La Piccola Orchestra Felix Lalú é un progetto solista molto lo-fi e naif che ha cominciato a registrare cose nell'inverno tra il 2005 e il 2006, utilizzando un portatile, un microfonino da computer che il compare Roberto mi ha prestato nel lontano 1997 e non gli ho piú reso, e un programma che a detta del magnifico Findut Poteidone é tra i piú smarzi in circolazione.
Gli strumenti usati sono principalmente voce, chitarra classica e kazú. Conditi da battimani, bastone della pioggia, megafono, bicchieri, piedi di capra andina, fischi e fischietti piú altri strumentini stupidi.
L'evento scatenante é stata una assurda settimana che passammo con Anna e Carlitos in una fattoria nelle campagne intorno Granada, dove vittavamo e alloggiavamo con altri 5-6 ragazzi da tutto mondo in cambio di bassa manovalanza contadina e pastorizia (nel nostro caso: piantar pali, mungere capre, fare formaggio e foraggiare i porci). Proprio in questo luogo stava pure un gioviale giovine toscano di Lucca, Gabriele, che, oltre a non comprendere perché un vegetariano non mangia la carbonara se gli togli la pancetta, voleva assolutamente imparare a suonare la chitarra. Allora Carlitos, giá a diciott'anni pregevolissimo chitarrista metal convertito al latinjazz e alle jam session di Madrid, decide di insegnargli la cosa piú semplice del mondo. Non sto parlando di Smoke on the water o Come as you are. Quello è già il livello1. Il livello 0 è semplicemente tenere un ritmo. Così gli insegna il giro di I shot the sheriff, u-ccia ú-ccia u-ccia ú-ccia, due accordi in levare e via, e lo lascia da solo ad esercitarsi. Senonché, mentre noi ci perdiamo a guardare TeleCerdo, un reality show ambientato nel porcile della fattoria, questo passa i pomeriggi mortificando l'ameno paesaggio andaluso con lo stesso giro, come un comico di Zelig. Il problema é che nonostante tutto Carlitos deve ri-insegnarglielo ogni giorno e il nostro, semplicemente, non-ce-la-fa. E non facendocela ci fa una testa tanta. Il risultato é che quando torno a casa qualche settimana dopo ho ancora in testa il giro di Robert Nesta e i preziosi insegnamenti che il maestro Leál Valladares ha dato a un povero inetto, tanto per cominciare. Piglio la chitarra smarza dei miei 14 anni, quella che non ho mai imparato a suonare degnamente, e riprendo il giro, per scoprire poco dopo l'acqua calda, rapito da un'epifania dell'ovvio: qualunque canzone, anche la piú triste, fatta con quel ritmo, diventa frizzante e giuliva. Comincio a usarlo su tutto, dalle canzoni vecchie dei Piccolo Male Puro ai Nirvana alle canzoni degli alpini, e il risultato é
La Piccola Orchestra Felix Lalú
bringin fun to the world
bringin fun to the world
La prima canzone della Piccola Orchestra é quella che, per cosí dire, segna la svolta. Anna mi dice che faccio sempre canzoni tristi. Sul momento mi pare strano, anche perché le ultime degli ormai defunti Piccolo Male Puro era sí stoner, ma materiale baldanzoso e ritmevole. Quindi lì per lì incasso ma non colgo. Poi mi rendo conto che ha raggione, porchiddio. Poi non ci penso più. Poi una notte, mentre torno a casa torto da una serata in via SS. Gervasio e Protasio comincio a canticchiare questa cosa. La mattina dopo Mirilasso è pronta, la cosa piú allegra mai scritta (da me), una canzone sull'amore e sull'ozio.
Godersela
Godersela
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