Inverno. Mentre le piante dormono, in Val di Non e nel resto del mondo è tempo di potatura. Particolare caso in cui la componente estetica (la pianta folta sembra selvaggia) e quella sanitaria (la pianta folta rischia più malattie) coincidono con quella economica (la pianta rende di più). Mi spiego meglio. Il ramo è un convogliatore, di energie, che dal centro vanno verso il cielo e viceversa. Prendiamo un ramo di tre anni ad esempio. Il ramo tende ad allungarsi, allontanandosi così da tronco (il centro) e disperdendo le energie. Spaventato dall'allontanamento del figlio nascono svariati rametti vicini tra loro, che disperdono ancora di più le energie senza fruttare niente di buono.
A questo punto l'unica soluzione è detronizzare il re bolso con i suoi tirapiedi inutili e passare lo scettro al più promettente dei suoi delfini. Scegliamo un ramo di un anno, forte abbastanza da sostenere il peso del dovere, ma finora inibito dalla presenza del gran capo. Tagliamo la testa al re e incoroniamo il ramo nuovo. Le energie così si ridistribuiscono con equilibrio, il nuovo ramo principale è più vicino al tronco e crescerà più forte e fruttoso, con gioia del ramo, tronco, della frutta a venire e del circondario tutto.
Al di là delle considerazioni di tipo politico che questa attività solleva(la nostra casta gerontocratica), dall'arte della potatura ho tratto un insegnamento di quelli che sono così ovvia che mi pare di dire una cazzata: nella vita, per crescere più forti non c'è scelta, devi fare un passo indietro, ché senza rincorsa non vai da nessuna parte.
Non che sia facile farlo, ma come diceva il padre del compare Sergi hay cosas que un hombre tiene que hacer, y las hace tranquilamente.
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