sabato 1 settembre 2007

kebab vs. kebab

La carne che riempie i kebab viene da un tronco di cono rovesciato impalato su un asse verticale e rotante su se stesso. Come la terra esso gira su se stesso per essere riscaldato omogeneamente dalla fonte di calore che gli sta a lato. Questo tronco di cono è composto da una pila di sottili strati di carne, unti e sfrigolanti. Mi sono sempre figurato i preparatori musulmani che dispongono una sopra l’altra queste irregolari solette d’agnello fino a conseguire il risultato desiderato, precisi come amanuensi. Da questi coni il taglio verticale con il rasoio da kebab produce dei coriandoli d’agnello che si sciolgono in bocca e che rendono il kebab, con una giusta quantità di verdure e di salse (ma senza cipolla) la mia schifezza salata preferita.
Ora la proliferazione del kebab ha prodotto questa nuova pasta di kebab, omogenea e compatta, fatta probabilmente di macinato d’agnello, che ha tutta l’aria di essere superindustriale. Le rasoiate producono scaglie di kebab, a volte anche grandi come una moneta. A livello di gusto il multistrato di kebab batte abbondantemente il truciolato di kebab. Immaginate l’altra sera come mi sono sentito quando, al dòner kebab alì babà, sulle rive della Mosa, affamato come un normale galeazzi, mi hanno presentato un kebab composto per l’ottantacinque per cento di carne del tipo truciolato, insapore come suole, con una piccola fonda di cetriolo e salse. È stata una tristezza, ecco.

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