sabato 1 dicembre 2007

Nes-tiè (nel senso del gesto dell'ombrello)

Contro le multinazionali c'è poco da fare, dicono. L'unica soluzione è boicottare. Smettere di comprare i prodotti di quell'azienda farà capire al megaorganismo senza coscienza ma fatto di uomini che non si fa, e questo renderà il mondo migliore. Sembra plausibile.
La Nestlè vende preservativi farciti di aids in Africa e mette le bucce di banana sui sentieri dove le donne trasportano otri con venti litri di acqua? Ma non ti ricordi? Da quando i nemici non sono più gli stati ma le multinazionali che controllano gli stati non sei più un cittadino incazzato, sei un consumatore incazzato. L'unica forma di protesta ormai è boicottare.
Allora boicotto la Nestlè, boicotto tutto quello che la Nestlè produce, come altre migliaia di persone mi scarico la lista delle aziende di cui Nestlè è proprietaria, ci metto una mezzoretta a leggerla tutta, e poi decido di boicottarne solo alcune, poi ci penso meglio e ne boicooto solo una. Prendo quella che mi suona più vicina. Boicotto l'Acqua Pejo, non perchè i suoi tir rendono la strada tra la Val di Non e la Val di Sole un calvario ai 40 orari ma perché la Pejo, a quanto dicono una delle migliori in Italia, ha le mani sporche di sangue e lo fa nel nome mio. Mi sbatto e convinco tutti a farlo, tanto che nessuno la beve più. La Pejo fallisce e la Nestlè torna a casa con la coda tra le gambe. Ora non mi resta che farlo con tutti gli altri prodotti. Nel frattempo però il padre del mio compare B. (che chiameremo per comodità Gianna), che lavora alla Pejo da una vita, viene licenziato e rimane a piedi.
Risultato: la Nestlè perde lo 0,001 % del suo fatturato e il padre del mio amico perde il 100% del suo stipendio.
Applicando questo discorso al resto del mondo, grazie all'azione prode di tanti me nel resto del mondo, alla fine la Nestlè fallisce e muore. I dipendenti di alto livello sfruttano la loro esperienza mutlinazionale e trovano lavoro in qualche altro posto e gli operai semplici ci rimettono il lavoro.
Ora a me va anche bene, ma io lo sapevo che il padre di B. lavorava lì, e per un capriccio di buona parte del mondo (manifestatosi da queste parti attraverso il mio verbo) io l'ho fatto licenziare. Bell'amico del cazzo.
E' un discorso del cazzo? Dovrei preoccuparmi di tutti invece che inseguire i miei egoismi? Andate voi a casa di B. adesso, a dirgli com'è meglio il mondo ora.
La questione è che tutto mi pare controverso.
Manifesto la mia contrarietà di consumatore non consumando. Infliggo alla mia anima questa deprivazione. Ma deprivarsi di qualcosa che non è di per sè utile è poi così deprivante?
A volte penso che quello che ho fatto l'ho fatto per sentirmi parte-del-tutto e non solo parte-di-quella-parte-del-tutto-con-i-dineri?
Mi sono lavato la coscienza dei bambini aids e quelli che muoiono di sete e di latte macchiato pur continuando con un regime di una doccia al giorno con prodotti altamente chimici, e lasciando scorrere l'acqua mentre mi lavo i denti, alla faccia dei miei corrispettivi del terzo mondo Ndonghe, Moputu, JeanBaptiste, CheiWei, Jesus e un'altra quarantina di disgraziati con la pelle variamente colorata (ma mediamente più scura della mia) e le pance gonfie (ma non di cibo), a cui sotraggo indebitamente risorse e speranza di un futuro migliore attraverso la mia partecipazione al mercato globale.
Non so resistere alla Viennetta. E alle MnMs.
Non sono poi tanto diverso dalla Nestlè alla fine.
Vizioso e ingordo, ma bisogna negare, negare sempre, anche l'evidenza.

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