con varianti della "posizione" peggiori, se possibile. In ginocchio contro il muro con i polsi ammanettati con laccetti dietro la schiena o nella "posizione della ballerina", in punta di piedi. Nelle celle, tutti sono picchiati. Manganellate ai fianchi. Schiaffi alla testa. La testa spinta contro il muro. Tutti sono insultati: alle donne gridato "entro stasera vi scoperemo tutte"; agli uomini, "sei un gay o un comunista?" Altri sono stati costretti a latrare come cani o ragliare come asini; a urlare: "viva il duce", "viva la polizia penitenziaria". C'è chi viene picchiato con stracci bagnati; chi sui genitali con un salame, mentre steso sulla schiena è costretto a tenere le gambe aperte e in alto: G. ne ricaverà un "trauma testicolare". C'è chi subisce lo spruzzo del gas urticante-asfissiante. Chi patisce lo spappolamento della milza. A. D. arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare nella "posizione della ballerina". Lo picchiano con manganello. Gli fratturano le costole. Sviene. Quando ritorna in sé e si lamenta, lo minacciano "di rompergli anche l'altro piede". Poi, gli innaffiano il viso con gas urticante mentre gli gridano. "Comunista di merda". C'è chi ricorda un ragazzo poliomielitico che implora gli aguzzini di "non picchiarlo sulla gamba buona". I. M. T. lo arrestano alla Diaz. Gli viene messo in testa un berrettino con una falce e un pene al posto del martello. Ogni volta che prova a toglierselo, lo picchiano. B. B. è in piedi. Gli sbattono la testa contro la grata della finestra. Lo denudano. Gli ordinano di fare dieci flessioni e intanto, mentre lo picchiano ancora, un carabiniere gli grida: "Ti piace il manganello, vuoi provarne uno?". S. D. lo percuotono "con strizzate ai testicoli e colpi ai piedi". A. F. viene schiacciata contro un muro. Le gridano: "Troia, devi fare pompini a tutti", "Ora vi portiamo nei furgoni e vi stupriamo tutte". S. P. viene condotto in un'altra stanza, deserta. Lo costringono a denudarsi. Lo mettono in posizione fetale e, da questa posizione, lo obbligano a fare una trentina di salti mentre due agenti della polizia penitenziaria lo schiaffeggiano. J. H. viene picchiato e insultato con sgambetti e sputi nel corridoio. Alla perquisizione, è costretto a spogliarsi nudo e "a sollevare il pene mostrandolo agli agenti seduti alla scrivania". J. S., lo ustionano con un accendino. Ogni trasferimento ha la sua "posizione vessatoria di transito", con la testa schiacciata verso il basso, in alcuni casi con la pressione degli agenti sulla testa, o camminando curvi con le mani tese dietro la schiena. Il passaggio nel corridoio è un supplizio, una forca caudina. C'è un doppia fila di divise grigio-verdi e blu. Si viene percossi, minacciati. In infermeria i detenuti sono spogliati. Le donne sono costrette a restare a lungo nude dinanzi a cinque, sei agenti della polizia penitenziaria. Dinanzi a loro, sghignazzanti, si svolgono tutte le operazioni. Umilianti. Ricorda il pubblico ministero: "I piercing venivano rimossi in maniera brutale. Una ragazza è stata costretta a rimuovere il suo piercing vaginale con le mestruazioni dinanzi a quattro, cinque persone". Durante la visita si sprecano le battute offensive, le risate, gli scherni. P. B., operaio di Brescia, lo minacciano di sodomizzazione. Durante la perquisizione gli trovano un preservativo. Gli dicono: "E che te ne fai, tanto i comunisti sono tutti froci". Poi un'agente donna gli si avvicina e gli dice: "È carino però, me lo farei". Le donne, in infermeria, sono costrette a restare nude per un tempo superiore al necessario e obbligate a girare su se stesse per tre o quattro volte. Il peggio avviene nell'unico bagno con cesso alla turca, trasformato in sala di tortura e terrore. La porta del cubicolo è aperta e i prigionieri devono sbrigare i bisogni dinanzi all'accompagnatore. Che sono spesso più d'uno e ne approfittano per "divertirsi" un po'. Umiliano i malcapitati, le malcapitate. Alcune donne hanno bisogno di assorbenti. Per tutta risposta viene lanciata della carta da giornale appallottolata. M., una donna avanti con gli anni, strappa una maglietta, "arrangiandosi così". A. K. ha una mascella rotta. L'accompagnano in bagno. Mentre è accovacciata, la spingono in terra. E. P. viene percossa nel breve tragitto nel corridoio, dalla cella al bagno, dopo che le hanno chiesto "se è incinta". Nel bagno, la insultano ("troia", "puttana"), le schiacciano la testa nel cesso, le dicono: "Che bel culo che hai", "Ti piace il manganello". Chi è nello stanzone osserva il ritorno di chi è stato in bagno. Tutti piangono, alcuni hanno ferite che prima non avevano. Molti rinunciano allora a chiedere di poter raggiungere il cesso. Se la fanno sotto, lì, nelle celle, nella palestra. Saranno però picchiati in infermeria perché "puzzano" dinanzi a medici che non muovono un'obiezione. Anche il medico che dirige le operazioni il venerdì è stato "strattonato e spinto". Il giorno dopo, per farsi riconoscere, arriva con il pantalone della mimetica, la maglietta della polizia penitenziaria, la pistola nella cintura, gli anfibi ai piedi, guanti di pelle nera con cui farà poi il suo lavoro liquidando i prigionieri visitati con "questo è pronto per la gabbia". Nel suo lavoro, come gli altri, non indosserà mai il camice bianco. È il medico che organizza una personale collezione di "trofei" con gli oggetti strappati ai "prigionieri": monili, anelli, orecchini, "indumenti particolari". È il medico che deve curare L. K. A L. K. hanno spruzzato sul viso del gas urticante. Vomita sangue. Sviene. Rinviene sul lettino con la maschera ad ossigeno. Stanno preparando un'iniezione. Chiede: "Che cos'è?". Il medico risponde: "Non ti fidi di me? E allora vai a morire in cella!". G. A. si stava facendo medicare al San Martino le ferite riportate in via Tolemaide quando lo trasferiscono a Bolzaneto. All'arrivo, lo picchiano contro un muretto. Gli agenti sono adrenalinici. Dicono che c'è un carabiniere morto. Un poliziotto gli prende allora la mano. Ne divarica le dita con due mani. Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due "fino all'osso". G. A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza anestesia. G. A. ha molto dolore. Chiede "qualcosa". Gli danno uno straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare.

I fatti ricostruiti dal dibattimento, però, non sono più controversi. Sono accertati, documentati, provati.

Agli agenti di Bolzaneto dovrebbero fare un monumento. Un monumento alla passione per l'arte.
Che sia di esempio per i nostri figli.
E per i figli dei nostri figli.
E per i figli dei figli dei nostri figli.

martedì 11 marzo 2008

Zapatero Vive! La Leche Sigue!

La prima volta che salì Zapatero in Spagna ero lì. Non è che la gente volesse necessariamente la sinistra. E' che la gente era stufa si Aznar, ma non tanto dei baffetti da sfigato. Tutti erano contro la guerra in Iraq e Aznar ce li aveva portati, come qualche altro suo compare, con conseguenze drammatiche. Poi c'era stata la minchiata Prestige: una petroliera bucata sulle coste della Galizia che, invece di essere portata a riva e circoscritta, era stata portata in mare aperto, dove si era aperta come un tronky per poi inabissarsi come uno stronzo di quelli tosti. In fondo al mare aveva continuato a zampillare gaiamente petrolio come un petomane nella vasca. Di giorno si pulivano le spiagge, e di notte si inchiostravano di nuovo. La gente non gradì, e lo mandarono a casa.
Zapatero fece un governo light, pochi ministeri, tante donne, unioni di fatto subito e una serie di manovre che gli attirarono - perdio! - gli anatemi dei prelati.
Questa volta invece pare l'abbiano scelto non come male minore, ma per il lavoro svolto.
Chissà che un giorno non riconfermiono qualcuno anche in Italia.

sabato 8 marzo 2008

Ce n'era bisogno?

Dopo GrandeFratello
Dopo GrandeFratello meets Titanic aka L'isola dei famosi
Dopo GrandeFratello meets Il ragazzo di campagna aka La Fattoria
Dopo GrandeFratello meets Holly e Benji aka Campioni
Dopo GrandeFratello meets Sono appezzi non mi pigliano più manco a Sanremo aka Music Farm
Dopo GrandeFratello meets Non è che voglio imparare a cantare/ballare, mi basta fare la TV aka Amici (fu Saranno Famosi)
arriva XFactor

Ce n'era bisogno? Ce n'è sempre bisogno.
Si potrebbe obiettare che anche Elisa è stata scoperta al Karaoke. Ma c'era veramente bisogno di Elisa.
Io preferivo la versione originale, La Corrida, almeno lì tutto era alla luce del sole. Beccavi dei disgraziati veramente talentuosi. Ai disgraziati non davano false speranze, glielo dicevano in faccia, quanto facevano pena, e ci si faceva una risata tutti insieme. Era quasi un rito catartico, La Corrida. Si rideva grassamente di loro ma anche con loro, e alla fine gli si dava una pacca sulle spalle e tutti a casa, che con le risate si è guadagnato un giorno di vita.
Della gente di XFactor invece non si può che ridere di loro, per quanto sul serio la prendono.
E intanto nei campi non vanga più nessuno.

giovedì 6 marzo 2008

Colpa d'Alfredo

A volte la vita riserva sorprese. Uno si distrae un attimo, si perde un paio di cose e il gioco è fatto. Ritrovare il bandolo è un impresa. Ho seguito Vivere per un po', lo guardavo con mia madre e facevo più o meno quel che faceva la Gialappa's. E poi, rispetto alle altre telenovele, mi sembrava la più plausibile, la meno incredibile. A parte la tipa che dopo essere riapparsa dal mare in Francia con la classica amnesia, aveva le visioni premonitrici, sparitele improvvisamente dopo un po'. Era un po' che non lo vedevo. Beh hanno cambiato quasi tutto. E' rimasto il lago di Como, che poi girano in Piemonte. Per il resto, un'ecatombe. Fuori tutti, son rimasti solo i Bonelli, che gestiscono bar, ristorante e hotel in due, e le cui splendide figlie sono ormai sparse per il mondo, almeno finchè non ne salterà fuori una che si erano dimenticati. E Alfio Gherardi. E Rebecca, la bionda dagli occhi bicolori. Scomparso Edoardo Costa, intravisto come mercenario in DieHard4. Scomparso Vincenzo, lo sbirro molisano. Scomparso raul Monteleone, la mascella del secolo. Scomparsa Irene, la figlia laureata senza mai aver aperto un libro. Scomparso Robberto, il medico dalle ortopediche azzurre. Scomparsa Adriana, la procace figlia di Alfio, con la sua bimba sfigata. Scomparsa un'altra che c'era da poco e manco mi ricordo il nome. La gente nuova è assortita come dev'essere: un paio di sbirri, un supermilionario con figlie fighe, una buona e una malvagia, una mamma ricomparsa dalla protezione testimoni. Ce n'è per tutte le eventualità.
Il tifoso del Milan questa cosa se la sogna. A parte i due pischelli con la saudade, si terrà i moribondi ancora per un po', a trascinare per il campo il nome blasonato impresso sulla gobba.
I produttori di candeline ormai si son piazzati a Milanello, che si fanno affari d'oro. Non quanto davanti all'ospizio dei ricchi, il Parlamento, ma non si può pretendere.

martedì 4 marzo 2008

L'era de tè è finita

Letteralmente, la de-generazione è l'abbandono delle pratiche geneticamente predisposte, quelle che portiamo inscritte dentro di noi, quelle che hanno permesso ai nostri antenati di sopravvivere e procreare, in un modo o nell'altro, fino al nostro concepimento. L'odore della merda non è così disgustoso per le mosche, sennò starebbero lì tutto il tempo a vomitare. Per noi invece lo è. Lo è semplicemente perché giocando con la merda muori e se muori non fai figli. Da questo devo dedurre che i miei antenati non ci hanno mai giocato, o perlomeno non così tanto da morire di infezione da merda, o perlomeno non prima di spargere il seme.
Mio zio dice sempre che Il mondo è bello perché è avariato. E torto non ha. Nel mondo animalo l'uomo è il campione delle piccole degenerazioni: si automutila coi piercing, si colora la pelle bucandola, cammina su pericolosi trampoli chiamati scarpe col tacco e così via. Ma queste sono cose (quasi) innocue, e culturalmente accettate. Ma alle degenerazioni non cè limite, altrimenti l'industria cinematografica sarebbe morta e sepolta da mò. In questo infatti momento nel mondo c'è un signorotto normale e rispettabile chiuso in una sontuosa stanza d'albergo con un gran pezzo di manza orientale con gli occhi di due colori diversi, affittato per l'occasione. Dopo uno sforzo in posizione da sumo la ragazza gli porge due bigoli marroni su un piatto di ceramica fiorato. Lui prende il piatto, lo annusa e ne mangia avidamente. Come tutti sanno le feci impastano la bocca e bisogna berci dietro qualcosa. L'uomo era solito usare il tampax: dopo averne succiato il prezioso nettare ne faceva un infuso. Ne usciva un infuso color porpora molto dissetante, oltre che bellissimo. Ma oggi è un giorno speciale. Il suo comune ha distribuito Mooncup, la zonta che conta, un bicchierino da grappa accolto come una rivoluzione. Dopo anni di succhia e infusa, finalmente può bere il prodotto direttamente al produttore.
D'ora in poi il suo cicchetto non glielo leva nessuno.


Thanx to Zage@Mu per la dritta.

lunedì 3 marzo 2008

Scuela de Nònes #1: Eser

Quando il mondo sarà controllato dai nònesi dovrete stare attenti a non lasciar trasparire le vostre origini fureste, ovvero non-nonese, o perlomeno capire e non proferir verbo, perché la sciabola nònesa non lascierà scampo (o almeno così recita il piano segreto).

Ma partiamo dalla base, il verbo comunemente noto al mondo italo come essere, che da noi, inaspettatamente, si dice universalmente èser.


Participio Presente
Il noneso non contempla il participio presente perché diciamoci la verità, cazzo serve?
Dimenticare.
Diffidate da chi lo usa. Potrebbe esser un non-nòneso. O, peggio, potrebbe essere
un tranello, per saggiare la vostra nonesità.


Participio Passato
sta'
(femm. stada, plurale stadi)
Non viene mai usato da solo. Dimenticare.
Diffidate da chi lo usa. Potrebbe esser un non-nòneso. O, peggio, potrebbe essere un tranello, per saggiare la vostra nonesità.


Gerundio presente
Esèndo
Usato molto raramente. Dimenticare.
Diffidate da chi lo usa. Potrebbe esser un non-nòneso. O, peggio, potrebbe essere un tranello, per saggiare la vostra nonesità.


Gerundio passato
Esèndo stà

esendo sta 'n 'n guèra, el sa tut el.
essendo stato in guerra, crede di sapere tutto.


Indicativo presente
mi son
ti es
el l'è
noi sen
voi seu/sè (some ausiliare)

lori i è

Per i orbi no l'è mai dì.
Per i ciechi non è mai giorno


Imperfetto
mi eri
ti eres
el l'era
noi eren
voi ereu

lori i era

L'era en pòr laor
Era un porigramo
Can che eri sota soldà...
Durante il serivizio militare...


Passato prossimo
mi son stà
ti es stà
el l'è stà
noi sen stadi
voi Seu stadi

lori i è stadi

Son sta' n tanta mona.
Sono stato lontano
'ndo seu stadi pò?
Dove siete stati?



Futuro semplice
mi sarai
ti saràstus
el el sarà
noi sarén
voi sarèu

lori i sarà

Can che saréu vecli ancia voi...
(serie di disgrazie)
Quando sarete vecchi anche voi...


Condizionale presente
mi saruèsi
tu saruèstus
el el saruès
noi saruèsen
voi saruèseu
lori i saruès


Congiuntivo presente
mi fùsite
ti fustùs
el el fus
noi fusen
voi fùseu/fudéstus
lori i fus

Se fùstus ci, saruestus miz ancia ti.
Se fossi qui, anche tu saresti fradicio.


Come inizio mi sembra abbastanza.
Esercitatevi, la fine delle civiltà altre è vicina.