Ultimamente mi capita per lavoro di avere contatti con politici e presidenti ci categoria. Proprio ieri ho avuto il dispiacere di parlarecon uno di loro (conversare/dialogare son parole grosse, vista la considerazione di cui mi ha degnato), presidente di categoria.
Si sta lavorando alla stesura di una piano di sviluppo che serve per l'attivazione di un progetto europeo (ovviamente senza il progetto imminente non ha senso fare un piano di sviluppo, eheh). Questo presidente di categoria si lamentava del fatto che quando si sono ascoltati gli attori locali, invece di raccogliere solo le testimonianze dei delegati e dei rappresentanti ufficiali, noi ricercatori abbiamo chiamato anche semplici rappresentanti (non ufficiali), scelti attraverso una specie di casualità ragionata (discrezione del ricercatore per tentare) con l'obiettivo dell'inclusione (vocabolo che riempie le bocche come un profiterol ma che viene trattato come la scoreggia che ne deriva il giorno dopo). Ei sosteneva che bisogna fare tutto dall'alto, che l'assemblearismo non ha mai portato a niente, in sostanza che il popolo è becero e non sa di cosa ha bisogno. Quello lo sanno quelli abituati a saperlo e riportarlo nelle alte sfere, quelle coi dineri per intenderci. Io gli spiegavo che qui non si tratta di mamma provincia sola e delle sue abitudini incancrenite e democristiane (e italiche e terzomondiste per capirci), ma dell'Unione Europea, un organismo che è formato anche da paesi con tradizioni politiche differenti, meno oligarchiche e nepotistiche. L'UE infatti, gli spiegavo, richiede massima trasparenza e massima partecipazione. Per svolgere un accurato lavoro di raccolta dei dati dal basso (l'approccio bottom-up è uno dei pilastri di questo tipo di programmazione) si devono ascoltare gli attori locali, giustamente delegati e rappresentanti di categoria, ma è posta molta enfasi sulla partecipazione dei cosiddetti outsider, le categorie e gli attori che per vari motivi rimangono ai margini o sono meno considerate o semplicemente non hanno voce nelle associazioni di categoria, o non hanno associazione di categoria. Questo riportano manuali ed esperti di progettazione allo sviluppo. In caso contrario il rischio paventato è che la progettazione non faccia altro che consolidare e cristallizzare oligarchie esistenti, obiettivamente uno degli ostacoli principali per lo sviluppo di un territorio.
Il signore allora, da buon politico ha fatto il giro largo, risostenendo che l'assemblearismo non porta a niente, che dal punto di vista pratico è inefficace, allunga i tempi a forza di obiezioni e si perde di vista il fare, che la democrazia va bene ma solo se è rappresentativa, che sono i rappresentanti che devono decidere per gli altri (anche per quelli che non sono d'accordo) e altre stronzate da vecchio babbione democristiano panzone e orgogliosamente austroungarico ma del tutto pizzaemandolino (o luganegheeformai) che non sto qui a ripetere. Il tutto rivolgendosi ai due che aveva davanti a sè al tavolo del bar, senza mai (dico mai mai) guardare in faccia me che (in qualità di unica persona in sala ad aver letto carte, delibere e seghe burocratiche e a sapere qualcosa di progetti europei e di sviluppo territoriale) gli avevo posto la questione.
Io che ero più giovane di almeno quindici anni dal più giovane dei convitati al tavolo, e probabilmente almeno di trenta sull'eta media degli stessi. Tutti che annuivano con la ggiustareverenza.
Mi sono sentito veramente schifato, un coglione in mezzo ai furbi. Perché per mantenere i furbi del mondo è necessaria una pletora di coglioni come me. Ho pensato forse è per questo che lui scalda una poltrona da parecchi zeri e io sono ancora lì con un contratto a progetto.
Il risultato è che ho ripreso a mangiarmi le unghie (ero appena riuscito a smettere) per non mordere alla giugulare quel vecchio di merda (o assaltarlo con un machete, con molta più soddisfazione personale) e il mio contratto sta finendo, e se ieri sbottavo in un bar (per l'affermazione di boss hog qualunque) al cospetto del mio capo e di tutta sta gerontocrazia a gennaio mi attacco al cazzo. Me ne andrei dall'Italia solo per non essere costretto a sentire queste cose e la boria e la serenità con cui le si dice. Sono un vile perché rimango? Ebbene sì. Sì, cazzo.
2 commenti:
sen en doi!
suonerà banale, ma il problema dell'italia son gl'italiani e chi li rappresenta non ne è che l'emanazione.
il problema dell'italia sono quelli che vanno sul blog di beppe grillo e poi quando prendono la multa per divieto di sosta si incazzano coi vigili che se la prendono sempre coi pesci piccoli invece di pensare ai ladri in parlamento.
in italia siamo troppo autoindulgenti, è sempre colpa degli altri, mai nostra.
ma non so se questa sia una scusa per andarsene. io comunque sono più in contatto con la valle quando sono via che quando torno.
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