Si parte che piove perdìo ma siamo in missione per conto di. Si parte da Trento che la Valsugana sembra di essere sotto un'abatjour. Si scende a valle in compagnia di un gruppo di Hefe-Weizen dell'Eurospin, quelle da preferire. Danzano sempre più anoressiche, le inebrianti Hefe, tra Giovanni Luca Moxe e Miroslav Fagocevic, fresco di un jetlag ubriacante preso chissà dove. Fonde un andaluso da grande rrussia e un italiano improvvisato da raccontare ai bisnipoti.
Mentre ci racconta delle scoregge da stitico di Joe Strummer (quelle che si potrebbero definire "il lamento dello stronzo imprigionato") e della passione per la parte splatter della Bibbia di Joey Ramone saggiamo questo nuovo disco dei Putiferio (fatica numero 8 dell'illuminata RobotRadio Records). Una roba scura, spezzettata, spaccaculi e coraggiosissima. Non sto li a sbanfarla su che fiorfior di bande viene questa gente con degli zebedi multidimensionati (diciamo invece che vengono da qui qui qui qui qui e qui e altre per voi gnoranti schifi).
Panda grida, e cos'altro potrebbe fare, grida a squarciaorecchie, come di costume. Ma è gente completa, i Putiferio, ci trascinano nelle danze tribbali dell'africa scura, nelle disco di magliette corte sudate di eros ma gli piace anche il petting, e fanno pure le carezzine dolci, a tratti, sbregano pure le mudande, a tratti, prima di colpirti a tradimento come piace a noi ggiovani. Una bomboniera di odio e angoscia i testi che, e pure le parti caramellate, con l'anima di Nick Cave posata sulla spalla, allieta il martelletto del nostro cuore. Ah, il situazionismo di "all we are saying is give peace a cancer"! Ah, la schiettezza di "ah, se avessi una maglietta di bombe, un cappotto foderato di bombe"!
Un ciao grazie più tardi arrivano gli Zu, basso batteria sax e una montagna di concerti in giro per il mondo. Semplicemente la dimostrazione che non serve grandi produzioni, non serve video nè strappone in (ma anche senza) bikini nè tantomeno essere ospiti di TotalRequestLive per godere della stima imperitura del Bacco con la cetra che ci guarda di lassù. E' sufficiente spaccare culi a Tokio come a Curtarolo provincia di Padova, con la stessa indefessa spacconaggine cazzuta che anche Mickey Rourke ci penserebbe un attimo. Gli Zu è come un beccarsi un pugno a mitraglietta da KenShiro con sotto un quartetto jazz coi controfalli. Un muro avvolgente, per quanto possa dire qualcosa.
"Preferirei un mazzafrusto infilato nel culo che suonare dopo gli Zu" (Miroslav Fagocevic).
Non aggiungo altro.
Robe da pacche sulle spalle.
Robe cui assistere prima d'esser l'happy meal del lombricume.
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