venerdì 31 ottobre 2008

El dia que vino Juan Saliquet

La vita è così. Ogni tanto esce la matta, a sconvolgere la mano.
Qualche settimana fa, durante la raccolta delle mele in Val di Non c'è uno fermo davanti al magazzino delle mele. Mi ferma con accento spagnolo e mi chiede se mi serve aiuto. Racimolo il mio castellano e gli rispondo a modino. Si chiama Juan, è madrilegno, ha superato la trentina da qualche primavera e cerca lavoro. Gli dico è dura, quelli dell'est ci fanno il culo a tutti noi latini, su e giù pei piòli. E a me mi serve nessuno dico, che noi si raccoglie in quattro, ma se vuoi c'è mia sòrrata lì al baracchino dove passano i campesinos che ti può mette na bbella parola. Gli dico chao, che in spagnolo si usa solo per accomiatarsi, que tengas suerte tio! Trova lavoro al mio paese. A fine raccolta incontra Rupi, un catalano che vive in Val di Non, che lo imbìta a casa sua. Juan defatica qualche giorno nell'unico pezzo di Spagna in valle. Un giorno gli racconta che ha conosciuto uno di Casez, con la barba, che parla spagnolo. Rupi tira fuori una mia foto e mi chiama. Il giorno dopo, ieri l'altro, Juan scende a Trento. Piove abbestia e lo porto con me all'agenzia delle entrate. Facciamo due chiacchie, scopro che è artista, dipinge. A Madrid non si vende granchè, dice, ha deciso di fare la raccolta per poi farsi un giro. Il Mantegna a Mantova, Firenze, forse Roma. Mi racconta della sua esperienza con le mele: il tipo l'ha fatto lavorare come un negro e l'ha pure pagato poco, bestemmiandogli dietro quanto basta e avanza. Però Juan è contento, la raccolta gli ha risvegliato le mani. Ha imparato la tecnica di raccogliere tre mele alla volta con la stessa mano. Io gli dico bella scoperta zio, qui i bambini lo imparano alla catechesi, ma lui è fiero, e ne ha ben donde. Alla fine l'ha pure ringraziato nonostante tutto, il capo stronzo. Rupi gli ha detto che sono musico, salendo in ascensore mi dice che gli piace cantare, improvvisare. Io gli faccio de puta madre hombre. Mangiamo un pasto italiano all'ora italiana e poi vediamo cheffare. Il tempo è veramente merda, piove come se dio avesse scoperto che c'è Divina candidato. Gli faccio dai proviamo a cantare qualcosa, è intimidito, allora tiriamo fuori la boccia di Jerez Fundaciòn che Demis ha portato per le registrazioni di She's in a coma. Ce n'è ancora tre quarti. Juan ha una voce della madonna e lo stile soulfunky che non t'aspetti da uno spagnuolo, lo piazzi lì a cantare e non si ferma più. Facciamo la base, canta qualcosa, poi ricanta qualcos'altro senza sentire la voce di prima e al finàl rimezcliamo tutto per vedere quello che salta fuori. Canto alla cieca, sperimentazione. Juan è così preso dalla cosa che fatta una canzone non ho neanche il tempo di salvare le tracce che mi incalza, versandomi chupiti ambrati di fuoco. Ci fermiamo solo cinque minuti quando stormi di uccelli neri spennellano il cielo come un buon effetto della DreamWorks, robe che è bello non lavorare così riesci a vederle e dan gusto alla vita. Alla fine della boccia lo Studio La Ostia ospita otto dico otto nuove tracce.

LA OSTIA
Registrazioni Artigianali

è lieta di presentare:

JUAN SALIQUET y FELIX LALU'
LA TECNICA DE LAS TRES MANZANAS

(2008 - LaOstia°°2)

Juan Saliquet y Felix Lal� - La tecnica de las tres manzanas





Magari più avanti la metto da scaricare. Per ora ascoltatevela qui.

sabato 25 ottobre 2008

She's in a coma feat. Wice e Demis

Continuano le registrazioni del primo long playing de La Piccola Orchestra Felix Lalù. Il titolo è ancora in via di definizione: dopo il postmoderno AgroGroove e l'ambiguo Hai lasciato la porca aperta, il titolo provvisorio attuale è l'eretico Lalù c'ha dio in panchina, ma non è da escludere un'altra dozzina prima del definitivo. D'altronde manca poco, le registrazioni son quasi finite.
La cosa si è presto trasfomata in un Pavarotti & Friendz per magri. Non che escludiamo gli obesi, semplicemente nascondiamo le torte della nonna.
In questo video potete vedere i compari Wice (The Bastard Sons of Dioniso) e Demis (Absinth Effect), strappati alle rispettive e cazzute band per un duetto inedito, calati nell'accogliente atmosfera domestica del LA OSTIA STUDIO con una gustosa boccia di jerez e chiamati ad inventare un testo sulla base martellante di "She's in a coma".

martedì 21 ottobre 2008

Al ritmo di dio

Ti è mai capitato di sentirti solo mentre preghi?
E di recitare i misteri gaudiosi al posto di quelli dolorosi?
Senti che la tua litania non segue il vero ritmo di dio?
Il rosario classico ti sfugge dalle mani sudate?
Sei senza dita e non riesci sgranarlo?

Problema risolto cumpà. E' arrivato il Rosario Elettronico con cuffie!

Il Rosario Elettronico con cuffie, prodotto in Italia dalla ditta PREX, è un innovativo apparecchio di dimensioni ridotte, comodo e portatile.
Dotato di cuffie e tracolla, il santo rosario è recitato da una voce femminile e da un coro di persone che risponde.

Il rosario digitale PREX dispone di un pulsante per selezionare il giorno della settimana desiderato, ciascuno con i suoi misteri. Semplicissimo da utilizzare, il rosario elettronico può essere ascoltato come riflessione oppure si può rispondere alle Ave Maria come di consueto.
Per tutti, il rosario digitale è utile per chi viaggia, per chi vuole pregare in movimento (auto, treno,aereo, ecc.) ed è consigliato per anziani o ammalati.

Compralo qui


Grazie a Elena per la segnalazione

lunedì 13 ottobre 2008

Giorgio va pian, che l'è en vedro

Quando Lupin sta per morire Zenigata va in para e cerca in tutti i modi di salvarlo. Perché? Perchè non si può vivere senza la propria nemesi. Perché il gioco è nell'eterna lotta delle parti. Perchè anche quelli che odi sono un punto di riferimento. Cosa farebbe Tex in un mondo senza cattivi? Probabilmente si consegnerebbe al bricolage, ma questo non c'entra.
Se le rockstar muoiono è lo stesso, ci risparmieranno le cagate bolse della vecchiaia Quando invece sono gli stronzi a mancare per un attimo il mondo sembra più bello e giusto, poi invece scopri che è un peccato, perché vederli invecchiare ha un che di macabro e piacevole.
E poi con questi succede sempre che appena da morti son beatificati. Se in fondo questi leader dellìodio sono uomini con contraddizioni e scarti improvvisi e una vita vera, le loro versioni beate e santificate diventano oltremodo pericolose in mano alla folla sconsiderata e becera e in balia di delfini senza coglioni e spesso sfigati, allo sciacallaggio di una leadership grassa e vacante.
Mentre vedere Bossi post-ictus che parla con metà corpo è meglio che vederlo glorificato, Haider che si schianta andando a manetta come un James Dean crucco e xenofobo lo farà solo finire più in fretta sulle t-shirt commemorative.
Io non me la perdo.

giovedì 9 ottobre 2008

Blog Action Day 2008: Poverty

Il mondo si rivolta come un calzino. A WallStreet dove cagano i soldi dal culo l'han fatta fuori dal vaso, guadagnando vendendo i debiti della gente. Un paradosso? Un controsenso? Vai a dirlo agli autisti negri delle limusine, che adesso portano i turisti ugandesi in risciò per due nichelini. Niente paura cumpà, la Merica ci mette la pezzona.
Ma hey, non è mica abbastanza signori.

Il Felix Lalù Institute of Giving Advices ha preparato un piano di salvataggio.
L'occasione è il Blog Action Day 2008, che ha come tema la Povertà.


Blog Action Day 2008 Poverty from Blog Action Day on Vimeo.

Ormai i soldi sono out. Ormai i vucumprà, i senzatetto e gli zingari sono poveri obsoleti. Ci hanno già provato ad aiutarli, e non funziona. I precari sono troppi, non vale la pena. I ricchi sono i nuovi poveri. I brocker i nuovi hobo. Bisogna tornare ai cari buoni vecchi aiuti umanitari.
Hai una bottiglia di champagne avanzata dall'ultimo capodanno? Un barattolino di caviale che serbavi per la visita del capo? Tua moglie ha una pelliccia avanzata dagli anni 80? Un bambino negro adottato in Vietnam che non puoi più mantenere?
Combatti la nuova povertà! Invia questi beni di prima necessità ai nuovi poveri. Il Felix Lalù Institute of Giving Advices glieli consegnerà all'attico sotto il ponte di Brooklyn.
Un nostro collaboratore a progetto passerà sotto casa vostra il 15 ottobre a ritirare la merce. Fatelo pure aspettare, tanto non lo paghiamo a ore, eheh.

Prenotatevi qui sotto: scrivete cosa potete donare! Anche un misero Swatch Rolex può fare la differenza.

mercoledì 8 ottobre 2008

Firma anche tu per la lingua ladina nonesa solandra eccetera, non parlerai più un vile dialetto

La lingua è un dialetto con un esercito. La lingua è una fotografia immobile (o in carrozzina) di un momento. Una volta che la scrivi si ferma lì. Pensa all'inglese, che si scrive come si parlava molto tempo fa, e adesso è una sega perché la fonetica non corrisponde più alla grafia. La lingua è mezzo di comunicazione ma anche strumento di potere. Il dialetto è il cugino di campagna della lingua: sempre un po' più indietro con le mode, ancorato al paesello e vede la lingua come quella che sa, che gli insegna la vita di città, le nuove musiche, le nuove droghe.
Il dialetto va preservato? Boh: cinicamente: tutto deve morire, a partire dai nonni, quindi muoia anche il nonno dialetto.
Ma se vogliamo preservarlo come facciamo? Il dialetto è fluido, è l'acqua del fiume, mentre la laingua, quella scritta, quella codificata, la cristallizzazione del fiume, il triste fiume d'inverno. Se preservarlo equivale ad usarlo anche a dispetto della sua connotazione negativa (dialetto=ignoranza) è presto fatto. Basta farlo: morto chi lo fa, muore (giustamente) anche il dialetto.
Se invece vogliamo preservarlo come si fa con i dialetti del potere allora dobbiamo codificarlo, ma allora quale variante di dialetto teniamo? Ad esempio, come già detto in altro post, in Val di Non uovo si dice in 7 modi diversi. Qual è l'uovo giusto? Qual è il vero nònes? Come lo dico per non sembrare uno sfigato che parla il dialetto del dialetto. Usiamo il dialetto del capoluogo? Ma se gli stessi capoluoghesi concordano il loro dialetto è il meno puro.
Mi giunge da Michele (a cui va un sentito grazie cumpà, onore al merito per lo sbattimento, ce ne fossero..) questo link per il riconoscimento della lingua nònesa.
Dotti e linguisti inscrivono la nostra parlata nella sfera della ladinità. Mio padre direbbe che no serve mia far i studi no. Io che non ne so niente non c'ho messo molto a notare che il ladino parlato assomiglia troppamente al nòneso dell'alta valle. Vuol dire che avrò più possibilità di farmi una ladina, un giorno.
Quindi io firmo. Io firmo tutte le petizioni che mi danno. Di solito l'effetto che hanno è ingrassare l'industria del riciclo della carta. Questa volta invece nessuna spesa in più per il pianeta.
Firma anche tu.

Ma a cosa serve riconoscerlo? Nessuno sa spiegare bene il perché. Una superficiale ricerca del Felix Lalù Institute of Giving Advice ha scoperto che il riconoscimento della lingua nonesa porterà infiniti benefici.
Riconoscere il noneso farà risalire lungo il torrente/fiume Noce soldoni sonanti dalla lasciva disponibilità della provincia per studiare la lingua, insegnarla eventualmente nelle scuole, far musei, doppia segnaletica, gare di poesia, composizioni musicali, tesi di laurea (in fin dei conti qualcosa potrei mungere anch'io) e magari una paginetta sul L'Adige, per sentirci ancora più autonomi (oltre ai politici, che strumentalizzeranno ineluttabilmente il prezioso lavoro del nostro Michele).
Tutte cose che volendo si possono fare senza grandi spese e senza tante celebrazioni.
Che poi la gente che lo parla non riesca a leggerlo questo è un altro discorso. Andranno edotti>>>>>>>>more and more contributi, dear mother provincia.

martedì 7 ottobre 2008

I sunti vol.7: ecco spiegato l'arcano di "Sono della Val di Non"

«È entrata subito nell'orecchio della gente che ci ascolta ai tendoni durante le feste paesane, ci è stato chiesto di inciderla per ascoltarla in automobile». La «Valium» ha dunque «ingaggiato» l'assessore provinciale Franco Panizza (compaesano di Portolan) come manager. Panizza ha contattato i vertici della Cassa Rurale di Tuenno Val di Non e l'Azienda di promozione turistica: «Perché non produrre dei dvd per promuovere la valle a livello nazionale?» «Non chiediamo alcun compenso - illustra Portolan, che di professione è agricoltore -, per noi l'importante è che il singolo venga distribuito il più possibile, in maniera gratuita poiché le spese sono coperte dagli sponsor. Ma l'obiettivo più ambizioso è far diventare «Io sono della Val di Non» la canzone che accompagna la promozione della valle resa famosa dalle mele. «La mia idea, che ho condiviso con l'Apt - svela Panizza - è di stampare dvd con percorsi cicloturistici ed enogastronomici che potrebbero diventare più interessanti agli occhi dei turisti, se accompagnati dal video musicale in cui tra l'altro si possono ammirare le bellezze storiche e naturali».
(L'Adige, 15/12/2007)

Vedi articolo originale

Grazie Igor Portolan
Grazie Valium Band
Grazie Franco Panizza
Grazie APT Val di Non

La Val di Non tutta ringrazzia

lunedì 6 ottobre 2008

Il pendolarismo dei puttanieri

Sabato davanti ad un locale solandro un tipo ava del suo Mercedes decappottabile e di come ha fatto tranquillamente il passo del Tonale un giorno che nevicava di brutto, tornando da Bergamo. Si era recato nella ridente cittadina lombarda in cerca di compagnia, letteralmente "a troie, o mejo al night".
Si dice dei puttanieri che abbiano una forte propensione al pendolarismo, per via del controllo sociale. Uno di Verona viene a Trento (e viceversa) così almeno non rischia che il collega o l'amico o peggio, il vicino di casa, lo becchi con le mani nella marmellata. Quindi donne e buoi dei paesi tuoi ma troie dei paesi suoi.
Si parla tanto dell'impronta ecologica, di camion che viaggiano vuoti e di quanto incidano sul riscaldamento globale. ma nessuno ha mai pensato ai puttanieri. Questi si fanno i chilometri solo per pocciare e tornare indietro, anche se la qualità delle professioniste autoctone è presumibilmente la stessa.
Come ovviare a questa fuga di capitale verso l'esterno? In che modo convincere gli indigeni a godere delle puttane nostrane (ancorchè straniere) in modo da non inquinare il pianeta?
Il Felix Lalù Institute of Giving Advices stavolta non ha nulla da proporre. Son cazzi loro. E anche nostri. E poi qui sui monti io non sputerei tanto sopra al riscaldamento globale, col freddo che fa.