tornando dall'inghilterra il cielo italiano pareva proprio lo stesso che avevo lasciato a londra: non quel cielo plumbeo che promette grandi cose ma una cappa grigia, presente ma non ingombrante, che ti aspetta non appena sarai allo scoperto senza un tetto sotto cui ripararti. stavo nell'autobus, con un inglese. avevo voglia di fare due chiacchiere e poi il tipo mi pareva uno gioviale. allora ho esordito con un do you feel comfortable, don't you? because of the weather... lui sè fatto una risata e lì abbiamo cominciato a parlare e lui era molto simpatico e arguto, eccetera.
tutto questo per parlare del parlare del tempo. c'è chi dice (anzi, diciamo che è luogo comune dire) che parlare del tempo è la cosa più banale e superficiale che si possa fare. parlare del tempo significa non avere niente di meglio da dire. parlare del tempo tiene le persone lontane, non crea reale condivisione.
io sinceramente non sono d'accordo. il tempo (atmosferico) è l'unico fenomeno vissuto che ci lega inequivocabilmente alle persone che condividono il tempo (orologico) e lo spazio con noi. sul tempo non possiamo avere opinioni che ci dividano e che ci facciano litigare. e per poter conversare è necessario prima stabilire un campo di gioco, uno spazio comune (e qui le espressioni ci fregano ancora: perché un "luogo comune" non ha mai un'accezione positiva?) su cui intavolare qualsiasi dialogo, un primo sorriso, segno di riconoscimento dell'altro. anche se spesso accade controvoglia, parlare del tempo è riconoscere ad una persona il dialogo: per quanto superficiale possa parere, esso crea un abbozzo di legame che crea una soluzione di continuità tra il silenzio (o l'indifferenza) e il dialogo. parlare del tempo è il cavallo di troia per poter parlare con uno sconosciuto senza urtarlo fin da principio con argomenti che lo metterebbero sulla difensiva. parlare del tempo è il primo passo verso la condivisione, avvicina le persone. per questo non è nè banale nè superficiale. è anzi un atto profondamente etico, forse, dopo il saluto, è l'azione più civile che ci possa capitare di fare in tutta la giornata.
bella giornata no?
io sinceramente non sono d'accordo. il tempo (atmosferico) è l'unico fenomeno vissuto che ci lega inequivocabilmente alle persone che condividono il tempo (orologico) e lo spazio con noi. sul tempo non possiamo avere opinioni che ci dividano e che ci facciano litigare. e per poter conversare è necessario prima stabilire un campo di gioco, uno spazio comune (e qui le espressioni ci fregano ancora: perché un "luogo comune" non ha mai un'accezione positiva?) su cui intavolare qualsiasi dialogo, un primo sorriso, segno di riconoscimento dell'altro. anche se spesso accade controvoglia, parlare del tempo è riconoscere ad una persona il dialogo: per quanto superficiale possa parere, esso crea un abbozzo di legame che crea una soluzione di continuità tra il silenzio (o l'indifferenza) e il dialogo. parlare del tempo è il cavallo di troia per poter parlare con uno sconosciuto senza urtarlo fin da principio con argomenti che lo metterebbero sulla difensiva. parlare del tempo è il primo passo verso la condivisione, avvicina le persone. per questo non è nè banale nè superficiale. è anzi un atto profondamente etico, forse, dopo il saluto, è l'azione più civile che ci possa capitare di fare in tutta la giornata.
bella giornata no?
2 commenti:
...ma sei laureato in social psychology? ammazza che bravo, la tua analisi non fa una piega.
Mia
i miei rispetti. cercavo giustappunto chi fornisse una tesi a sostegno delle chiacchiere metereologiche. mirabilia!
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