sabato 1 settembre 2007

viaggio senza viaggio

qualche estate fa ormai, mi capita di incontrare un’amica di scuola. mi confida con eccitazione di aver sviluppato un certo interesse per la montagna. a me non sembra il tipo da scarponi e sudore ma rimango piacevolmente colpito dalla notizia. mi piace andar per boschi, respirare l’aria buona, stare al contatto con la natura, dice, volevo anche andare sul viòz. il viòz è una cima ambita e godibile, ma dura. niente di massacrante, ma non propriamente andar per boschi. già me la vedo, intrepida a sfidare i camosci con lo scarpone firmato e lo zaino scamosciato. così ho chiesto quanto costa. quanto costa cosa, faccio io. salire con l’elicottero, aggiunge. eccolo, il brusco ritorno alla realtà, intuito ma non per questo atteso. ma costa troppo. salire una cima in elicottero, o meglio farsi sacco inerte di una macchina per riuscirci è una delle cose più tristi cui si possa pensare. è come nascere imparato. il bello di un’ascesa è la salita, quella perversa tensione che ti tiene lo sguardo verso l’alto, l’acquolina della cima. quando arrivi in cima non puoi far nient’altro che scendere, insegna mauro corona.

allo stesso modo mi sembrano oggi i viaggi in aereo. esistono due punti, quello di partenza e quello di arrivo, e in mezzo il nulla. a meno che si consideri “viaggio” il sorvolare paesaggi della grandezza percepita di un presepe, quando non di un modellino. tutto quello che c’è tra i due punti, semplicemente, non esiste. come possiamo ancora chiamare viaggio qualcosa che non ne ha più le caratteristiche, monco della via, senza il gusto della vita sulla via. in verità il viaggio moderno è più simile al teletrasporto di star trek che al viaggio propriamente detto. e questo lo dico senza vena alcuna di nostalgia (o di nostalgismo). solo chiamiamo le cose col loro nome. chiamiamola villeggiatura, non viaggio. per jack kerouac, il viaggiatore moderno per eccellenza, l’andare è sempre stato il massimo della gioia, l’arrivare il massimo della noia. e questo lo diceva uno che a a quarant’ anni viveva ancora con la mamma.

3 commenti:

Roberto&Roberta ha detto...

la maggior parte della gente passa tutta la vita tentando di restare a galla aspettando qualcuno capace di camminare sulle acque...
fortuna che siamo nati in montagna.
viva il vioz.

gvdr ha detto...

purtroppo se non è l'elicottero è il sentiero facile. anedottica scarponara:
dopo 12 ore sul vajo dei cavaj per raggiungere cima fraccaroli partendo da fondovalle e perdendosi numerose volte a causa della nebbia e della cartina del 1970 si dovrebbe avere il diritto di trovare un rifugio deserto. Per soli uomini (o donne) d'alpe e virtuosamente irrobbbustiti nella italica forza scarpinara.
E non orde di vecchietti che in 40 minuti a passo di mummia si sono accaparrati li posti miliori per dugar a scopon.

ma nella vita non v'è ricompensa alcuna per chi sceglie la via più difficile, se non la puzza di sudore.

Felix Lalù ha detto...

parole sante frateli
sante subito!!