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Il buon Nicola Fontana (o FONTE per chi non lo chiama per nome e cognome), per quantità e qualità dei gruppi e progetti in cui ha militato, è probabilmente IL musicista trentino. Eccco cosa risponde alla lettera pro populi (di cui s'è parlato
qui) al nostro (assessore) oggi su L'Adige.
Siccome sottoscrivo spammo.
E' graditi commenti costruttivi e idee fattibili, no Panizza merda, che non serve a niente se non a farsi i pompini a vicenda. Grazie
Egregio Assessore,
Ho letto con molto interesse la Sua lettera su L’Adige, così come la discussione susseguitasi nel blog (Blog’n’Roll) di Fabio De Santi sul sito del quotidiano.
L’argomento in discussione – il panorama musicale trentino e le occasioni per poterlo valorizzare – mi vede da almeno 15 anni coinvolto in prima linea in quanto musicista, tecnico dello spettacolo, educatore in contatto con la realtà giovanile locale, ma principalmente appassionato fruitore di tutto ciò che è comunicazione artistica, in special modo se questa è espressione del territorio in cui sono nato e risiedo.
Ho avuto modo di leggere con vivo interesse anche la lettera di risposta di Maurizio Facenda, ed è proprio la frase con cui quest’ultimo ha concluso il suo ragionamento “Per fortuna esiste chi ci crede e si sbatte” che mi vede chiamato in causa; sento quindi l’esigenza di intervenire nel dibattito, portando modestamente la mia esperienza, i miei dubbi e le mie proposte.
Per quanto possa testimoniare direttamente, la cosiddetta “scena musicale trentina” ha conosciuto e mantiene una vitalità, un fermento culturale che continua da almeno un quarto di secolo; sono davvero tanti e variegati i gruppi che hanno vissuto i loro momenti di gloria sui palchi dei locali sparsi tra la città e le valli; alcuni di loro non avevano nulla di che invidiare a realtà musicali di altre città italiane[1], in pochi hanno valicato i confini della Provincia, e si è dovuto aspettare i The Bastard Sons Of Dioniso per iniziare a vantare artisti con una visibilità nazionale.
Senza la necessità di citare i nomi, il Trentino si può pregiare da anni di validissimi musicisti, autori e tecnici che hanno intrapreso la carriera professionistica e che godono della stima del loro lavoro, anche a livello internazionale. Ma Le faccio notare che ciò si è verificato solo perché non sono mai mancate le occasioni per potersi esprimere, per potersi “fare le ossa” partendo da contesti più circoscritti: si è venuto a creare un ciclo virtuoso in cui artisti, enti, organizzatori, gestori, appassionati o semplici ascoltatori, non senza difficoltà, ma in un panorama neppure paragonabile alla situazione attuale, hanno fatto in modo che nel territorio ci fosse un terreno fertile per i progetti musicali[2].
Portando un esempio concreto, è la felice congiunzione di queste componenti che ha dato i presupposti al successo dei TBSOD[3], ai 200 ed oltre concerti eseguiti prima della popolarità mediatica, alla forte componente identitaria che i supporter di ogni provenienza apprezzano nella band valsuganotta.
Nel un contesto oggettivamente desolante dello stato della Cultura in Italia – mi riferisco ai tagli al Ministero, alla migrazione all’estero di festival musicali e allo sdegno di chi, come il sottoscritto, vive questo come un segno di degrado – il Trentino non è purtroppo in controtendenza, pur godendo di un’Autonomia che ne garantirebbe una più felice situazione.
Basta considerare le serate nel capoluogo per farsi un’opinione: a Trento, nella primavera 2011, esistono solo due realtà dove possano esibirsi musicisti in contesti che non siano “rassegne patrocinate” o concorsi di più o meno dubbio valore. Questi due ostinati quanto virtuosi promotori della musica indipendente – ma non solo quella, si parla anche di arti visive, reading, performance teatrali, ecc. – sono un centro sociale occupato (il C.S.Bruno, in via Dogana) che si autofinanzia e garantisce la corrente elettrica con un generatore, e un’associazione culturale (il Funanbolo, con lo spazio “Wallenda” in via S.Martino) situata nella cantina di un’abitazione privata[4]. Oltretutto incombe su entrambi lo sgombero o la chiusura dell’attività entro l’anno. Aggiungendo che l’elenco delle associazioni e dei locali sul territorio provinciale che negli ultimi 3 anni hanno chiuso o sono in procinto di chiudere i battenti, il quadro che si presenta si presta decisamente poco a moti d’orgoglio…
Il raffronto con altre città italiane, per non parlare di un umiliante confronto con altri Paesi europei o con la limitrofa Austria, delinea un panorama che personalmente ricorda la Corea del Nord nella vista notturna del planisfero: una landa buia circondata dalle luci di più fiorenti Stati.
Credo concorderà con me che c’è poco da rallegrarsi dell’immagine del Trentino in questo contesto, a maggior ragione se si valuta la sua collocazione a livello geografico: sono tante le band indipendenti internazionali in tournee per i music-club d’Europa; molte di loro attraversano il passo del Brennero con scalcagnati tour-bus per proseguire le loro date da Innsbruck a Verona, o a Padova, o a Bologna, dove rimpiono i locali, ma vedono Trento e la sua provincia dal finestrino, come una Terra di Nessuno.
Ora a me appare quantomeno paradossale che si celebri la creatività e il fermento della “musica giovane”, quando è sotto agli occhi di tutti una oggettiva desertificazione delle opportunità di espressione di quest’ultima. Inoltre focalizzerei sulle conseguenze endemiche, perché non vorrei si sottovalutassero le ricadute negative non solo a livello culturale, ma anche sociale e turistico.
Ad esempio, Trento, ed ora anche Rovereto, sono città universitarie: l’efficienza dell’Ateneo Trentino attira centinaia di studenti da tutta Italia; questi hanno giustamente il diritto di vivere la città e le sue offerte culturali anche la sera, e altrettanto giustamente in tanti lamentano la scarsa vivacità dei centri storici, l’esiguo programma culturale offerto, soprattutto per quanto concerne la musica dal vivo. Non c’è da stupirsi quindi se preferiscono abbandonare il territorio nei weekend e nei ponti festivi, e neppure che affollino in modo più o meno civile gli aperitivi in centro, non trovando di meglio che alcolici a prezzo scontato per passare la serata. Ma l’opportunità di un divertimento meno decadente non manca solo agli universitari: c’è un nesso preciso tra la mancanza di spazi per la musica e la partecipazione massificata agli happy hour, e allo stesso modo c’è un nesso tra una comunità florida e la libera trasmissione di cultura presente in essa. Oltretutto non sarebbe opportuno sorvolare sul fatto che anni di immobilismo producono una diseducazione da parte del pubblico ad assistere ai concerti: se in altre regioni esistono locali in cui è tradizione che si faccia musica dal vivo, e i musicisti godono della giusta considerazione, è anche vero che in Trentino occorrerà del tempo perché si capisca che in un live-club o music-pub si va principalmente per ascoltare della buona musica, non solo per ritrovarsi con gli amici a bere o a fare tornei di calcio-balilla, con emissioni di decibel in alcuni casi superiori ai concerti stessi.
Per questo lo stimolo del Suo appello ad “un più ampio coinvolgimento di tutti coloro che ruotano attorno al panorama musicale, enti e associazioni culturali, promoter, case d'incisione, radio e altri media e così via” può risultare una buona premessa per un “Rinascimento”, ma solo se accompagnato da un sincero impegno che vada oltre quelle che Facenda ha liquidato come “belle parole, eventi in grade e basta”.
Spero mi perdonerà, se a mio modesto avviso credo che questi propositi si prestano alle perplessità di chi vive in prima persona la contingente situazione di impasse, e con altrettanta perplessità osserva la solerzia del Suo assessorato nel prodigarsi in iniziative commemorative[5] che hanno sicuramente un valore storico e culturale, ma che non hanno certo presa sul mondo giovanile, in un momento in cui questo necessita di essere valorizzato più di ogni altra cosa.
Con l’augurio di buon lavoro e nella speranza di riscontri positivi,
Le porgo i miei
Cordiali saluti
Nicola Fontana
[1] All’inizio degli anni ’90 ebbi il piacere di assistere ad un concerto a Trento, degli allora emergenti Marlene Kuntz da Cuneo, da Lei citati nell’articolo. Fu un concerto memorabile e negli anni a seguire tanti gruppi trentini furono influenzati dal sound di quel gruppo. Vorrei far riflettere che ora l’unico posto dove potrebbero esibirsi nelle stesse condizioni sarebbe, oggettivamente, solo il Centro Sociale Bruno.
[2] Credo che un gruppo rock, nella sua più pura accezione, andrebbe considerato non come informale aggregazione a scopo ludico, ma un progetto artistico che prevede determinazione, impegno e costanza, sarebbe quindi da demandare alla discriminante del talento una selezione dell’eccellenza dei gruppi, certo non alla provenienza geografica o alla disponibilità economica, men che meno alla furbizia.
[3] Collaboro con i The Bastard Sons of Dioniso da più di cinque anni, sia in veste di fonico/arrangiatore in studio e dal vivo, che di grafico (sono autore della copertina del loro disco pubblicato da Sony Italia).
4 Una nota particolarmente esplicativa dell situazione precaria: entrambi i locali hanno un nome dedicato rispettivamente ad un orso fuggito nei boschi in nome della propria natura libera, e di una famiglia di funamboli dediti ad una difficile disciplina circense basata sull’equilibrio….
[5] Comunicato dell’Ufficio Stampa P.A.T. n° 684 del 31/03/2011 “TRENTINO, ALTO ADIGE E TIROLO COMMEMORANO I 500 ANNI DEL LANDLIBELL”