giovedì 10 aprile 2008

Affinità/divergenze tra la compagna ArteSella ed EcoArt

La Città dell’Utopia, il cuore pulsante di EcoArt (vedi slideshow), si presenta come una serie di manufatti, o forse è meglio ecofatti, di diverse dimensioni e con varie funzioni, eseguiti con i materiali recuperati dal lago (legni levigati e rifiuti vari), dalla riva (sassi) e dal bosco circostante (liane). Ci sono le mura, un intreccio di rami e specchi, la porta d’ingresso fatta di un enorme bitronco, il parlamento per sedersi e ciarlare con il fuoco in mezzo, tavoli e panche, il forno-balena, il palco, il tempio a venire, il drago, i messaggi nelle bottiglie, la scarpa e altre creature. A raccontarla ti ricorda ArteSella.
Certo, perché per descrivere qualcosa di insolito e inaudito bisogna rifarsi ai modelli noti e condivisi. E ArteSella, forte di un esperienza ventennale, di una gestione volontaria (e quindi indipendente) e di una certa (anche discussa) sostenibilità, è l’unico esempio (o perlomeno quello a noi più vicino) di ecofatto artistico nel bosco. È normale e logico quindi accostare le due esperienze, a prima vista. Da osservatore esterno di quanto prodotto (nel senso di condotto ad una forma) mi si conceda qualche distinguo.
Primo, ArteSella è un percorso espositivo, un luogo in cui gli ecofatti fanno mostra di sé. La Città dell’Utopia è un centro essenzialmente sociale costruito all’aperto in riva al lago.
Secondo, Gli ecofatti di ArteSella si deperiscono, si possono toccare, alcuni si possono addirittura usare (come strumenti musicali), ma non hanno alcun legame l’uno con l’altro. Gli ecofatti di EcoArt sono per lo più strutture funzionali. Esteticamente pregevoli (quando non incantevoli), ma funzionali: il loro senso non sta né nella loro realizzazione né nello sguardo del visitatore ma nel loro utilizzo. Nel parlamento si parla, nel forno si cuoce, la porta delimita, ecc.
Terzo, e più importante, ArteSella è fatta di opere singole affidate ad artisti che arrivano, (spesso) trovano il materiale già pronto, producono, artefanno, vernissaggiano e se ne vanno. Nel bosco si consuma l’artefazione. EcoArt è un’opera collettiva, frutto della concertazione, della riflessione e della passione di una comunità di “abitanti” diversi per abilità e attitudini, che ha avuto come punto di partenza la creazione di una chiatta utilizzata come mezzo di esplorazione e di peeling del lago, e si è evoluta, fors’anche (molto utopisticamente) ricalcando i pattern di nascita della civiltà (stanziamento vicino ai corsi d’acqua, reperimento dei materiali in loco, ecc.), nella creazione di una comunità di simili e di un ambiente di condivisione in cui ognuno d(on)a per quanto può, senza che questo rimandi necessariamente ad istanze socialiste. È il gusto del vivere una piccola utopia, non del contestare il sistema becero.
Le due manifestazioni sono quindi simili nella forma (materie prime e contesto) ma essenzialmente differenti. ArteSella è decisamente l’esposizione più viva, e semplicemente l’operazione artistica più intelligente e appassionata che si possa visitare. Un luogo veramente magico, una nuova dimensione dell’immersione nel bosco. Si può ragionevolmente affermare che ArteSella sia una manifestazione essenzialmente artistica. La Città dell’Utopia invece non è propriamente un’operazione artistica, o perlomeno non lo è in principio. La sua artisticità, che pure si lascia ben vedere, è subordinata alla socialità, è un suo sottoprodotto, consapevole eppur secondario della vita dei suoi "cittadini".
Ecco, ArteSella si visita, EcoArt si vive. Come diceva Popper, c’è una bella differenza.

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