Inauguro questa rubrica dedicata ai personaggi ingiustamente dimenticati o sottovalutati della nostra epoca, quelli che prima di mollare il colpo hanno dato un gran daffare al pubblico decoro.
Il buon vecchio Vasco non è che sia sottovalutato, anzi. Semplicemente quello che ha fatto di meglio è stato soverchiato da quello che più ha venduto. Vasco non è sempre stato il borioso e bollito ex sconvolto di oggi, che si può permettere di presentare pezzi incredibili e altri incredibilmente bolsi. (Qualche neurone è rimasto, e rimane pur sempre meglio di tutto il povero cosiddetto rock italiano. la concorrenza è peggio di lui e si fanno cose meglie e degne di nota nel pop italiano che nel rock dovrebbe dar da pensare, veramente, sullo stato delle cose.) In ogni caso, c'è stato un periodo in cui il nostro era veramente uno grosso. Un grosso borioso bollito e sconvolto che faceva il deejay vizioso e gli andava di lusso e poi muore il babbo e deve far più soldi, e allora appende i dischi al chiodo e con un altro chiodo comincia ad inciderli, cosa proficua e pure liberatoria e bella, che gli fa scrivere pezzi che raccontano storie, fatte di mozzichi di dialoghi, con minuzie impressioniste sui personaggi e gli oggetti e squarci di sfondi alla Paolo Conte, pezzi tanto ironici, scanzonati ma incisivi alla Rino Gaetano quanto incazzati, borioso e saccenti alla Frankie Hi-Nrg. Robe pesanti. Miga voglio possederti sulla poltrona di casa mia. Possiamo vederlo come una sorta di tributo pre-mortem.
La prima canzone è la mia preferita in assoluto credo, quella che più mi colpì quando avevo 11 anni e che ancora oggi rimane tra le migliori. Una sequenza filmica di una rapina qualunque in un paesino della bassa padana. Il tutto si svolge in un negozietto, il commerciante si lamenta ma l'uomo del pane non lo caga di striscio e se ne va italico e noncurante. appare la vecchia, che aspetta da un quarto d'ora e si lamenta come una che avrebbe qualcosa da fare, e chiede un etto e mezzo di prosciutto e un po' di cipolline (e ancora cipolline). Il commerciante la intorta abbondantemente sul prezzo, e fingendo di non avere il resto le propina anche quattrocento caramelle (in cartone? no, sciolte). Una rivalsa in piccolo in una penombra ordinaria. D Amarcord si passa a Pulp Fiction. Nel giro di un attimo il commerciante si ritrova senza dineri e la vecchia cade e le cade addosso tutto lo scaffale (dei regali di natale). Dissolvenza, arriva la polizia, con calma. Tutti se ne battono la ciolla, gli sbirri fanno gli sbirri, ma all'italiana, domande inconclusive e lungaggini linguistiche e operative di chi, evidentemente, ha poco da fare. Iperboli surreali ma fin troppo plausibili. Oltre al danno la beffa sì, si potrebbe dire, ma nessuno dei personaggi è senza peccato.
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