- passare più ore nel bosco e meno al computer (e già mi sto smentendo, in questo momento non sono certo nel bosco, vabbè)
- giocare di più (diciamo scacchi e morra, ma anche poker e biliardo non sarebbe male)
- fare qualche balla di vin rosso in più (quest'anno non ho dato granché)
- mangiare meglio, e regolare, che mi accorgo sempre piú di quanto influisca sull'umore e quelle cose che paiono non collegate ma lo sono, segretamente; evitare le schifezze , o trovarne di meno schifose e meno chimiche per la chimica (eheh, sono un giocoliere della parola)
- scoprire almeno tre gruppi veramente fighi
- incazzarmi di meno ma anche preoccuparmi di meno
- godermi un po' di più il sale della vita, anche detti gli amici
- vedere più concerti di gruppi fighi, magari vedere per l'ennesima volta Paolo Conte, prima che muoia come un vero jazzista
- evitare la tv ma soprattutto di parlarne
- continuare a cagare regolarmente
- tra le varie identitá, acquisire e a pieno titolo quella di O'lele Dechadiez Boo, ovvero diventare finalmente il quarto Supercane, e preparare uno spettacolo con i controcoglionazzi
- fare qualche canzone con la Piccola Orchestra, e coinvolgare altra ggente. Si tratta pur sempre di un'orchestra (tra queste, registrare, Il bambino di Taiwan, hit di protesta pronta da un paio d'anni ormai ma impolverata sugli scaffali della vita. Non vorrei mai che nel frattempo la produzione di palloni per i quali servono piccole dita passi ai macchinari, altrimenti la canzone di protesta diventerebbe obsoleta, e non sarebbe il caso)
- indignarmi di più per le irrisolvibili ingiustizie del mondo, mantenendo una sobria dose di cinismo (diciamo più Che Guevara e meno dr. House)
- chiamare a casa, ogni tanto
- tentare di essere pagato per qualcosa di soddisfacente (che non sia l'artigianato)
- essere più pronto con le risposte taglienti (ovvero tentare di concepirle sul momento e non dopo) con chi se le merita. chiamiamolo social work autocompiaciuto
- guardare tutti i film in lingua originale (e chi tira fuori la stronzata che in Italia abbiamo buoni doppiatori lo sputo)
- tornare in Spagna, o andare in Grecia. Un accurato affanculo con ispezione anale al Nord Europa e ai posti freddi dove non si parli dialetto stretto
- mangiare carne umana, possibilmente senza uccidere o ferire nessuno (potrei introdurmi nel mondo degli obitori)
- imparare un po' di saggezza da chiunque, specialmente da chi saggio non è o non sembra
lunedì 31 dicembre 2007
mercoledì 26 dicembre 2007
Un mare qualunque
Seconda uscita della serie gonfia di autocompiacimento dedicata alle canzoni della
Piccola Orchestra. Siamo partiti dalla prima, e ora passiamo direttamente all'ultima.
Trattasi di una instant song che parla di un mare qualunque, o meglio di come un montanaro può vivere il mare, che con il deserto è paradossalmente la cosa più simile alle montagne al mondo, quelle cose che ti si parano davanti in tutta mastodontica maestosità e ti ricordano di quanto tu uomo sei solo caccola verdognola nel naso adunco del mondo.
Sensazione fastidiosa come la melodia della canzone. Sensazione fastidiosa ma necessaria.
Piccola Orchestra. Siamo partiti dalla prima, e ora passiamo direttamente all'ultima.
Trattasi di una instant song che parla di un mare qualunque, o meglio di come un montanaro può vivere il mare, che con il deserto è paradossalmente la cosa più simile alle montagne al mondo, quelle cose che ti si parano davanti in tutta mastodontica maestosità e ti ricordano di quanto tu uomo sei solo caccola verdognola nel naso adunco del mondo.
Sensazione fastidiosa come la melodia della canzone. Sensazione fastidiosa ma necessaria.
domenica 23 dicembre 2007
Un Caravan carico carico di
Natale è tempo di revival. Tutti fanno speciali di Natale, da Chi vuol essere milionario alla santa messa. Rispuntano Una poltrona per due e Asterix e Obelix, spopolano le greatest hits di chiunque abbia calcato i palchi negli ultimi secoli.
Per questo Natale Felix Lalù, amante del riciclo e quindi delle cover tutte, riesuma dall'armadio una cosa vecchiotta, una versione di 7 minuti di uno dei più importanti standard del jazz, Caravan di Duke Ellington (o meglio del suo trombonista portoricano Juan Tizol ma resa famosa dal Duque), un greatest hits natalizio della stessa canzone con ben 27 versioni. Quasi un secolo di musica, dal 1929 al 2007.
Una sega dite? Non è un problema mio.
Per questo Natale Felix Lalù, amante del riciclo e quindi delle cover tutte, riesuma dall'armadio una cosa vecchiotta, una versione di 7 minuti di uno dei più importanti standard del jazz, Caravan di Duke Ellington (o meglio del suo trombonista portoricano Juan Tizol ma resa famosa dal Duque), un greatest hits natalizio della stessa canzone con ben 27 versioni. Quasi un secolo di musica, dal 1929 al 2007.
Una sega dite? Non è un problema mio.
martedì 18 dicembre 2007
John V
John McLane è l'eroe che combatteva i terroristi in un periodo il terrorismo non aveva ancora toccato la Merica.
Comincia al Nakatomi Palace, dove sbaraglia una banda di terroristi tedeschi che prendono in ostaggio la festa aziendale di natale. Che poi terroristi non sono perchè il vero obiettivo è ilcaveau fornitissimo di bond argentini della multinazionale giapponese.
Nel secondo episodio i terroristi sono sudamericani e prendono in ostaggio un aeroporto per liberare il noto attore Franco Nero. che essi ritengono il loro capo carismatico recentemente incarcerato e di passaggio all'aeroporto.
Nel terzo il fratellino piccolo del primo terrorista, prende in ostaggio una scuola elementare di Nuova Yorke, una delle 52, e nel frattempo tenta di rubare l'oro di Wall Street.
Nel quarto uno che ha disegnato i sistemi di sicurezza dello stato si prende male e attacca informaticamente, paralizzando e terrotizzando l'America tutta.
La sequenza dei territori di intervento in cui John McLane ha salvato capra e cavoli, attraverso un salutare spargimento di plasma, è:
- un palazzo di Los Angeles
- l'aeroporto di JFK New York
- Wall treet e New York
- essi stessi medesimi, gli Stati Uniti d'America tutti
Come possiamo vedere anche questa serie segue il Sacro Decalogo del Sequel del Film d'Azione, che può essere sinteticamente presentato attraverso un'espressione bisillabica di facile comprensione DI PIU'. Ogni volta un paso di più verso l'impossibile, anche verso il ridicolo a volte, tentando di superare la barriera dell'ultima americanata.
Dove arriverà John McLane? Dove lo porterà la sua celata smania di sbirro buono?
Quale sarà il prossimo passo? Dopo essere caduto dall'ala di un caccia, da dove può cadere? Quali saranno i suoi prossimi nemici? Chi può salvare? La Cina non vale, John McLane non sa insultare in cinese. Dev'essere necessariamente il mondo. La prossima sarà il mondo. O sarà uno di quei sequel cumulativi delle serie alla frutta, tipo Alien vs. Predator o Freddie vs. Jason?
Questi erano i miei dubbi, e le mie speranze. Questo fino a ieri. I fratelli Warner hanno infatti annunciato che nel prossimo episodio non solo il nostro salverà nientemeno che il mondo interno, in linea con il Sacro Decalogo, ma questa volta non sarà contro anonimi terroristi di cui la gente non noterà la mancanza. Confermando la prima impressione, ovvero il raggiungimento della frutta, il nostro sfiderà a colpi di Hippikayey Motherfucker i più grandi terroristi del nostro tempo, i più temerari e ostinati, coloro che tentano quotidianamente di avere il mondoo ai loro piedi. E non sto parlando di O'sama Bin Laden, né di George figlio, e neanche di Bill Gates. Questa volta lo scontro sarà tra veri titani.
Le riprese stanno già cominciando, ma non vedo l'ora di sedermi in un multisala e gustarmi l'atto finale:
Quale sarà la soluzione? Chi sopravviverà? Ciò che è sicuro è che il giorno dopo John McLane sarà conciato più o meno così, mentre gli altri due faranno esattamente quello che fanno tutti i giorni: tentare di conquistare il mondo.
Comincia al Nakatomi Palace, dove sbaraglia una banda di terroristi tedeschi che prendono in ostaggio la festa aziendale di natale. Che poi terroristi non sono perchè il vero obiettivo è ilcaveau fornitissimo di bond argentini della multinazionale giapponese.
Nel secondo episodio i terroristi sono sudamericani e prendono in ostaggio un aeroporto per liberare il noto attore Franco Nero. che essi ritengono il loro capo carismatico recentemente incarcerato e di passaggio all'aeroporto.
Nel terzo il fratellino piccolo del primo terrorista, prende in ostaggio una scuola elementare di Nuova Yorke, una delle 52, e nel frattempo tenta di rubare l'oro di Wall Street.
Nel quarto uno che ha disegnato i sistemi di sicurezza dello stato si prende male e attacca informaticamente, paralizzando e terrotizzando l'America tutta.
La sequenza dei territori di intervento in cui John McLane ha salvato capra e cavoli, attraverso un salutare spargimento di plasma, è:
- un palazzo di Los Angeles
- l'aeroporto di JFK New York
- Wall treet e New York
- essi stessi medesimi, gli Stati Uniti d'America tutti
Come possiamo vedere anche questa serie segue il Sacro Decalogo del Sequel del Film d'Azione, che può essere sinteticamente presentato attraverso un'espressione bisillabica di facile comprensione DI PIU'. Ogni volta un paso di più verso l'impossibile, anche verso il ridicolo a volte, tentando di superare la barriera dell'ultima americanata.
Dove arriverà John McLane? Dove lo porterà la sua celata smania di sbirro buono?
Quale sarà il prossimo passo? Dopo essere caduto dall'ala di un caccia, da dove può cadere? Quali saranno i suoi prossimi nemici? Chi può salvare? La Cina non vale, John McLane non sa insultare in cinese. Dev'essere necessariamente il mondo. La prossima sarà il mondo. O sarà uno di quei sequel cumulativi delle serie alla frutta, tipo Alien vs. Predator o Freddie vs. Jason?
Questi erano i miei dubbi, e le mie speranze. Questo fino a ieri. I fratelli Warner hanno infatti annunciato che nel prossimo episodio non solo il nostro salverà nientemeno che il mondo interno, in linea con il Sacro Decalogo, ma questa volta non sarà contro anonimi terroristi di cui la gente non noterà la mancanza. Confermando la prima impressione, ovvero il raggiungimento della frutta, il nostro sfiderà a colpi di Hippikayey Motherfucker i più grandi terroristi del nostro tempo, i più temerari e ostinati, coloro che tentano quotidianamente di avere il mondoo ai loro piedi. E non sto parlando di O'sama Bin Laden, né di George figlio, e neanche di Bill Gates. Questa volta lo scontro sarà tra veri titani.
Le riprese stanno già cominciando, ma non vedo l'ora di sedermi in un multisala e gustarmi l'atto finale:
Quale sarà la soluzione? Chi sopravviverà? Ciò che è sicuro è che il giorno dopo John McLane sarà conciato più o meno così, mentre gli altri due faranno esattamente quello che fanno tutti i giorni: tentare di conquistare il mondo.
sabato 15 dicembre 2007
Per chi odia Vasco #1 Alibi
Inauguro questa rubrica dedicata ai personaggi ingiustamente dimenticati o sottovalutati della nostra epoca, quelli che prima di mollare il colpo hanno dato un gran daffare al pubblico decoro.
Il buon vecchio Vasco non è che sia sottovalutato, anzi. Semplicemente quello che ha fatto di meglio è stato soverchiato da quello che più ha venduto. Vasco non è sempre stato il borioso e bollito ex sconvolto di oggi, che si può permettere di presentare pezzi incredibili e altri incredibilmente bolsi. (Qualche neurone è rimasto, e rimane pur sempre meglio di tutto il povero cosiddetto rock italiano. la concorrenza è peggio di lui e si fanno cose meglie e degne di nota nel pop italiano che nel rock dovrebbe dar da pensare, veramente, sullo stato delle cose.) In ogni caso, c'è stato un periodo in cui il nostro era veramente uno grosso. Un grosso borioso bollito e sconvolto che faceva il deejay vizioso e gli andava di lusso e poi muore il babbo e deve far più soldi, e allora appende i dischi al chiodo e con un altro chiodo comincia ad inciderli, cosa proficua e pure liberatoria e bella, che gli fa scrivere pezzi che raccontano storie, fatte di mozzichi di dialoghi, con minuzie impressioniste sui personaggi e gli oggetti e squarci di sfondi alla Paolo Conte, pezzi tanto ironici, scanzonati ma incisivi alla Rino Gaetano quanto incazzati, borioso e saccenti alla Frankie Hi-Nrg. Robe pesanti. Miga voglio possederti sulla poltrona di casa mia. Possiamo vederlo come una sorta di tributo pre-mortem.
La prima canzone è la mia preferita in assoluto credo, quella che più mi colpì quando avevo 11 anni e che ancora oggi rimane tra le migliori. Una sequenza filmica di una rapina qualunque in un paesino della bassa padana. Il tutto si svolge in un negozietto, il commerciante si lamenta ma l'uomo del pane non lo caga di striscio e se ne va italico e noncurante. appare la vecchia, che aspetta da un quarto d'ora e si lamenta come una che avrebbe qualcosa da fare, e chiede un etto e mezzo di prosciutto e un po' di cipolline (e ancora cipolline). Il commerciante la intorta abbondantemente sul prezzo, e fingendo di non avere il resto le propina anche quattrocento caramelle (in cartone? no, sciolte). Una rivalsa in piccolo in una penombra ordinaria. D Amarcord si passa a Pulp Fiction. Nel giro di un attimo il commerciante si ritrova senza dineri e la vecchia cade e le cade addosso tutto lo scaffale (dei regali di natale). Dissolvenza, arriva la polizia, con calma. Tutti se ne battono la ciolla, gli sbirri fanno gli sbirri, ma all'italiana, domande inconclusive e lungaggini linguistiche e operative di chi, evidentemente, ha poco da fare. Iperboli surreali ma fin troppo plausibili. Oltre al danno la beffa sì, si potrebbe dire, ma nessuno dei personaggi è senza peccato.
Il buon vecchio Vasco non è che sia sottovalutato, anzi. Semplicemente quello che ha fatto di meglio è stato soverchiato da quello che più ha venduto. Vasco non è sempre stato il borioso e bollito ex sconvolto di oggi, che si può permettere di presentare pezzi incredibili e altri incredibilmente bolsi. (Qualche neurone è rimasto, e rimane pur sempre meglio di tutto il povero cosiddetto rock italiano. la concorrenza è peggio di lui e si fanno cose meglie e degne di nota nel pop italiano che nel rock dovrebbe dar da pensare, veramente, sullo stato delle cose.) In ogni caso, c'è stato un periodo in cui il nostro era veramente uno grosso. Un grosso borioso bollito e sconvolto che faceva il deejay vizioso e gli andava di lusso e poi muore il babbo e deve far più soldi, e allora appende i dischi al chiodo e con un altro chiodo comincia ad inciderli, cosa proficua e pure liberatoria e bella, che gli fa scrivere pezzi che raccontano storie, fatte di mozzichi di dialoghi, con minuzie impressioniste sui personaggi e gli oggetti e squarci di sfondi alla Paolo Conte, pezzi tanto ironici, scanzonati ma incisivi alla Rino Gaetano quanto incazzati, borioso e saccenti alla Frankie Hi-Nrg. Robe pesanti. Miga voglio possederti sulla poltrona di casa mia. Possiamo vederlo come una sorta di tributo pre-mortem.
La prima canzone è la mia preferita in assoluto credo, quella che più mi colpì quando avevo 11 anni e che ancora oggi rimane tra le migliori. Una sequenza filmica di una rapina qualunque in un paesino della bassa padana. Il tutto si svolge in un negozietto, il commerciante si lamenta ma l'uomo del pane non lo caga di striscio e se ne va italico e noncurante. appare la vecchia, che aspetta da un quarto d'ora e si lamenta come una che avrebbe qualcosa da fare, e chiede un etto e mezzo di prosciutto e un po' di cipolline (e ancora cipolline). Il commerciante la intorta abbondantemente sul prezzo, e fingendo di non avere il resto le propina anche quattrocento caramelle (in cartone? no, sciolte). Una rivalsa in piccolo in una penombra ordinaria. D Amarcord si passa a Pulp Fiction. Nel giro di un attimo il commerciante si ritrova senza dineri e la vecchia cade e le cade addosso tutto lo scaffale (dei regali di natale). Dissolvenza, arriva la polizia, con calma. Tutti se ne battono la ciolla, gli sbirri fanno gli sbirri, ma all'italiana, domande inconclusive e lungaggini linguistiche e operative di chi, evidentemente, ha poco da fare. Iperboli surreali ma fin troppo plausibili. Oltre al danno la beffa sì, si potrebbe dire, ma nessuno dei personaggi è senza peccato.
venerdì 14 dicembre 2007
de Merda
A parlar de cul e de mera l'anima la se conserva è uno dei miei detti preferiti. Lo uso spesso, spesso in mia difesa. Parlar di culo e di merda vuol dire essere in una situazione intima, amicale, senza giudizio. Parlar di culo e di merda vuol dire non fare giri di parole. Parlar di culo e di merda è un gesto nobile e dovuto perché riporta le parole dove dovrebbero stare. Paradossalmente se parli di culo e di merda dici meno stronzate di quante ne diresti altrimenti.
A me piace anche scriverne, se non si fosse capito. Sapere questo mi rinfranca.
A me piace anche scriverne, se non si fosse capito. Sapere questo mi rinfranca.
martedì 11 dicembre 2007
Birth of the Cool
Con questo post comincio una cosa che fa un po' amarcord e un po' piccolo spazio pubblicitá. Pubblicheró una a una le canzoni della Piccola Orchestra, tanto per riempire spazio.
La Piccola Orchestra Felix Lalú é un progetto solista molto lo-fi e naif che ha cominciato a registrare cose nell'inverno tra il 2005 e il 2006, utilizzando un portatile, un microfonino da computer che il compare Roberto mi ha prestato nel lontano 1997 e non gli ho piú reso, e un programma che a detta del magnifico Findut Poteidone é tra i piú smarzi in circolazione.
Gli strumenti usati sono principalmente voce, chitarra classica e kazú. Conditi da battimani, bastone della pioggia, megafono, bicchieri, piedi di capra andina, fischi e fischietti piú altri strumentini stupidi.
L'evento scatenante é stata una assurda settimana che passammo con Anna e Carlitos in una fattoria nelle campagne intorno Granada, dove vittavamo e alloggiavamo con altri 5-6 ragazzi da tutto mondo in cambio di bassa manovalanza contadina e pastorizia (nel nostro caso: piantar pali, mungere capre, fare formaggio e foraggiare i porci). Proprio in questo luogo stava pure un gioviale giovine toscano di Lucca, Gabriele, che, oltre a non comprendere perché un vegetariano non mangia la carbonara se gli togli la pancetta, voleva assolutamente imparare a suonare la chitarra. Allora Carlitos, giá a diciott'anni pregevolissimo chitarrista metal convertito al latinjazz e alle jam session di Madrid, decide di insegnargli la cosa piú semplice del mondo. Non sto parlando di Smoke on the water o Come as you are. Quello è già il livello1. Il livello 0 è semplicemente tenere un ritmo. Così gli insegna il giro di I shot the sheriff, u-ccia ú-ccia u-ccia ú-ccia, due accordi in levare e via, e lo lascia da solo ad esercitarsi. Senonché, mentre noi ci perdiamo a guardare TeleCerdo, un reality show ambientato nel porcile della fattoria, questo passa i pomeriggi mortificando l'ameno paesaggio andaluso con lo stesso giro, come un comico di Zelig. Il problema é che nonostante tutto Carlitos deve ri-insegnarglielo ogni giorno e il nostro, semplicemente, non-ce-la-fa. E non facendocela ci fa una testa tanta. Il risultato é che quando torno a casa qualche settimana dopo ho ancora in testa il giro di Robert Nesta e i preziosi insegnamenti che il maestro Leál Valladares ha dato a un povero inetto, tanto per cominciare. Piglio la chitarra smarza dei miei 14 anni, quella che non ho mai imparato a suonare degnamente, e riprendo il giro, per scoprire poco dopo l'acqua calda, rapito da un'epifania dell'ovvio: qualunque canzone, anche la piú triste, fatta con quel ritmo, diventa frizzante e giuliva. Comincio a usarlo su tutto, dalle canzoni vecchie dei Piccolo Male Puro ai Nirvana alle canzoni degli alpini, e il risultato é
La Piccola Orchestra Felix Lalú é un progetto solista molto lo-fi e naif che ha cominciato a registrare cose nell'inverno tra il 2005 e il 2006, utilizzando un portatile, un microfonino da computer che il compare Roberto mi ha prestato nel lontano 1997 e non gli ho piú reso, e un programma che a detta del magnifico Findut Poteidone é tra i piú smarzi in circolazione.
Gli strumenti usati sono principalmente voce, chitarra classica e kazú. Conditi da battimani, bastone della pioggia, megafono, bicchieri, piedi di capra andina, fischi e fischietti piú altri strumentini stupidi.
L'evento scatenante é stata una assurda settimana che passammo con Anna e Carlitos in una fattoria nelle campagne intorno Granada, dove vittavamo e alloggiavamo con altri 5-6 ragazzi da tutto mondo in cambio di bassa manovalanza contadina e pastorizia (nel nostro caso: piantar pali, mungere capre, fare formaggio e foraggiare i porci). Proprio in questo luogo stava pure un gioviale giovine toscano di Lucca, Gabriele, che, oltre a non comprendere perché un vegetariano non mangia la carbonara se gli togli la pancetta, voleva assolutamente imparare a suonare la chitarra. Allora Carlitos, giá a diciott'anni pregevolissimo chitarrista metal convertito al latinjazz e alle jam session di Madrid, decide di insegnargli la cosa piú semplice del mondo. Non sto parlando di Smoke on the water o Come as you are. Quello è già il livello1. Il livello 0 è semplicemente tenere un ritmo. Così gli insegna il giro di I shot the sheriff, u-ccia ú-ccia u-ccia ú-ccia, due accordi in levare e via, e lo lascia da solo ad esercitarsi. Senonché, mentre noi ci perdiamo a guardare TeleCerdo, un reality show ambientato nel porcile della fattoria, questo passa i pomeriggi mortificando l'ameno paesaggio andaluso con lo stesso giro, come un comico di Zelig. Il problema é che nonostante tutto Carlitos deve ri-insegnarglielo ogni giorno e il nostro, semplicemente, non-ce-la-fa. E non facendocela ci fa una testa tanta. Il risultato é che quando torno a casa qualche settimana dopo ho ancora in testa il giro di Robert Nesta e i preziosi insegnamenti che il maestro Leál Valladares ha dato a un povero inetto, tanto per cominciare. Piglio la chitarra smarza dei miei 14 anni, quella che non ho mai imparato a suonare degnamente, e riprendo il giro, per scoprire poco dopo l'acqua calda, rapito da un'epifania dell'ovvio: qualunque canzone, anche la piú triste, fatta con quel ritmo, diventa frizzante e giuliva. Comincio a usarlo su tutto, dalle canzoni vecchie dei Piccolo Male Puro ai Nirvana alle canzoni degli alpini, e il risultato é
La Piccola Orchestra Felix Lalú
bringin fun to the world
bringin fun to the world
La prima canzone della Piccola Orchestra é quella che, per cosí dire, segna la svolta. Anna mi dice che faccio sempre canzoni tristi. Sul momento mi pare strano, anche perché le ultime degli ormai defunti Piccolo Male Puro era sí stoner, ma materiale baldanzoso e ritmevole. Quindi lì per lì incasso ma non colgo. Poi mi rendo conto che ha raggione, porchiddio. Poi non ci penso più. Poi una notte, mentre torno a casa torto da una serata in via SS. Gervasio e Protasio comincio a canticchiare questa cosa. La mattina dopo Mirilasso è pronta, la cosa piú allegra mai scritta (da me), una canzone sull'amore e sull'ozio.
Godersela
Godersela
lunedì 10 dicembre 2007
We're alive --> Clap clap
L'applauso all'atterraggio dell'aereo mi è sempre parsa una cosa tipo il baciamano, la penna stilo o la coda, quelle cose desuete ma che la gente tramanda con ostinazione (della coda ci rimane un'ostinato osso sacro). L'applauso è un residuo, una vestigia del tempo in cui gli aerei erano oggetti quasi magici, dei Titanic con le ali, in cui il pilota era lo sciamano del volo, portatore di una conoscenza esoterica, e ogni atterraggio era un schianto mancato, in cui le hostess erano pezzi di manza scelti in base alle erezioni provocate al passaggio e trasportavano indefesse valige piene di polverine. Bei tempi.
Ora che l'aereo è ne' più ne' meno che un autobus sudamericano con le ali e il rodrigo automatico, e le hostess sono normali ragazze sottopagate che puliscono anche i cessi e che non hanno manco la grazia di vedere i posti in cui passano, sono spiacente di comunicare che questa usanza non ha più ragion d'essere.
Ma non è che siamo noi che non ci stupiamo più di niente? Non è che tutto ordinario perché vedere le cose straordinarie tutti i giorni in tv rende tutto più piatto e predigerito? Cosa abbiamo guadagnato col sapere tutto? Che sappiamo già tutto. Non ci stupiamo più di niente. Siamo diventati boriosi e sapienti come lo erano solo i milanesi di una volta. Ci stiamo tutti trasformando lentamente in milanesi, anche se loro lo sanno che per quanto possiamo correre non li raggiungeremo mai.
Uèè
Ora che l'aereo è ne' più ne' meno che un autobus sudamericano con le ali e il rodrigo automatico, e le hostess sono normali ragazze sottopagate che puliscono anche i cessi e che non hanno manco la grazia di vedere i posti in cui passano, sono spiacente di comunicare che questa usanza non ha più ragion d'essere.
Ma non è che siamo noi che non ci stupiamo più di niente? Non è che tutto ordinario perché vedere le cose straordinarie tutti i giorni in tv rende tutto più piatto e predigerito? Cosa abbiamo guadagnato col sapere tutto? Che sappiamo già tutto. Non ci stupiamo più di niente. Siamo diventati boriosi e sapienti come lo erano solo i milanesi di una volta. Ci stiamo tutti trasformando lentamente in milanesi, anche se loro lo sanno che per quanto possiamo correre non li raggiungeremo mai.
Uèè
domenica 9 dicembre 2007
Un italiano nero
Per me L'italiano di Toto Cutugno è Marco Tardelli che corre come una gallina decapitata dopo il gol alla Crucconia tutta nel 1982. Io tra l'altro non l'ho neanche visto. E' che negli anni 80 ogni trasmissione sportiva associava sempre le due cose. Forse la fierezza della canzone richiamava quella della sindrome che porta il suo nome. Io che ho dovuto aspettare altri vent'anni per vedere l'Italia vincere un mondiale ho sempre tenuto quelle immagini e quella musica come surrogato di ricordo (pensare a quanta parte della memoria é legata alla televisione e non alla vita reale é deprimente ma tant'é).
Nel suo ultimo album il buon Simone Cristicchi ne propone una cover. Una versione un po' claustrofobica e un po' noise invero, con un incedere incalzante ma trattenuto, con un finale rumorista alla Sonic Youth. La nuova veste ne evidenzia un testo che a seguirlo esce molto meno ignorante di quanto ci si possa (pensare di) ricordare, con una vena critica inusitata e imprevedibile per un democristiano come Toto.
Su gentile segnalazione del compare Carleis (l'ultimo vero genio delle valli del noce, checché ne dica il suo modesto ego) sono lieto di presentare l'ultimo video del cantautore italocanadese Marco Calliari, nonni nonesi e un po' di confusione sulle musiche tradizionali delle alpi trentine. In fondo è meglio così. Dopo un po' di Angiolina Bel'Angiolina è perfettamente comprensibile scivolare fischiettando su 'O sole mio, niente da eccepire. La versione del nostro è tutto l'opposto di quella di Cristicchi. E' divertita e trascinante. E' l'Italia vista da lontano.
Da una parte la versione ancheggiante e colorata di chi ci guarda col binocolo, con fierezza ma col binocolo; dall'altra la versione inquietante di chi in Italia ci vive, e non ci trova niente da ridere.
Chi vincerà?
Nel suo ultimo album il buon Simone Cristicchi ne propone una cover. Una versione un po' claustrofobica e un po' noise invero, con un incedere incalzante ma trattenuto, con un finale rumorista alla Sonic Youth. La nuova veste ne evidenzia un testo che a seguirlo esce molto meno ignorante di quanto ci si possa (pensare di) ricordare, con una vena critica inusitata e imprevedibile per un democristiano come Toto.
Su gentile segnalazione del compare Carleis (l'ultimo vero genio delle valli del noce, checché ne dica il suo modesto ego) sono lieto di presentare l'ultimo video del cantautore italocanadese Marco Calliari, nonni nonesi e un po' di confusione sulle musiche tradizionali delle alpi trentine. In fondo è meglio così. Dopo un po' di Angiolina Bel'Angiolina è perfettamente comprensibile scivolare fischiettando su 'O sole mio, niente da eccepire. La versione del nostro è tutto l'opposto di quella di Cristicchi. E' divertita e trascinante. E' l'Italia vista da lontano.
Da una parte la versione ancheggiante e colorata di chi ci guarda col binocolo, con fierezza ma col binocolo; dall'altra la versione inquietante di chi in Italia ci vive, e non ci trova niente da ridere.
Chi vincerà?
sabato 8 dicembre 2007
Provaci ancora Dan!
"Dopo 4 anni guerra in Iraq, 3.900 soldati americani morti, 85.000 civili iracheni ammazzati e tutti gli italiani morti sul campo anche per colpa di Berlusconi, Berlusconi ha avuto il coraggio di dire che lui in fondo era contrario alla guerra in Iraq. Come si fa a sopportare una cosa del genere? Io ho un mio sistema, penso a Giuliano Ferrara immerso in una vasca da bagno con Berlusconi e Dell'Utri che gli piscia addosso, Previti che gli caga in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta tutti".
La prima frase è veramente pesante, e pure pesantemente vera, ma la seconda è solo un'iperbole. Prova a figurarti la scena. Ha detto cacca e pippi ma è geniale.
Ma solo l'immaginarlo costituisce peccato e lesa virtù.
Speriamo solo che Rocco non si rubi l'idea
La prima frase è veramente pesante, e pure pesantemente vera, ma la seconda è solo un'iperbole. Prova a figurarti la scena. Ha detto cacca e pippi ma è geniale.
Ma solo l'immaginarlo costituisce peccato e lesa virtù.
Speriamo solo che Rocco non si rubi l'idea
lunedì 3 dicembre 2007
Parassiti vari
Al mondo si fa ricerca per tutto. La società della conoscenza ha bisogno di antenne dappertutto. La ricerca è il parassita della nostra economia. Parassita però può essere come le pulci, fastidio che succhia e non rende, o come il gatto, fastidio che puoi accarezzare e dire che bello e non diresti mai che è un parassita. E invece lo è, puntualmente.
Si ricerca di tutto, con metodi altamente statistici. A esempio chi ha deciso quanta mayonese mettere nella porzione di mayonese di McDonald's? Non è che uno s'è messo lì e ha sparato un numero casuale di grammi. Il tutto è finito nelle mani di un istituto di ricerca. Il da farsi è semplice: prendiamo i dati sulla clientela di McDonald's con la sua composizione e le sue abitudini, gentilmente forniti da un altro istituto di ricerca, e mettiamo un campione rappresentativo della clientela media davanti ad un campione rappresentativo della consumazione media in uno stato di sensazione della fame media e misuriamo la quantità di mayonese che consumano (assumendo che la quantità di mayonese presentata non abbia effetto alcuno sul consumo di essa eccetera). La media di quella quantità sarà lo standard di mayonese distribuito. Il tutto finirà in una confezione la cui grandezza costituirà un compromesso ponderato tra grandezza percepità (per l'occhio del cliente) e quantità realmente contenuta più spese di imballaggio, stoccaggio e trasporto (per le tasche dell'azienda).
Ecco fatta la porzione. Soldi facili per l'istituto di ricerca, detentore del metodo. Soldi ben spesi per l'azienda, per il risparmio che garantisce. E poi chi non vorrebbe essere la cavia lautamente pagata per questo tipo di ricerca?
Quello che mi ha dato da pensare ultimamente è il sistema di aerazione bagno (di) dove lavoro. Succede che dopo un quantità ponderata di tempo che la luce è accesa il sistema si attiva e gira per un altro tot di tempo.
La ricerca condotta per questa ponderazione ha l'obiettivo principale nel rispondere alla domanda: qual è il punto di non ritorno dopo il quale è plausibile supporre che l'utente non sta mingendo ma deiettando? La procedura più tecnologica è piazzare un galleggianti nella latrina e un sensore chimici ad altezza d'uomo. Il primo segnala i cambiamenti di volume del contenuto di della latrina e collega i dati rilevati con il tempo calcolato a partire dall'accensione dell'illuminazione dell'ambiente. I secondo analizza l'aria e ne rileva i cambiamenti al variare del tempo di aerazione. Troppo difficile. A me piace pensare che un indefesso lavoratore, un finto maggiordomo dei bagni pubblici che aiutando gli utenti raccolga dati: prima che il cliente entri nel bango, fingendo di controllare che l'ambiente sia gradevole, annusa il bagno e assegna una quantità ponderata al grado di puzza percepito e poi, cronometro lla mano prende nota dei tempi e del tipo di attività svolta (PIx2/PUx2). Infine i dati vengono incrociati e falsificati.
Il tempo della pisciata massima è il tempo che passerà prima che parta la ventola dei miracoli che tutto si porta via.
Il tempo dopo il quale l'ambiente del fenomeno deiettivo risulta vivibile in una quantità ritenuta statisticamente considerevole di periodi post-deiettivi segnerà lo spegnimento dell'apparecchio elettrico.
Si ricerca di tutto, con metodi altamente statistici. A esempio chi ha deciso quanta mayonese mettere nella porzione di mayonese di McDonald's? Non è che uno s'è messo lì e ha sparato un numero casuale di grammi. Il tutto è finito nelle mani di un istituto di ricerca. Il da farsi è semplice: prendiamo i dati sulla clientela di McDonald's con la sua composizione e le sue abitudini, gentilmente forniti da un altro istituto di ricerca, e mettiamo un campione rappresentativo della clientela media davanti ad un campione rappresentativo della consumazione media in uno stato di sensazione della fame media e misuriamo la quantità di mayonese che consumano (assumendo che la quantità di mayonese presentata non abbia effetto alcuno sul consumo di essa eccetera). La media di quella quantità sarà lo standard di mayonese distribuito. Il tutto finirà in una confezione la cui grandezza costituirà un compromesso ponderato tra grandezza percepità (per l'occhio del cliente) e quantità realmente contenuta più spese di imballaggio, stoccaggio e trasporto (per le tasche dell'azienda).
Ecco fatta la porzione. Soldi facili per l'istituto di ricerca, detentore del metodo. Soldi ben spesi per l'azienda, per il risparmio che garantisce. E poi chi non vorrebbe essere la cavia lautamente pagata per questo tipo di ricerca?
Quello che mi ha dato da pensare ultimamente è il sistema di aerazione bagno (di) dove lavoro. Succede che dopo un quantità ponderata di tempo che la luce è accesa il sistema si attiva e gira per un altro tot di tempo.
La ricerca condotta per questa ponderazione ha l'obiettivo principale nel rispondere alla domanda: qual è il punto di non ritorno dopo il quale è plausibile supporre che l'utente non sta mingendo ma deiettando? La procedura più tecnologica è piazzare un galleggianti nella latrina e un sensore chimici ad altezza d'uomo. Il primo segnala i cambiamenti di volume del contenuto di della latrina e collega i dati rilevati con il tempo calcolato a partire dall'accensione dell'illuminazione dell'ambiente. I secondo analizza l'aria e ne rileva i cambiamenti al variare del tempo di aerazione. Troppo difficile. A me piace pensare che un indefesso lavoratore, un finto maggiordomo dei bagni pubblici che aiutando gli utenti raccolga dati: prima che il cliente entri nel bango, fingendo di controllare che l'ambiente sia gradevole, annusa il bagno e assegna una quantità ponderata al grado di puzza percepito e poi, cronometro lla mano prende nota dei tempi e del tipo di attività svolta (PIx2/PUx2). Infine i dati vengono incrociati e falsificati.
Il tempo della pisciata massima è il tempo che passerà prima che parta la ventola dei miracoli che tutto si porta via.
Il tempo dopo il quale l'ambiente del fenomeno deiettivo risulta vivibile in una quantità ritenuta statisticamente considerevole di periodi post-deiettivi segnerà lo spegnimento dell'apparecchio elettrico.
questa ricerca è stata condotta da
PREMIATO ISTITUTO DI RICERCA FELIX LALU'
"E' uno sporco lavoro,
ma qualcuno deve pur farlo"
PREMIATO ISTITUTO DI RICERCA FELIX LALU'
"E' uno sporco lavoro,
ma qualcuno deve pur farlo"
sabato 1 dicembre 2007
Nes-tiè (nel senso del gesto dell'ombrello)
Contro le multinazionali c'è poco da fare, dicono. L'unica soluzione è boicottare. Smettere di comprare i prodotti di quell'azienda farà capire al megaorganismo senza coscienza ma fatto di uomini che non si fa, e questo renderà il mondo migliore. Sembra plausibile.
La Nestlè vende preservativi farciti di aids in Africa e mette le bucce di banana sui sentieri dove le donne trasportano otri con venti litri di acqua? Ma non ti ricordi? Da quando i nemici non sono più gli stati ma le multinazionali che controllano gli stati non sei più un cittadino incazzato, sei un consumatore incazzato. L'unica forma di protesta ormai è boicottare.
Allora boicotto la Nestlè, boicotto tutto quello che la Nestlè produce, come altre migliaia di persone mi scarico la lista delle aziende di cui Nestlè è proprietaria, ci metto una mezzoretta a leggerla tutta, e poi decido di boicottarne solo alcune, poi ci penso meglio e ne boicooto solo una. Prendo quella che mi suona più vicina. Boicotto l'Acqua Pejo, non perchè i suoi tir rendono la strada tra la Val di Non e la Val di Sole un calvario ai 40 orari ma perché la Pejo, a quanto dicono una delle migliori in Italia, ha le mani sporche di sangue e lo fa nel nome mio. Mi sbatto e convinco tutti a farlo, tanto che nessuno la beve più. La Pejo fallisce e la Nestlè torna a casa con la coda tra le gambe. Ora non mi resta che farlo con tutti gli altri prodotti. Nel frattempo però il padre del mio compare B. (che chiameremo per comodità Gianna), che lavora alla Pejo da una vita, viene licenziato e rimane a piedi.
Risultato: la Nestlè perde lo 0,001 % del suo fatturato e il padre del mio amico perde il 100% del suo stipendio.
Applicando questo discorso al resto del mondo, grazie all'azione prode di tanti me nel resto del mondo, alla fine la Nestlè fallisce e muore. I dipendenti di alto livello sfruttano la loro esperienza mutlinazionale e trovano lavoro in qualche altro posto e gli operai semplici ci rimettono il lavoro.
Ora a me va anche bene, ma io lo sapevo che il padre di B. lavorava lì, e per un capriccio di buona parte del mondo (manifestatosi da queste parti attraverso il mio verbo) io l'ho fatto licenziare. Bell'amico del cazzo.
E' un discorso del cazzo? Dovrei preoccuparmi di tutti invece che inseguire i miei egoismi? Andate voi a casa di B. adesso, a dirgli com'è meglio il mondo ora.
La questione è che tutto mi pare controverso.
Manifesto la mia contrarietà di consumatore non consumando. Infliggo alla mia anima questa deprivazione. Ma deprivarsi di qualcosa che non è di per sè utile è poi così deprivante?
A volte penso che quello che ho fatto l'ho fatto per sentirmi parte-del-tutto e non solo parte-di-quella-parte-del-tutto-con-i-dineri?
Mi sono lavato la coscienza dei bambini aids e quelli che muoiono di sete e di latte macchiato pur continuando con un regime di una doccia al giorno con prodotti altamente chimici, e lasciando scorrere l'acqua mentre mi lavo i denti, alla faccia dei miei corrispettivi del terzo mondo Ndonghe, Moputu, JeanBaptiste, CheiWei, Jesus e un'altra quarantina di disgraziati con la pelle variamente colorata (ma mediamente più scura della mia) e le pance gonfie (ma non di cibo), a cui sotraggo indebitamente risorse e speranza di un futuro migliore attraverso la mia partecipazione al mercato globale.
Non so resistere alla Viennetta. E alle MnMs.
Non sono poi tanto diverso dalla Nestlè alla fine.
Vizioso e ingordo, ma bisogna negare, negare sempre, anche l'evidenza.
La Nestlè vende preservativi farciti di aids in Africa e mette le bucce di banana sui sentieri dove le donne trasportano otri con venti litri di acqua? Ma non ti ricordi? Da quando i nemici non sono più gli stati ma le multinazionali che controllano gli stati non sei più un cittadino incazzato, sei un consumatore incazzato. L'unica forma di protesta ormai è boicottare.
Allora boicotto la Nestlè, boicotto tutto quello che la Nestlè produce, come altre migliaia di persone mi scarico la lista delle aziende di cui Nestlè è proprietaria, ci metto una mezzoretta a leggerla tutta, e poi decido di boicottarne solo alcune, poi ci penso meglio e ne boicooto solo una. Prendo quella che mi suona più vicina. Boicotto l'Acqua Pejo, non perchè i suoi tir rendono la strada tra la Val di Non e la Val di Sole un calvario ai 40 orari ma perché la Pejo, a quanto dicono una delle migliori in Italia, ha le mani sporche di sangue e lo fa nel nome mio. Mi sbatto e convinco tutti a farlo, tanto che nessuno la beve più. La Pejo fallisce e la Nestlè torna a casa con la coda tra le gambe. Ora non mi resta che farlo con tutti gli altri prodotti. Nel frattempo però il padre del mio compare B. (che chiameremo per comodità Gianna), che lavora alla Pejo da una vita, viene licenziato e rimane a piedi.
Risultato: la Nestlè perde lo 0,001 % del suo fatturato e il padre del mio amico perde il 100% del suo stipendio.
Applicando questo discorso al resto del mondo, grazie all'azione prode di tanti me nel resto del mondo, alla fine la Nestlè fallisce e muore. I dipendenti di alto livello sfruttano la loro esperienza mutlinazionale e trovano lavoro in qualche altro posto e gli operai semplici ci rimettono il lavoro.
Ora a me va anche bene, ma io lo sapevo che il padre di B. lavorava lì, e per un capriccio di buona parte del mondo (manifestatosi da queste parti attraverso il mio verbo) io l'ho fatto licenziare. Bell'amico del cazzo.
E' un discorso del cazzo? Dovrei preoccuparmi di tutti invece che inseguire i miei egoismi? Andate voi a casa di B. adesso, a dirgli com'è meglio il mondo ora.
La questione è che tutto mi pare controverso.
Manifesto la mia contrarietà di consumatore non consumando. Infliggo alla mia anima questa deprivazione. Ma deprivarsi di qualcosa che non è di per sè utile è poi così deprivante?
A volte penso che quello che ho fatto l'ho fatto per sentirmi parte-del-tutto e non solo parte-di-quella-parte-del-tutto-con-i-dineri?
Mi sono lavato la coscienza dei bambini aids e quelli che muoiono di sete e di latte macchiato pur continuando con un regime di una doccia al giorno con prodotti altamente chimici, e lasciando scorrere l'acqua mentre mi lavo i denti, alla faccia dei miei corrispettivi del terzo mondo Ndonghe, Moputu, JeanBaptiste, CheiWei, Jesus e un'altra quarantina di disgraziati con la pelle variamente colorata (ma mediamente più scura della mia) e le pance gonfie (ma non di cibo), a cui sotraggo indebitamente risorse e speranza di un futuro migliore attraverso la mia partecipazione al mercato globale.
Non so resistere alla Viennetta. E alle MnMs.
Non sono poi tanto diverso dalla Nestlè alla fine.
Vizioso e ingordo, ma bisogna negare, negare sempre, anche l'evidenza.
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